Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29765 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. II, 29/12/2011, (ud. 20/10/2011, dep. 29/12/2011), n.29765

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.C. (OMISSIS), L.P.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LIBERO

LEONARDI 34, presso lo studio dell’avvocato ALIFFI SILVIO, che li

rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

G.M., D.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 612/2005 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 14/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/10/2011 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito l’Avvocato Silvio ALIFFI, difensore dei ricorrenti che ha

chiesto di ripotarsi agli atti depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

G.M. e D.S., promissari acquirenti di un villino con terreno circostante, posto in (OMISSIS), ottenuto un sequestro conservativo a garanzia del credito restitutorio del doppio della caparra versata, agivano per la convalida e per il merito nei confronti dei promittenti venditori, L.P. e A.M., chiedendo la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento di questi ultimi, cui addebitavano di aver promesso il trasferimento dell’intera proprietà del bene, ancorchè ne fossero titolari solo pro quota. Chiedevano, inoltre, la condanna dei convenuti al pagamento del doppio della caparra versata.

L.P. e A.M. resistevano alla domanda riferendo agli attori l’inadempimento contrattuale, per essersi essi rifiutati di stipulare il definitivo di vendita.

Il Tribunale di Siracusa, sezione distaccata di Avola, convalidava il sequestro ed accoglieva la domanda di merito.

La controversia aveva esito sostanzialmente analogo innanzi alla Corte d’appello di Catania, che rigettava l’impugnazione proposta dai L. – A., salvo riformare la sentenza di primo grado in punto di convalida del sequestro, sulla considerazione che tale pronuncia non era più necessaria a seguito della riforma del processo cautelare.

Nel merito la Corte territoriale osservava che i promittenti venditori avevano garantito la piena proprietà del villino e del terreno circostante, identificato catastalmente nel N.C.E.U., comune di (OMISSIS), f. 278, particella 93, e che invece, dalla nota di trascrizione prodotta agli atti era emerso che il terreno su cui insisteva il fabbricato era di proprietà dei promittenti solo per la quota di 228/1026 indivisi. Inoltre, proseguiva la Corte etnea, era doppiamente infondata la tesi degli appellanti, i quali avevano dedotto di essere proprietari esclusivi della particella 190 su cui trovava l’edificio promesso, e che l’identificazione sotto la particella 93 del N.C.E.U. era frutto di un errore. Infatti, osservavano i giudici d’appello, sebbene la particella 190 appartenesse a L.P., nello stesso contratto preliminare il villino era identificato sotto la particella n. 93 e nessuna prova era stata fornita dell’asserito errore di identificazione catastale.

Inoltre, anche a voler ritenere che la particella 93 individuasse solo il terreno e non anche il villino, il fatto incontroverso che i promittenti non erano proprietari di quest’ultimo costituiva senza dubbio grave inadempimento che legittimava la risoluzione del contratto preliminare.

Per la cassazione di quest’ultima sentenza ricorrono C. A. e L.P., articolando cinque motivi d’annullamento.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo d’impugnazione denuncia la violazione e falsa interpretazione dell’art. 2697 c.c., per avere la sentenza impugnata ascritto in danno dei promittenti venditori la mancata dimostrazione del fatto che il villino promesso in vendita insistesse sul terreno di cui alla particella catastale 190, di loro proprietà esclusiva, mentre, ad avviso della parte ricorrente, il relativo onere probatorio gravava sui promissari acquirenti. Per contro, gli odierni ricorrenti sostengono di aver provato, producendo la nota di trascrizione del 23.8.1984 e la visura del 12.9.2001, di essere proprietari esclusivi della ridetta particella “e dell’insistenza del villino in essa”.

2. – Con il secondo è dedotta la violazione degli artt. 832, 1110 e 1103 c.c. e la “violazione e falsa interpretazione di quanto riportato nel contratto preliminare stipulato il 31.5.1998 tra le parti in causa” (sic!). Assumono i ricorrenti di essersi obbligati a trasferire solo la loro quota di proprietà pari a 228/1026 e non anche le restanti quote degli altri comproprietari. Ciò, prosegue parte ricorrente, “supera la circostanza che controparte abbia basato l’oggetto del contendere solo sullo stacco di terreno circostante il villino ed insistente sulla particella 93, foglio 278, del NCT, del comune di (OMISSIS), creando volutamente confusione, ed abbia prodotto la certificazione catastale riferita solo alla particella 93 di cui sopra che in ogni caso non è idonea a superare il dato fornito dalla visura rilasciata il 12.09.01 dalla visura del Conservatore dei RR.II. di Siracusa alla difesa dei venditori, il tutto ai sensi e per gli effetti dell’art. 2643 c.c. e segg.”.

3. – Il terzo motivo denuncia l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, relativo all’inadempimento dei promissari acquirenti, nel senso che la Corte non avrebbe motivato sul fatto che alla data di scadenza del termine fissato per la stipula del contratto definitivo entrambe le parti erano presenti innanzi al notaio, ma che erano stati i promissari a non voler concludere l’atto, ed essi, inoltre, non avevano dato seguito alla successiva diffida ad adempiere loro notificata.

4. – Il quarto censura la sentenza impugnata per contraddittorietà della motivazione “nella prima parte relativa al rito, in cui dichiara inammissibili in secondo grado le doglianze degli appellanti sull’inefficacia del sequestro conservativo e sull’inosservanza dei termini perentori per l’instaurazione del giudizio di merito”.

5. – Con il quinto motivo si deduce l’omessa pronuncia su di un punto decisivo, dato dalla mancanza dei presupposti per la concessione del sequestro conservativo, sostenendosi che la Corte d’appello non avrebbe potuto riformare la sentenza di primo grado nel capo relativo alla convalida, perchè non più prevista dal rito successivo alla novella di cui alla L n. 353 del 1990, e poi sorvolare sulla circostanza che il sequestro non poteva essere concesso per mancanza delle condizioni sostanziali richieste, per cui questo doveva essere revocato.

6. – Il secondo motivo, che va esaminato con priorità perchè inerente all’oggetto della prestazione ineseguita su cui si basa la causa petendi della domanda, è inammissibile in entrambe le censure che possono enuclearsi da esso.

6.1. – Quanto alla dedotta violazione di legge, la doglianza è inammissibile atteso che, secondo il costante indirizzo di questa Corte, il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, giusta il disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, deve essere, a pena d’inammissibilità, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (cfr. Cass. nn. 2707/04, 16132/05, 20145/05, 26048/05, 1108/06, 10043/06, 20100/06, 21245/06 e 14752/07).

Nella specie, parte ricorrente manca del tutto di specificare sia la proposizione di diritto che sarebbe errata all’interno della decisione d’appello, sia la tesi giuridica proposta in alternativa come corretta.

6.2. – Quanto alla parte in cui si denuncia, in sostanza, un’errata interpretazione del contratto (così dovendosi interpretare il motivo lì dove lamenta la “violazione e falsa interpretazione” del preliminare), l’inammissibilità scaturisce dalla duplice osservazione per cui la censura è (1) priva di autosufficienza, non riportando neppure in minima parte il testo del preliminare per cui è causa; e (2) non indica il o i canoni d’interpretazione negoziale violati tra quelli dell’art. 1362 c.c. e segg., nè tanto meno ne dimostra il malgoverno, anche in tal caso disattendendo la costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui non è sufficiente a integrare il vizio di erronea applicazione delle norme di ermeneutica contrattuale una semplice critica alla decisione sfavorevole, formulata attraverso la mera prospettazione di una diversa e più vantaggiosa soluzione interpretativa (cfr. per tutte e tra le ultime, Cass. n. 8049/11).

Parte ricorrente si limita, al riguardo, a postulare che i promittenti venditori si sarebbero impegnati a cedere solo la loro quota di proprietà, pari a 228/1026, senza tuttavia fornire il benchè minimo elemento per giustificare tale affermazione e confutare quella, opposta, affermata nella sentenza della Corte territoriale, di guisa che appare evidente che la critica in esame si esaurisce nella mera sollecitazione, preclusa in questa sede, di una diversa valutazione di merito.

7. – La reiezione del motivo anzi detto assorbe l’esame delle restanti doglianze. Intatto l’accertamento compiuto dalla Corte etnea circa l’oggetto del preliminare di vendita (l’intera proprietà del villino, e non la sola quota di 228/1026 appartenente agli odierni ricorrenti), e non censurata la ritenuta gravità dell’inadempimento dei promittenti venditori per aver promesso l’intero senza esserne proprietari (v. pagg. 9-10 della sentenza impugnata), non ha alcun rilievo discettare sulla necessità o non di una verifica tecnica circa l’identificazione catastale del bene, nè argomentare alcunchè da questa (una cosa essendo la proprietà del terreno, altra quella del fabbricato, non automaticamente coincidente con la prima), nè sostenere che, a differenza dei promissari, i L. – A. sarebbero stati disponibili in allora a stipulare il contratto definitivo, nè, infine, accertare le condizioni di emissione e di efficacia del sequestro conservativo disposto ante causam, questione già assorbita dalla decisione sulla domanda di merito.

8. – In conclusione il ricorso va respinto.

9. – Nulla sulle spese, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 20 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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