Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29767 del 12/12/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 29767 Anno 2017
Presidente: D’ANTONIO ENRICA
Relatore: MANCINO ROSSANA

ORDINANZA
sul ricorso 10960-2012 proposto da:
ROCCHI MARIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
ANAPO 20, presso lo studio dell’avvocato CARLA RIZZO,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
FABRIZIO DOMENICO MASTRANGELI, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
2017
3355

CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO C.F. 01165400589, in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE
144, presso lo studio degli avvocati TERESA OTTOLINI
e LUCIANA ROMEO, che lo rappresentano e difendono,

Data pubblicazione: 12/12/2017

usta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 467/2011 della CORTE D’APPELLO

di PERUGIA, depositata il 17/01/2012 R.G.N. 233/2010.

R.G. 10960/2012

RILEVATO
i. che, con sentenza in data 17 gennaio 2012, la Corte di Appello di
Perugia ha riformato la sentenza di primo grado, che aveva rigettato
la domanda presentata dall’attuale ricorrente, jure successionis, per il
diritto alla rendita e accolto la domanda di rendita ai superstiti, a
decorrere dalla data di notifica del ricorso, per la neoplasia polmonare

lavorativa alle dipendenze della SOGEMA di Città di Castello (azienda
produttrice di macchine agricole), quale addetto ai forni, alle forge, alla
saldatura dei metalli, dal 1963 la 1993;

2. che per la Corte di merito, nella dichiarata adesione alle conclusioni
rassegnate dall’ausiliare officiato in giudizio, non era risultata raggiunta
la convinzione, quantomeno di concausa altamente probabile, delle
condizioni ambientali di svolgimento della prestazione lavorativa nella
genesi della neoplasia polmonare, sulla base del rilievo per cui, a fronte
della certezza che il Bevignani era tabagista, non si aveva contezza
alcuna, per assenza di accertamenti tecnici svolti all’epoca,
dell’eventuale tossicità della prestazione di lavoro;

3. che avverso tale sentenza Rocchi Maria ha proposto ricorso affidato a
due motivi, ulteriormente illustrato con memoria, al quale ha opposto
difese, con controricorso, l’INAIL;

CONSIDERATO

4.

che, deducendo omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su
un fatto controverso e decisivo della controversia, la ricorrente censura
la sentenza impugnata per avere la Corte di merito valutato in modo
errato e insufficiente l’accertamento svolto dall’ausiliare officiato in
giudizio, negando che l’ausiliare avesse ritenuto sussistente l’elevata
probabilità di eziopatogenesi lavorativa, laddove l’elaborato peritale,
diversamente da quanto statuito, proprio in ragione delle caratteristiche
dell’ambiente di lavoro aveva concluso nel senso dell’elevata probabilità
dell’esposizione del lavoratore a inquinanti tossici definiti come

1

\\

contratta dal coniuge, Bevignani Paolo, nell’esercizio dell’attività

cancerogeni certi e che tale fattore ambientale aveva assunto, accanto
al tabagismo, un ruolo significativo nella genesi della malattia (primo
motivo); violazione e falsa applicazione degli artt. 3,4,85 d.P.R.
n.1165/1965, del d.P.R. n.336/1994 e dell’art. 41 cod.pen., per avere
la Corte del gravame pronunciato in difformità dal consolidato principio
secondo il quale solo nel caso in possa essere accertato con certezza che
un fattore esterno, quale nella specie il tabagismo, abbia da solo
cagionato la tecnopatia, si possa escludere l’esistenza del nesso causale

5.

che ritiene il Collegio si debba accogliere il ricorso;

6.

che la consulenza tecnica, adeguatamente e puntualmente riprodotta
nel ricorso per cassazione, è pervenuta a conclusioni di segno opposto
da quanto statuito dalla Corte territoriale (che ha motivato la pronuncia
dando atto di un’espressa adesione all’esito dell’indagine peritale)
evidenziando che, proprio in ragione delle caratteristiche dell’ambiente
di lavoro, il Bevignani, con elevata probabilità, era stato esposto a
inquinanti tossici definiti come cancerogeni certi, quali idrocarburi
policiclici aromatici, metalli pesanti, amianto, silice libera cristallina,
rimarcando l’elevata probabilità di eziopatogenesi lavorativa;

7.

che, del pari, l’attitudine tabagica o tabagismo del lavoratore è stato
oggetto di disamina da parte dell’ausiliare con esito difforme dalla
statuizione della Corte territoriale che, data per certa solo la predetta
attitudine del lavoratore, ha formulato un giudizio di “non contezza
alcuna…dell’eventuale

tossicità

della

prestazione

di

lavoro”

difformemente dalle conclusioni dell’ausiliare che ha rimarcato
comunque, la significatività dei fattori occupazionali;

8.

che, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, in materia
di nesso causale tra attività lavorativa e malattia professionale, trova
diretta applicazione la regola contenuta nell’art. 41 cod.pen., per cui il
rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio
dell’equivalenza delle condizioni, per il quale va riconosciuta l’efficienza
causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera
indiretta e remota, alla produzione dell’evento; solo se possa essere con
certezza ravvisato l’intervento di un fattore estraneo all’attività
lavorativa, che sia di per sé sufficiente a produrre l’infermità tanto da

2

con l’attività lavorativa svolta (secondo motivo);

far degradare altre evenienze a semplici occasioni, deve escludersi
l’esistenza del nesso eziologico richiesto dalla legge (da ultimo, Cass. 7
marzo 2017, n. 5704; 26 marzo 2015, n. 6105; Cass., 11 novembre
2014, n. 23990; Cass. 19 giugno 2014, n. 13954);

9.

che, nella specie, la Corte d’Appello non si è attenuta a questi principi,
atteso che, pur in presenza di una pluralità di cause, quale l’esposizione
a sostanze nocive e il tabagismo, ha rigettato la domanda senza fornire
adeguata motivazione sul perché, nonostante la pacifica prolungata

aromatici, metalli pesanti, amianto, silice libera cristallina) che
presentano coefficienti di rischio cancerogeno, come ampiamente
argomentato dallo stesso consulente, abbia negato esservi contezza
della tossicità dell’ambiente lavorativo e sia pervenuta alla conclusione
dell’efficacia causale esclusiva del fumo;

10. che tale giudizio può essere espresso solo se con certezza si ravvisi
l’intervento di un fattore estraneo all’attività lavorativa, che sia per sé
sufficiente a produrre l’infermità tanto da far degradare altre evenienze
a semplici occasioni (cfr., in tal senso, Cass. n.5704/2017 cit.);

11. che,

inoltre, la malattia tumorale polmonare per esposizione a

idrocarburi policiclici aromatici è malattia tabellata (n.30 d.P.R.
n.336/1994 e ora n.33 d.P.R. n.1124/1965) e al riguardo deve darsi
continuità all’orientamento affermato da questa Corte, con la sentenza
26 luglio 2004, n. 14023, e ribadito, da ultimo, con la sentenza 21
novembre 2016, n. 23643, secondo il quale: «Dall’inclusione nelle
apposite tabelle sia della lavorazione che della malattia (purché insorta
entro il periodo massimo di indennizzabilità) deriva l’applicabilità della
presunzione di eziologia professionale della patologia sofferta
dall’assicurato, con il conseguente onere di prova contraria a carico
dell’I.N.A.I.L., quale è, in particolare, la dipendenza dell’infermità da una
causa extralavorativa oppure il fatto che la lavorazione non abbia avuto
idoneità sufficiente a cagionare la malattia, di modo che, per escludere
la tutela assicurativa è necessario accertare, rigorosamente ed
inequivocabilmente, che vi sia stato l’intervento di un diverso fattore
patogeno, che da solo o in misura prevalente, abbia cagionato o
concorso a cagionare la tecnopatia. Tale regola deve essere, tuttavia,

3

esposizione del Bevignani ad agenti patogeni (come idrocarburi policiclici

temperata in caso di malattia, come quella tumorale, ad eziologia
multifattoriale, nel senso che la prova del nesso causale non può
consistere in semplici presunzioni desunte da ipotesi tecniche
teoricamente possibili, ma deve consistere nella concreta e specifica
dimostrazione, quanto meno in via di probabilità, della idoneità della
esposizione al rischio a causare l’evento morboso, con la precisazione
che in presenza di forme tumorali che hanno o possono avere, secondo
la scienza medica, un’origine professionale, la presunzione legale quanto

che la patologia tumorale, per la sua rapida evolutività, non è
ricollegabile all’esposizione a rischio, in quanto quest’ultima sia cessata
da lungo tempo» (così Cass. n.23643/2016 cit.);

12. che, in definitiva, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata,
con rinvio alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione, che
si atterrà, nell’ulteriore esame del merito della controversia, a tutti i
principi su affermati;

13. che il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte accog!ie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche
per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Perugia, in
diversa composizione.

Così deciso nella Adunanza camerale del 19 luglio 2017

Il Presidente

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Mari.Giacoia
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Enrica ‘Antonio

a tale origine torna ad operare, sicché l’I.N.A.I.L. può solo dimostrare

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