Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29764 del 29/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 29/12/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 29/12/2020), n.29764

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1934/2020 proposto da:

I.J., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA MAZZINI, 8,

presso lo studio dell’avvocato SALVATORE FACHILE, rappresentato e

difeso dall’avvocato FRANCESCO VERRASTRO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ROMA, in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA

DEI PORTOGHESI 12, ope legis;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 3309/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 17/05/2019 R.G.N. 7903/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/10/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con sentenza pubblicata in data 17.5.2019 la Corte di appello di Roma ha confermato la decisione di primo grado di rigetto della domanda di protezione internazionale, sussidiaria e umanitaria avanzata da I.J., cittadino del (OMISSIS), il quale aveva motivato l’allontanamento dal paese di origine con le minacce di morte e le aggressioni da parte dei familiari di un bambino deceduto in seguito ad investimento provocato da esso I. mentre era alla guida di un veicolo; in seguito a tale vicenda era stato incarcerato per sei mesi e poi assolto dall’accusa di omicidio per essere la responsabilità dell’accaduto ascrivibile alla mancata sorveglianza da parte della madre del minore; i familiari del bambino, delusi dalla decisione, lo avevano aggredito e la Polizia gli aveva consigliato di lasciare il paese in attesa che le acque si calmassero;

2. la Corte di merito, premesso che il gravame investiva il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria o, in subordine, umanitaria; ha inquadrato la vicenda narrata, ritenuta peraltro presentare profili di inverosimiglianza, come questione riferita all’ambito della “giustizia locale” la quale si era già pronunziata a favore del richiedente; tanto escludeva il rischio per l’ I. di essere incarcerato e comportava la insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); neppure sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi dell’art. 14, lett. c) D.Lgs. cit., posto che dalle fonti consultate emergeva che in Niger, paese estremamente povero e di scarsa densità abitativa, le limitazioni alla libertà di espressione da parte delle autorità colpivano per lo più i dissidenti e i manifestanti contro il regime politico, ossia categorie alle quali era estraneo l’appellante; la situazione attuale del paese non presentava livelli di violenza indiscriminata o da conflitto armato tale da configurare il rischio di effettivo di un danno grave; le fonti consultate evidenziavano che solo l’area occidentale del paese, posta al confine con il Mali, risultava interessata da attacchi compiuti da gruppi armati, laddove la regione di provenienza del richiedente protezione, originario di (OMISSIS), si trovava nell’area sahariana, ubicata al centro del Niger; infine, non si riscontravano le condizioni per il riconoscimento della tutela umanitaria non avendo la parte appellante dimostrato di versare in condizioni personali di particolare vulnerabilità atteso che gli esiti delle violenze subite, attestate da certificato medico, erano ascrivibili non a condotte patite nel paese di origine, bensì a maltrattamenti subiti in Libia, paese che il richiedente protezione aveva attraversato per giungere in Italia;

3. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso I.J. sulla base di un unico articolato motivo;

4. il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con l’unico motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, art. 19 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, precedenti all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 113 del 2018, convertito con modificazioni nella L. n. 132 del 2018, in relazione ai criteri di esame delle domande di protezione internazionale prescritti dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e all’omessa attività istruttoria in relazione al riconoscimento della protezione per motivi umanitari. Censura la decisione per non avere verificato la situazione di vulnerabilità del richiedente, proveniente da un’area caratterizzata da una situazione di estrema difficoltà economica e sociale, alla luce di informazioni precise e aggiornate riguardanti non solo la situazione del paese di origine ma anche quella del paese di transito e, in definitiva, per non avere tenuto conto degli eventi traumatici sofferti in Libia, documentati da certificazione medica che attestava le brutali torture alle quali il richiedente asilo era stato sottoposto da parte di trafficanti libici;

2. il motivo è fondato;

2.1. il collegio ritiene di dare continuità alla giurisprudenza di questa Corte la quale, muovendo dal presupposto che il permesso di soggiorno per motivi umanitari costituisce una misura atipica e residuale, volta ad abbracciare situazioni in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento di una tutela tipica (“status” di rifugiato o protezione sussidiaria), non può disporsi l’espulsione e deve provvedersi all’accoglienza del richiedente che si trovi in condizioni di vulnerabilità, da valutare caso per caso, ha affermato la necessità che al fine della verifica della condizione di vulnerabilità occorreva considerare anche le violenze subite nel paese di transito e di temporanea permanenza, potenzialmente idonee, quali eventi in grado di ingenerare un forte grado di traumaticità, ad incidere su tale condizione (Cass. 13758/2020, 13565/2020, 13096/2019);

2.2. la Corte di merito ha quindi errato laddove ha omesso ogni approfondimento istruttorio relativo alle violenze subite dall’odierno ricorrente in Libia, ed alla potenzialità traumatica di tale esperienza sorretta da specifica documentazione sanitaria – nel delineare una situazione di vulnerabilità giustificativa della concessione del permesso di soggiorno;

3. a tanto consegue la cassazione con rinvio della decisione;

4. al giudice del rinvio è demandato il regolamento delle spese di lite del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Roma in diversa composizione, alla quale demanda il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2020

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