Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29758 del 12/12/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 29758 Anno 2017
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: DE FELICE ALFONSINA

ORDINANZA
sul ricorso 2251-2012 proposto da:
LACCHE’

GIAMPIERO

C.F.

LCCGPR64D02Z133Z,

TANA

DONATELLA C.F. TNADTL62P52H294N, GENTILI LUCIA C.F.
GNTLCU61T53Z110R, rappresentati e difesi dall’avvocato
CATERINA FRANCIA, domiciliati in ROMA PIAZZA CAVOUR
PRESSO LA CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,
giusta delega in atti;
– ricorrenti contro

2017
3233

REGIONE
AGRICOLI

MARCHE

SERVIZIO

FORESTALI,

in

VALORIZZAZIONE
persona

del

TERRENI
legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA D. MORICHINI 41, presso lo studio

Data pubblicazione: 12/12/2017

dell’avvocato MICHELE ROMANO, rappresentata e difesa
dall’avvocato GABRIELLA DE BERARDINIS, giusta delega
in atti;
– controricorrente nonchè contro

01286380439;

intimata

Nonché da:
COMUNITA’ MONTANA AMBITO 4 già COMUNITA’ MONTANA ALTE
VALLI DEL POTENZA E DELL’ESINO P.I.01286380439, in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE PASTEUR 56,
presso lo studio dell’avvocato ALBERTO PANUNZI,
rappresentata e difesa dall’avvocato BRUNO PETTINARI,
giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

TANA DONATELLA C.F. TNADTL62P52H294N, GENTILI LUCIA
C. F.

GNTLCU61T53Z110R,

LCCGPR64D02Z133Z,

LACCHE’

REGIONE

GIAMPIERO
MARCHE

C.F.

SERVIZIO

VALORIZZAZIONE TERRENI AGRICOLI FORESTALI;

intimati

avverso la sentenza n. 726/2011 della CORTE D’APPELLO
di ANCONA, depositata il 28/09/2011 R.G.N. 20/11.

COMUNITA’ MONTANA ALTE VALLI POTENZA DELL’ESINO P.I.

R.G. 02251/2012

CONSIDERATO
Che La Corte d’Appello di Ancona con sentenza in data 28/09/2011, in
riforma della decisione del Tribunale stessa sede n.461/2009 rigettava il
ricorso proposto da Donatella Tana, Lucia Gentili, Giampiero Lacché nei
confronti della Comunità Montana “Alti Valli del Potenza e dell’Esino”, nonché

apposto ai contratti di lavoro intercorsi dal 1997 al 2002 con la Regione Marche
e dal 2002 al 2006 con la Comunità Montana, la loro conversione in contratto a
tempo indeterminato e il risarcimento dei danni subiti.

Che la Corte territoriale ha fondato le proprie statuizioni sul presupposto
che gli appellanti non avessero provato, nel corso del giudizio di merito, che
l’attività svolta rispondeva a un’esigenza stabile del servizio pubblico e che,
dunque, non era di natura stagionale, così da giustificare la reiterazione per un
decennio di contratti a termine e a tempo parziale.

Che avverso tale decisione interpongono ricorso in Cassazione i lavoratori
con cinque censure cui resistono con tempestivi controricorsi illustrati da
memoria la Regione Marche e la Comunità Montana, quest’ultima proponendo
altresì ricorso incidentale condizionato.

RITENUTO
Che la prima censura deduce violazione degli artt. 2135 e 2070 cod. civ.,
avendo la sentenza gravata ritenuto erroneamente la qualifica di imprenditore
agricolo compatibile con la natura pubblicistica della Regione e della Comunità
Montana.

Che la seconda censura contesta la mancata motivazione, in ordine alla
statuizione secondo la quale la Corte d’Appello ha ritenuto “…di tutta
evidenza…” che la Regione e la Comunità Montana siano titolati a stipulare
contratti di lavoro agricolo, senza fornire motivi specifici sulla scorta dei quali è
giunta a tale conclusione.

Che la terza censura deduce ancora omessa motivazione per il mancato
esame delle prove essenziali per la decisione (come i c.d. rapportini), dai quali

della Regione Marche, rivolto a sentir dichiarare l’illegittimità del termine

sarebbe emerso che i ricorrenti avevano svolto per dieci anni la stessa
mansione, ed erano inseriti in modo strutturato nell’organizzazione aziendale,
senza che il loro impegno fosse stato mai legato alla stagionalità del lavoro
agricolo.

Che nella quarta censura si contesta la violazione dell’art. 36 del d.lgs.
n.165/2001, in quanto non vi era necessità di provare il danno, derivante – in

violazione della norma imperativa.

Che la quinta e ultima doglianza deduce l’omessa motivazione per non
avere, la sentenza gravata, ritenuto provata la quantificazione del danno, di
contro, esattamente ricavabile dai conteggi allegati al ricorso di primo grado.

Che la Comunità Montana ha proposto ricorso incidentale condizionato,
ispirato al principio della ragionevole durata del processo, deducendo che,
nell’ipotesi in cui il ricorso principale fosse accolto, sussisterebbe un legittimo
motivo per rendere superfluo il rinvio degli atti al merito, non essendo state, le
amministrazioni, messe in mora dai ricorrenti ai sensi dell’art. 1217, cod. civ.

Che la prima censura è infondata.
Che la Regione Marche in seguito al trasferimento della gestione delle
Foreste demaniali (d.m.5/03/1975 e d.m.11/10/1978) ha acquisito anche il
Centro Allevamento Ungulati di Fabriano, in località Valleremita per il
ripopolamento di specie animali all’epoca in via di estinzione. Al fine di
provvedere al personale già in servizio presso l’Azienda di Stato Foreste
Demaniali alcuni lavoratori erano assunti nel Centro Allevamento con contratti
stagionali come operai agricoli.

re ipsa – dall’utilizzo abusivo del termine, quale diretta conseguenza della

Che in base alle norme in materia (I. n. 92/1997; d.lgs. n.173/1998; Circ.
Inps n.212/1998 e n.126/2009) si considerano agricoli anche gli operai assunti
da imprese non qualificabili agricole ai sensi dell’art. 2135, cod. civ., e da
pubbliche amministrazioni, essendo l’attività del lavoratore e non già quella del
datore a qualificare la fattispecie; la classificazione degli operai agricoli sulla

X.

base delle mansioni svolte è contenuta nei contratti collettivi della categoria ‘O»
Operai agricoli e florovivaisti (c.c.n.l. 10/07/1998, art. 26, e contratto
provinciale Ancona operai agricoli e florovivaisti del 3/08/2000, art. 12).

2

Che che ben può, un ente pubblico, che sia responsabile, anche se in via
non prevalente, di finalità d’interesse pubblico legate all’agricoltura e delle
attività necessarie a realizzarle, quando ne abbia la necessità (nel caso in
esame data dal ripopolamento di specie animali protette), stipulare contratti
stagionali, sottratti per legge al limite dei trentasei mesi dall’art. 10, co.2 del
d.lgs. n.368/2001 (v. anche d.lgs. n.375/1993, art. 12, che distingue gli operai

Che la seconda censura è assorbita.
Che la terza censura è infondata, poiché la sentenza gravata chiarisce, con
un iter logico argomentativo esente da vizi logici, che la circostanza che
l’attività fosse ricorrente e non stagionale non risultava provata, non essendo
stati forniti i dettagli su come il lavoro fosse organizzato, in particolare in
relazione all’uso del part time e alla previsione di eventuali turnazioni tra i
lavoratori, per le quali ragioni la censura appare altresì carente di
autosufficienza, non essendovi la trascrizione degli atti richiamati a sostegno
della tesi dei ricorrenti.
Che la quarta censura è infondata perché, nel caso in esame, il richiamo
all’art. 36 del d.lgs. n.165/2001 non è pertinente, vedendosi in materia di
lavoro agricolo stagionale, per il quale, date le peculiari caratteristiche di
stagionalità delle connesse attività, il legislatore ha previsto una disciplina ad

hoc nell’ambito della quale non si ravvisano i limiti contenuti nell’ad. 36, d.lgs.
n.165/2001.
Che anche la quinta e ultima censura è infondata, in quanto, la sentenza
gravata, con motivazione coerente, ha accertato come parte ricorrente non
abbia minimamente prospettato l’inquadramento e il relativo trattamento
preteso, né allegato i conteggi sui quali fondava la propria domanda; che
parimenti, per quanto riguarda l’entità del preteso risarcimento, l’assenza di un
qualsiasi riscontro probatorio ha reso finanche impossibile l’instaurazione di un
contraddittorio in ordine alla sussistenza e al valore del presunto danno, tanto
da rendere impossibile alcuna statuizione in merito.
Che il ricorso incidentale condizionato è assorbito.

3

agricoli in OTI e OTD).

Che pertanto, essendo la prima, la terza, la quarta, e la quinta censura
infondate, e la seconda assorbita, il ricorso principale va rigettato, mentre
l’incidentale condizionato è assorbito.
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P.Q.M.

condizionato. Condanna i ricorrenti principali al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2500 per compensi professionali in
favore di ciascuno dei controricorrenti, agli esborsi liquidati in Euro 200, oltre
alle spese forfettarie nella misura del 15% per spese generali ed accessori di
legge.

Così deciso nell’Adunanza Camerale del 12/07/2017

Il Presidente
(Dott. Giuseppe Napolet no)

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La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito l’incidentale

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