Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29763 del 29/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 29/12/2020, (ud. 30/09/2020, dep. 29/12/2020), n.29763

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 522/2020 proposto da:

O.L., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARCO GIORGETTI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ANCONA, in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA

DEI PORTOGHESI 12, ope legis;

– resistente con mandato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositat? il 11/11/2019

R.G.N. 951/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/09/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con decreto n. 13628/2019 il Tribunale di Ancona ha respinto l’impugnazione proposta da O.L., cittadino della (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale la C.T. aveva rigettato la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato e di forme complementari di protezione o, in subordine, di concessione di un permesso di soggiorno per motivi umanitari; la necessità di allontanamento dal paese di origine era stata motivata dal ricorrente con le minacce ricevute dal partito opposto a quello al quale apparteneva la persona per cui lavorava e dalla quale era stato mandato in Libia perchè unico posto nel quale potersi sentire al sicuro;

2. il Tribunale ha valutato inattendibile il racconto del ricorrente in quanto non circostanziato sui fatti essenziali e determinanti l’espatrio e sul politico per il quale l’ O. asseriva di avere lavorato, politico il quale, secondo quanto narrato dal ricorrente, era passato al partito opposto; dalle fonti internazionali consultate non emergeva che la Nigeria fosse interessata da un conflitto armato tale da comportare un grado di violenza generalizzato e permanente configurante per i civili una situazione di concreto rischio per la vita e la incolumità personale; ha inoltre ritenuto che:

2.1. non sussistevano i presupposti normativi per la protezione internazionale in quanto il ricorrente non aveva offerto elementi attendibili della situazione individuale e delle circostanze personali dai quali desumere il pericolo di persecuzione grave per i motivi di razza, religione, ecc.; il richiedente non apparteneva, infatti, ad un determinato gruppo connotato da elementi identitari che lo ponevano in condizioni di perdurante assoggettamento ad atti persecutori da parte di altra formazione maggioritaria e neppure era dato registrare il deterioramento irreversibile degli strumenti istituzionali di protezione delle minoranze; analogamente erano insussistenti i presupposti per la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 257 del 2007, art. 14;

2.2. la patologia documentalmente attestata, non configurava alcuna situazione specifica di vulnerabilità giustificativa della protezione umanitaria; non erano segnalate patologie gravi tali da costituire un pericolo per la vita o per l’incolumità del richiedente in caso di rientro nel paese di origine, considerato altresì che le fonti consultate attestavano in Nigeria una situazione sanitaria stabile ad eccezione che nella zona del nord est laddove la regione di provenienza del ricorrente si trovava nella Nigeria meridionale;

3. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso O.L. sulla base di quattro motivi;

4. il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, ed apparenza di motivazione per essere le ragioni giustificative della decisione, ricalcate su quelle della commissione territoriale; era mancato, in spregio all’art. 3, lett. a) cit., l’approfondimento di tutti i fatti pertinenti che riguardano il paese di origine al momento dell’adozione della decisione ed in particolare non era stata approfondita la situazione dell’Edo State, regione di provenienza dell’aspirante alla protezione internazionale;

2. con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, nonchè omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti; ci si duole del mancato approfondimento della a situazione socio- politica dell’Edo State, area nella quale si erano verificati i fatti alla base del racconto del ricorrente; la valutazione di non credibilità delle dichiarazioni di questi non esonerava il giudicante dall’esame delle dinamiche interne all’Edo State;

3. con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a), b), c), nonchè apparenza di motivazione; la motivazione di diniego con riferimento alle ipotesi a) e b) art. cit. si esaurisce nella trascrizione testuale della norma; l’affermazione circa il fatto che le istituzioni nello stato di provenienza sarebbero in grado di proteggere il richiedente non è sorretta dalla indicazione delle fonti consultate conseguendone un’apparenza di motivazione; quanto alla minaccia grave alla vita o alla persona il riferimento al principio della “scala progressiva”, che notoriamente richiede la dimostrazione di elementi peculiari della situazione personale dell’aspirante alla protezione, si poneva in contrasto con Cass. 15466/2014 secondo la quale ai fini della protezione sussidiaria non è necessario che il ricorrente fornisca la prova di essere interessato al rischio normativamente prefigurato in modo specifico a motivo di elementi peculiari della sua situazione personale;

4. con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 296 del 1998, art. 19, comma 2, lett. d), come integrato dal D.Lgs. n. 113 del 2018, art. 1, comma 1, lett. g), D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 35, comma 3, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1, D.P.R. n. 394 del 1999, art. 11, comma 1, c ter, nonchè apparenza di motivazione in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3; il Tribunale aveva travisato la portata della certificazione depositata ritenendo in sostanza che non risultavano cure da eseguire nel territorio nazionale e ciò nonostante il precedente certificato contenesse la chiara prescrizione di intervento chirurgico; vi è stata violazione dell’art. 35, comma 3, T.U. Imm. laddove è contemplata la concessione di un permesso di soggiorno per cure mediche in presenza di necessità di cure di cure ambulatoriali o ospedaliere, urgenti o comunque essenziali; il richiedente aveva fatto ingresso in Italia prima dell’entrata in vigore del cd. decreto sicurezza, il quale non aveva carattere retroattivo per cui in tema di condizioni per il rilascio del permesso di soggiorno andava applicata la disciplina previgente; non era stata approfondita la situazione dell’assistenza sanitaria in Nigeria in quanto la unica fonte consultata aveva restituito un quadro solo parziale del livello di assistenza sanitaria;

5. il terzo ed il quarto motivo di ricorso sono fondati e tanto assorbe l’esame del primo e del secondo motivo;

6. le censure articolate con il terzo motivo sono da accogliere posto che il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria non è sorretto da un apparato argomentativo che consente di riconoscere le effettive ragioni di tale rigetto;

6.1. come è noto la motivazione meramente apparente – che la giurisprudenza di legittimità parifica, quanto alle conseguenze giuridiche, alla motivazione in tutto o in parte mancante – sussiste allorquando pur non mancando un testo della motivazione in senso materiale, lo stesso non contenga una effettiva esposizione delle ragioni alla base della decisione, nel senso che le argomentazioni sviluppate non consentono di ricostruire il percorso logico -giuridico alla base del decisum. E’ stato, in particolare, precisato che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. Un. 22232/2016), oppure allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. n. 9105/2017) oppure, ancora, nell’ipotesi in cui le argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass. n. 20112/2009);

6.2. nel caso di specie le ragioni del diniego della protezione sussidiaria non risultano evincibili dalle fonti consultate dal Tribunale delle quali il decreto riporta ampi brani; tali brani offrono, infatti, un quadro generale della situazione della Nigeria ma la mole di informazioni che se ne trae non risulta direttamente riferibile alla specifica regione di provenienza del ricorrente, vale a dire l’Edo State; in questa prospettiva risulta priva di concreta giustificazione fattuale l’affermazione del Tribunale circa l’assenza, nei territori posti a Sud della Nigeria, di una situazione di conflitto armato tale da determinare un grado di violenza talmente generalizzato e permanente da costituire per i civili, per la sola presenza nell’area in questione, il concreto rischio della vita o dell’incolumità personale ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c;

6.3. analogamente, il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria in relazione alle ipotesi di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), non risulta in alcun modo argomentato ma affidato a formule di stile e ad espressioni generiche che non danno contezza delle effettive ragioni del rigetto della domanda;

7. in merito al diniego di protezione umanitaria, statuizione investita con il quarto motivo di ricorso, occorre premettere che le Sezioni unite di questa Corte hanno chiarito che il diritto alla stessa, espressione di quello costituzionale di asilo, sorge al momento dell’ingresso in Italia in condizioni di vulnerabilità per rischio di compromissione dei diritti umani fondamentali e la domanda volta ad ottenere il relativo permesso attrae il regime normativo applicabile con la conseguenza che la normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito in L. n. 132 del 2018, nella parte in cui ha modificato la preesistente disciplina di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e disposizioni consequenziali, non trova applicazione in relazione a domande di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari proposte prima della entrata in vigore della norma in oggetto (5 ottobre 2018),(Cass. Sez. Un. 29459/2019), situazione quest’ultima riscontrabile, per come pacifico, nella fattispecie in esame;

7.1. tanto puntualizzato si osserva che il decreto impugnato si limita ad una generale ricostruzione di sistema in ordine alle condizioni per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di salute (v. pag. 6 e sg.) ma non mostra di rapportare tali premesse sistematiche alla specifica situazione del ricorrente quale attestata dalla certificazione medica riportata in ricorso (v. ricorso, pag. 10 e sg.); tale situazione, non viene, infatti, neppure identificata con precisione posto che il giudice di merito sembra riferirla indifferentemente alla necessità di interventi e/o meri controlli (v. decreto, pag. 7, parag. 7, terzo alinea); analoga apparenza di motivazione si ravvisa in relazione alla verifica del livello di assistenza sanitaria in Nigeria; le ragioni della decisione risultano anche in questo caso affidate ad una mole di informazioni tratte dalle fonti consultate le quali nulla in concreto dicono circa il livello di assistenza sanitaria in Nigeria della quale avrebbe potuto fruire l’aspirante alla protezione umanitaria in caso di rientro nel paese di origine, dovendo ulteriormente rilevarsi che la valutazione tratta dal Tribunale in ordine alla “stabilità” della situazione sanitaria in Nigeria (v. decreto, pag. 8, penultimo alinea) non è concettualmente idonea ad attestare il livello di assistenza e la sua adeguatezza nell’ottica della verifica del ricorrere di una situazione di vulnerabilità in capo al richiedente;

8. all’accoglimento dei motivi terzo e quarto, assorbiti i motivi primo e secondo, consegue la cassazione della decisione con rinvio, anche ai fini del regolamento delle spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Ancona, in diversa composizione.

PQM

La Corte accoglie il terzo ed il quarto motivo di ricorso assorbiti gli altri; cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia anche ai fini del regolamento delle spese del giudizio di legittimità al Tribunale di Ancona in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2020

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