Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29766 del 15/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 15/11/2019, (ud. 26/06/2019, dep. 15/11/2019), n.29766

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22480-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

S.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F.

CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato ANDREA MANZI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIAGRAZIA BRUZZONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 89/22/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della PUGLIA SEZIONE DISTACCATA di LECCE, depositata il

16/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PIERPAOLO

GORI.

Fatto

RILEVATO

che:

-Con sentenza n. 89/22/18 depositata in data 16 gennaio 2018 la Commissione tributaria regionale della Puglia, sez. stacc. di Lecce, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 222/2/13 della Commissione tributaria provinciale di Lecce che aveva accolto il ricorso di S.S. relativo all’avviso di accertamento per II.DD. e IVA 2006;

-In particolare, le riprese traevano origine da un lato dalla rideterminazione del reddito della ditta individuale del contribuente, dedita al commercio di oggetti preziosi usati, a seguito di accertamento di maggiori ricavi sulla base della ricostruzione della Guardia di Finanza, che applicava al costo del venduto constatato la percentuale di ricarico desumibile dalla dichiarazione. Con la seconda ripresa, veniva determinato il volume di affari e la maggiore IVA dovuta, a seguito del disconoscimento dell’applicabilità del regime del reverse charge in relazione ad una serie di fatture di merce preziosa ceduta alle fonderie ammesse al beneficio di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 17, comma 5, non possedendo la merce le caratteristiche dell’oro da investimento nè quello con funzione industriale e, dunque, ben potendo essere destinata a ulteriore lavorazione, con conseguente applicazione dell’aliquota IVA ordinaria;

-Avverso tale dedisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia deducendo quattro motivi. Il contribuente resiste con controricorso. Considerato che:

-Con il primo motivo di ricorso – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 -, la ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia, circa la ripresa a tassazione dei maggiori ricavi accertati per effetto dell’accertamento analitico-induttivo nei termini sopra riportati;

– Il mezzo di impugnazione è fondato. La Corte reitera l’insegnamento secondo cui “L’omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello, e, in genere, su una domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio, integra violazione dell’art. 112 c.p.c., che deve essere fatta valere esclusivamente ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, codice cit., che consente alla parte di chiedere – e al giudice di legittimità di effettuare – l’esame degli atti del giudizio di merito, nonchè, specificamente, dell’atto di appello (Cass. n. 22759 del 27/10/2014, Cass. n. 6835 del 16/3/2017). Ne consegue che l’omessa pronuncia determina nullità della sentenza.” (Cass., Sez. 5, n. 10036 del 24/04/2018);

-Orbene, dalla lettura della sentenza impugnata emerge con chiarezza che la CTR non ha preso alcuna posizione sulla ripresa a tassazione dei maggiori ricavi accertati per effetto dell’accertamento analitico-induttivo, nè è accoglibile l’eccezione preliminare di inammissibilità del motivo per difetto di autosufficienza, dal momento che l’Agenzia riporta puntualmente tanto il passaggio rilevante dell’avviso di accertamento, quanto il pertinente motivo di appello in cui la questione è stata posta all’attenzione della CTR e ha prodotto la sentenza impugnata, cui fa precisi richiami. Infine, va disattesa anche l’eccezione, di inammissibilità del mezzo per essere comunque il relativo motivo di appello a sua volta inammissibile per difetto di specificità, ben potendo l’Agenzia riproporre le argomentazioni già poste a base dell’accertamento senza incorrere nel vizio denunciato per consolidata giurisprudenza della Corte per consolidata interpretazione giurisprudenziale (Cass. 22 marzo 2017 n. 7369 e, nello stesso senso, Cass. 1 luglio 2014 n. 14908; Cass. 29 febbraio 2012 n. 3064);

– Infine, non è accoglibile neppure l’eccezione secondo cui la CTR avrebbe espresso una ratio decidendi non censurata nell’aver riportato la locuzione “(mancano le dichiarazioni rese dagli istituti di credito interpellati, le fatture da questi emesse e copie delle quietanze di pagamento)”, in quanto il passaggio, contenuto nell’esposizione in fatto non costituisce alcuna ratio autonoma, ma riporta solo la prospettazione del contribuente e la contrappone a quella dell’Agenzia;

– Conclusivamente, quindi, accolto il primo motivo e assorbiti i restanti secondo (violazione di plurime previsioni di legge sull’applicazione dell’onere della prova nel meccanismo del reverse charge), terzo (omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti per aver la CTR non esaminato la contraddizione secondo cui i verificatori da un lato non contestavano gli acquisti effettuati alle aste in esenzione IVA mentre dall’altro contestavano l’applicazione del regime di esenzione da parte del contribuente) e quarto (omessa motivazione con conseguente nullità della decisione per non aver la CTR esaminato il fatto che i beni ceduti non erano qualificabili come oro industriale o semilavorato, e che la fonderia svolgeva unicamente attività di trasformazione), la sentenza impugnata va cassata con rinvio al giudice a quo per nuovo esame in relazione al profilo accolto, e per il regolamento delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte: accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti il secondo, terzo e quarto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Puglia, sez. staccata di Lecce, in diversa composizione, in relazione al profilo accolto, e per il regolamento delle spese di lite.

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2019

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