Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29760 del 29/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 29/12/2020, (ud. 24/07/2020, dep. 29/12/2020), n.29760

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2093/2020 proposto da:

N.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TARANTO 90,

presso lo studio dell’avvocato LUCIANO NATALE VINCI, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIUSEPPE MARIANI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, PREFETTO DELLA PROVINCIA DI POTENZA, QUESTURA

DI POTENZA;

– intimati –

avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di MELFI, depositata il

30/12/2019 R.G.N. 2600/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

giorno 24/07/2020 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Il Giudice di Pace di Melfi, con Decreto 30 dicembre 2019, ravvisando la sussistenza dei presupposti di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14 e succ. mod., ha convalidato la proroga del trattenimento di N.A., di cittadinanza (OMISSIS), presso il Centro di Permanenza per i Rimpatri di (OMISSIS) per un periodo di trenta giorni, ulteriori rispetto ai trenta di cui alla precedente convalida, come da richiesta del Questore di Potenza, a fonte della necessità di reperire un vettore utile al rimpatrio e di identificare compiutamente lo straniero attraverso il consolato competente.

2. Avverso la suddetta ordinanza N.A. ha proposto ricorso per cassazione nei confronti del Ministero dell’Interno, del Prefetto di Potenza e del Questore di Potenza, mediante un’unica notifica a mezzo PEC presso l’Avvocatura Generale dello Stato. Le parti intimate non hanno svolto attività difensiva.

3. Il ricorso è affidato a un motivo.

4. E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

5. Preliminarmente, va osservato che nel giudizio di cassazione avente ad oggetto il ricorso avverso la convalida della proroga del provvedimento di trattenimento D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 14, il contraddittorio con l’Amministrazione è correttamente instaurato mediante la notifica del ricorso al Ministero dell’Interno presso l’Avvocatura generale dello Stato, poichè la legittimazione degli organi periferici del predetto Ministero a stare in giudizio per mezzo di propri funzionari costituisce una mera facoltà dell’Amministrazione (nella specie, di tale facoltà l’Amministrazione si è avvalsa nel giudizio di merito) che, tuttavia, non esclude, da un lato, la partecipazione dell’Avvocatura distrettuale dello Stato nelle fasi di merito e, dall’altro, che nel giudizio di legittimità possa essere evocato in giudizio direttamente il Ministero dell’Interno, essendo imposto ex lege in tale fase processuale soltanto che la notificazione del ricorso venga effettuata presso l’Avvocatura generale dello Stato (Cass. n. 27692 del 2018).

6. Nel caso in esame, è stato correttamente instaurato il contraddittorio in sede di legittimità, essendo il ricorso stato notificato nei confronti del Ministero dell’Interno e della Questura di Potenza presso l’Avvocatura Generale dello Stato.

7. E’ invece inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Prefetto di Potenza, privo di legittimazione passiva nel giudizio avente ad oggetto la richiesta di convalida del provvedimento del Questore di trattenimento dello straniero presso il centro di permanenza temporanea e assistenza in attesa di poter dare esecuzione al provvedimento di espulsione, poichè non è in discussione la legittimità dell’espulsione (Cass. n. 26223 del 2005).

8. Il ricorso denuncia violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 13 e 14 (T.U.I.), degli artt. 24 e 111 Cost. e della L. n. 241 del 1990, art. 3.

Si sostiene: a) che l’art. 14 cit. sarebbe stato violato, in quanto la richiesta afferiva alla sesta proroga del trattenimento; b) che la Questura non aveva fornito alcuna documentazione diretta a sostenere la nuova richiesta di proroga; c) che la proroga era stata concessa dal Giudice di Pace senza fornire alcuna specifica motivazione circa i presupposti di fatto e di diritto idonei a sostenerne l’adozione.

9. Il ricorso è infondato.

10. Il ricorrente, raggiunto da decreto di espulsione, è stato trattenuto presso il C.P.R. di (OMISSIS) in attesa di rimpatrio, non essendo possibile allo stato il suo accompagnamento coattivo alla frontiera, dovendosi procedere alla sua identificazione. In data 28 dicembre 2019 la Questura di Potenza ha chiesto la proroga del trattenimento persistendo le esigenze identificative in attesa del riscontro da parte del competente consolato, richiesta accolta dal Giudice di Pace che ha convalidato in data 30 dicembre 2019 la proroga del trattenimento per giorni trenta, ritenendo sussistenti i presupposti di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14. Dal provvedimento impugnato risulta che la richiesta era stata motivata dalla necessità di reperire un vettore utile al rimpatrio e dall’esigenza di una compiuta identificazione dello straniero, attraverso il competente consolato, come da richiesta inviata il 5 novembre 2019 e sollecitata il 27 dicembre 2019.

11. Tanto premesso, va osservato quanto segue.

12. Per quanto di rilievo in questa sede, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5, prevede che “La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi trenta giorni. Qualora l’accertamento dell’identità e della nazionalità ovvero l’acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori trenta giorni. Anche prima di tale termine, il questore esegue l’espulsione o il respingimento, dandone comunicazione senza ritardo al giudice. Trascorso tale termine, il questore può chiedere al giudice di pace una o più proroghe qualora siano emersi elementi concreti che consentano di ritenere probabile l’identificazione ovvero sia necessario al fine di organizzare le operazioni di rimpatrio. In ogni caso il periodo massimo di trattenimento dello straniero all’interno del centro di permanenza per i rimpatri non può essere superiore a centottanta giorni”.

13. In ordine alla modulazione dei tempi, questa Corte ha chiarito (Cass. n. 11451 del 2013) che il trattenimento del cittadino straniero che non possa essere allontanato coattivamente contestualmente all’espulsione costituisce una misura di privazione della libertà personale, legittimamente realizzabile soltanto in presenza delle condizioni giustificative previste dalla legge e secondo una modulazione dei tempi rigidamente predeterminata dalla norma (D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14), sia nella fase autorizzativa relativa alla scansione temporale iniziale di trenta giorni (art. 14, commi 2, 3 e 4) sia nella fase, eventuale, di proroga (art. 14, comma 5). La disciplina normativa dei tempi (periodo iniziale; proroghe, periodi massimi di durata del trattenimento) è del tutto vincolata. L’autorità amministrativa è priva di qualsiasi potere discrezionale in ordine alla modulazione delle fasi temporali intermedie e dello sbarramento finale, in virtù del rango costituzionale e della natura inviolabile del diritto inciso, la cui conformazione e concreta limitazione è garantita dalla riserva assoluta di legge prevista dall’art. 13 Cost.. Il controllo giurisdizionale deve estrinsecarsi nei medesimi limiti, non potendosi estendere, in mancanza di un’espressa previsione di legge, nell’autorizzazione di proroghe non rigidamente ancorate ai limiti temporali legislativamente imposti. Ne consegue che se, come nell’art. 14, comma 5, sopracitato, siano previsti periodi di proroga temporalmente predeterminati, il limite normativo per ciascuna frazione temporale non può essere oltrepassato neanche quando ciò rientri nel limite finale complessivo, in quanto la garanzia della libertà personale del cittadino straniero si estrinseca non solo nella ineludibile determinazione di un termine finale ma anche nella rigida predeterminazione dei singoli periodi, in modo da poter verificare periodicamente e secondo la cadenza normativa prevista, la persistenza delle ragioni di limitazione della libertà personale che giustificano il trattenimento.

14. Nel caso in esame, non solo la durata della proroga (come peraltro del periodo riguardante la precedente convalida) non supera la durata prevista dell’art. 14, comma 5, per la specifica fase, ma il ricorrente per cassazione non ha neppure allegato, nè tanto meno dimostrato l’avvenuto superamento del termine finale di centottanta giorni, che non può certamente desumersi dal numero delle proroghe, senza ulteriori specificazioni (numero delle proroghe del pari solo allegato e neppure dimostrato).

15. Occorre pure aggiungere che dal verbale di convalida del 30 dicembre 2019 risulta che il difensore di N.A. aveva eccepito “la nullità della richiesta di seconda proroga”, mentre nel ricorso per cassazione ora all’esame ha contraddittoriamente lamentato l’illegittimità della “sesta proroga del trattenimento”, con evidente ulteriore profilo di inammissibilità della doglianza.

16. Quanto alla motivazione del provvedimento impugnato, se ne lamenta l’estrema genericità, senza con ciò denunciare l’esistenza di alcun vizio radicale. E’ noto che in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. n. 23940 del 2017; v. pure Cass. S.U. n. 8053 del 2014). L’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost., comma 6 e, nel processo civile, dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perchè perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (Cass. n. 22598 del 2018).

17. Nel caso in esame, il Giudice di pace – sia pure con motivazione stringata, ma non censurata dal ricorrente nelle forme e nei termini consentiti, secondo i principi sopra enunciati – ha recepito le ragioni poste a fondamento della richiesta di proroga del trattenimento presso il C.P.R., nella quale la Questura aveva evidenziato che non era possibile eseguire l’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera, essendo necessario procedere ad accertamenti supplementari in ordine alla identità dello straniero, oltre che a reperire un vettore utile per il rimpatrio. Il Giudice di pace ha fatto proprie tali allegazioni, ritenendo sussistenti quindi le necessità prospettate di procedere all’identificazione mediante l’autorità consolare, che non vi aveva ancora provveduto, nonostante il sollecito seguito ad una precedente richiesta.

18. Se ne deve inferire che il provvedimento impugnato è conforme all’esigenza richiesta anche dalla giurisprudenza Europea – di individuazione di una specifica situazione transitoria ostativa della preparazione del rimpatrio o dell’effettuazione dell’allontanamento (Cass. n. 18748 del 2015; v. pure Cass. n. 7829 del 2019, in motivazione).

19. L’utilizzazione della tecnica d’integrazione della motivazione mediante la relatio è del tutto legittima, secondo l’orientamento consolidato di questa Corte (v., specificamente sul tema della convalida della proroga del trattenimento D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 14,Cass. n. 11451 del 2013, che richiama, a sua volta, Cass. S.U. n. 16277 del 2010, n. 23231 del 2010 e n. 20189 del 2008), salva la necessità del indicazione precisa dell’atto richiamato in modo da renderne del tutto agevole la conoscenza.

20. Nella specie, il richiamo è all’istanza di proroga della Questura, ovvero ad un atto del tutto conoscibile dalla parte e dal suo difensore, in quanto propulsivo del procedimento giurisdizionale.

21. In materia di immigrazione, è legittima – secondo la giurisprudenza di questa Corte -, in considerazione del forte flusso migratorio, la concessione della proroga del trattenimento presso un centro di espulsione e di identificazione di un cittadino straniero, richiesta della questura, prima dello scadere del primo periodo di trattenimento, per le difficoltà incontrate nel completamento della procedura di identificazione della persona interessata (Cass. 17417 del 2017).

22. Il ricorso va dunque rigettato. Nulla va disposto quanto alle spese del giudizio di legittimità, non avendo il Ministero intimato svolto attività difensiva.

23. Al rigetto del ricorso non consegue il raddoppio del contributo unificato atteso che, in tema di controversie in materia di espulsione dei cittadini di Stati che non sono membri dell’Unione Europea (D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18) e di opposizione al diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonchè agli altri provvedimenti dell’autorità amministrativa in materia di diritto all’unità familiare (D.Lgs. n. 150 cit., art. 20), è espressamente stabilito che “Gli atti del procedimento e la decisione sono esenti da ogni tassa e imposta” (in tal senso, v. pure Cass. 3305 del 2017, che ha invece osservato come analoga previsione manchi con riferimento alle controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale). Inoltre, come affermato da Cass. S.U. 4315 del 2020, il giudice dell’impugnazione, ogni volta che pronunci l’integrale rigetto o l’inammissibilità o la improcedibilità dell’impugnazione, deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo del contributo unificato anche nel caso in cui quest’ultimo non sia stato inizialmente versato per una causa suscettibile di venir meno, mentre può esimersi dalla suddetta attestazione quando la debenza del contributo unificato iniziale sia esclusa dalla legge in modo assoluto e definitivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del presente giudizio.

Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 24 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2020

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