Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29753 del 12/12/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 12/12/2017, (ud. 15/06/2017, dep.12/12/2017),  n. 29753

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso dell’8.5.2012 al Tribunale di Brescia P.A., assunto in data 30.6.2011 con mansioni di pilota dalla società CARGOLUX ITALIA spa, chiedeva accertarsi la nullità del patto di prova apposto al contratto di lavoro ovvero comunque la nullità, illegittimità o inefficacia del licenziamento intimato in data 7 gennaio 2012 per mancato superamento della prova e condannarsi il datore di lavoro alla sua reintegra in servizio ed al pagamento delle retribuzioni maturate medio tempore.

Il giudice del Lavoro, con sentenza del 27.2.2014 (nr. 168/2014), rigettava la domanda.

La Corte di Appello di Brescia, con sentenza del 12.3- 14.4.2015 (nr. 92/2015), rigettava l’appello del P..

La Corte territoriale osservava che la lettera di licenziamento era stata sottoscritta dal dott. G.P. in forza dei poteri a lui conferiti dal Consiglio di Amministrazione con effetto dal 16 dicembre 2011, che comprendevano quelli di assumere e licenziare dipendenti; in ogni caso la società mediante comportamenti inequivocabili – come il pagamento del TFR e la mancata inclusione nei turni di servizio- aveva dato seguito al provvedimento, in tal modo ratificandolo, anche tramite la costituzione in giudizio. Da ultimo, l’eventuale difetto di potere rappresentativo era deducibile come ragione di annullamento soltanto dalla società e non anche dal lavoratore.

Infondata era anche la censura della intimazione del licenziamento dopo il superamento del periodo di prova, fondata sul fatto che la lettera di licenziamento, spedita il 28.12.2011, era stata recapitata soltanto il 7.1.2012, dopo la scadenza della prova (in data 31.12.2011).

In primo luogo, pur a ritenere tardiva la comunicazione del licenziamento, tale circostanza non era sufficiente a ritenere superato il patto di prova, posto che il dipendente non aveva svolto alcuna attività lavorativa successivamente al 31.12.2011.

In ogni caso, la comunicazione del licenziamento non era tardiva, dovendo aversi riguardo alla data della spedizione della raccomandata e non a quella di ricevimento, essendo applicabili in via analogica i principi fissati nella sentenza della Corte Costituzionale nr. 477/2002 in materia di notificazione a mezzo del servizio postale.

In terzo luogo, la società aveva prodotto, oltre alla lettera raccomandata, anche la comunicazione via mail del licenziamento inviata al lavoratore il 28.12.2011 e le successive mails inviate dal P. ai colleghi di lavoro nelle quali egli comunicava la cessazione del suo rapporto di lavoro alla data del 28.12.2001, confermando in tal modo il ricevimento della comunicazione mail. Tutte le comunicazioni via mail erano state disconosciute solo con le note autorizzate del 25.2.2013, dopo la celebrazione di due udienze e dunque tardivamente. La comunicazione via mail costituiva comunicazione in forma scritta del recesso, come prevista nel contratto di assunzione.

Doveva essere respinta anche la azione di impugnazione del licenziamento per discriminazione sindacale.

La prova del carattere discriminatorio del licenziamento non risultava dalla dichiarazione dell’allora amministratore delegato, Comandante R.F. (doc. 13 del fascicolo di primo grado del lavoratore), giacchè in essa si faceva riferimento a “presunti ” contatti del P. con organizzazioni sindacali al fine di costituire una rappresentanza sindacale aziendale. Il P. non aveva allegato alcun elemento atto a confermare che egli effettivamente avesse preso contatti con le organizzazioni sindacali o che comunque avesse manifestato interesse per questioni sindacali.

Gli ulteriori elementi di prova dedotti a sostegno della discriminazione-ovvero il fatto che la società aveva collocato in ferie il lavoratore e che non aveva proceduto al recupero del costo per il conseguimento della abilitazione- denotavano un atteggiamento di favore piuttosto che discriminatorio. Da ultimo, nelle mails spedite pochi giorni dopo il licenziamento il P. esprimeva gratitudine verso la società ed i suoi dipendenti.

Non era fondata la impugnazione del recesso sotto il profilo dell’impedimento allo svolgimento della prova (per non essere state compiute al momento del recesso le 150 ore minime di volo previste per il cd. “line check”).La società non aveva l’obbligo di fare esperire l’esame finale, posto che in base all’art. 2096 c.c. il datore di lavoro può procedere al recesso prima del compimento del periodo di prova, salvi i casi in cui per la estrema brevità del periodo lavorato o per altre circostanze non fosse stato consentito al lavoratore di dimostrare le proprie qualità, circostanza, questa, neppure allegata.

Non rilevava, poi, il fatto che i giudizi resi dagli istruttori di volo fossero positivi, poichè la valutazione dell’esito della prova competeva al Direttore Operazioni di Volo in relazione alla personalità complessiva del lavoratore ed alla organizzazione aziendale.

La lettera di assunzione, contrariamente a quanto dedotto dall’appellante, indicava la qualifica e le mansioni da svolgere- anche nel periodo di prova – sicchè il relativo patto era valido.

La censura con la quale si contestava la esistenza della giusta causa e del giustificato motivo del licenziamento era infondata giacchè la disciplina sui licenziamenti individuali non si applicava al licenziamento per mancato superamento della prova.

Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza P.A.,

articolato in quattordici motivi.

Ha resistito con controricorso la società CARGOLUX ITALIA spa.

Le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

I motivi di ricorso dal primo al quinto investono la statuizione della sentenza con la quale veniva respinta la eccezione del difetto di potere rappresentativo del soggetto che aveva sottoscritto l’atto di licenziamento, dott. G.P..

1. Con il primo motivo il ricorrente ha denunziato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame e motivazione circa un fatto decisivo del giudizio ed oggetto di discussione tra le parti nonchè violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c..

Ha esposto che l’atto di licenziamento era stato adottato il 28.12.2011 e che sino al 31.12.2011 era amministratore delegato il dott. R., unico soggetto avente il potere di licenziare il personale, come provato dalle visure camerali (documenti nn. 14 e 15 allegati al ricorso); i poteri rappresentativi erano stati conferiti al dott. G. soltanto con procura speciale notarile del 12.1.2012, iscritta presso la Camera di Commercio in data 7.2.2012.

2. Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame e motivazione circa un fatto decisivo del giudizio ed oggetto di discussione tra le parti nonchè violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c..

Ha censurato la sentenza per avere affermato che il Dott. G. aveva firmato l’atto di licenziamento in forza dei poteri conferitigli dal Consiglio di Amministrazione con effetto dal 16 dicembre 2011 laddove, come evidenziato sin dal ricorso introduttivo del giudizio, la delibera del Consiglio di Amministrazione del 16.12.2011 non conteneva alcuna manifestazione della volontà di recedere dal rapporto di causa, come del resto confermato dalla dichiarazione dell’amministratore delegato del 27.1.2012, prodotta in causa (doc. 13 allegato al ricorso).

Tale delibera del 16.12.2011 (allegato 1 alla memoria difensiva della società nel primo grado) si limitava: a nominare il sig. G.P. come direttore generale dell’1 gennaio 2012; a conferire allo stesso idonea procura speciale dal 16.12.2011 “con effetti a partire alle dimissioni dall’amministratore delegato R.”; ad accettare le dimissioni del R. con effetto dall’i gennaio 2012.

Il potere rappresentativo del G. derivava soltanto dalla procura speciale notarile conferitagli il 12 gennaio 2012.

3. Con il terzo motivo il ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 1399 c.c. (nella rubrica, per errore materiale, c.p.c.) in relazione all’art. 15 dello Statuto della società CARGOLUX ITALIA spa nonchè – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame e motivazione circa un fatto decisivo del giudizio ed oggetto di discussione tra le parti e violazione falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c..

Il ricorrente ha assunto che non era mai intervenuto atto di ratifica del licenziamento da parte del Consiglio di Amministrazione, unico organo legittimato ai termini dell’art. 15 dello Statuto.

4. Con il quarto motivo viene denunziata violazione e falsa applicazione degli artt. 2475,1399,1334 e 2697 c.c. in relazione all’art. 15 dello Statuto della società CARGOLUX ITALIA spa nonchè – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame e motivazione circa un fatto decisivo del giudizio ed oggetto di discussione tra le parti.

Con il motivo si assume la inesistenza della volontà della società di licenziare il P. alla data di scadenza del periodo di prova, il 30 dicembre 2011 e fino al momento di conferimento della procura speciale al dott. G., il 12 gennaio 2012.

5. Con il quinto motivo il ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 1399 c.c. e L. n. 604 del 1966, art. 2 nonchè – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame e motivazione circa un fatto decisivo del giudizio ed oggetto di discussione tra le parti.

Il ricorrente ha dedotto che una eventuale ratifica del licenziamento- che poteva essere operata soltanto dal Consiglio di Amministrazione- avrebbe dovuto rivestire la medesima forma scritta prevista per l’atto di licenziamento, ai sensi dell’art. 1399 c.c. in rapporto alla L. n. 604 del 1966, art. 2.

Erroneamente, pertanto, il giudice dell’appello, aveva affermato essere intervenuta ratifica in forza di comportamenti (il pagamento del TFR, il mancato inserimento nei turni, la costituzione in giudizio) non integranti un atto scritto dell’organo amministrativo.

I motivi, che possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili.

La statuizione impugnata è fondata su tre autonome rationes decidendi:

– la sussistenza in capo al soggetto firmatario del licenziamento del potere rappresentativo della società CARGOLUX ITALIA spa;

– in ogni caso, la ratifica dell’atto da parte della società;

-la inopponibilità di eventuali vizi della formazione della volontà della società da parte del lavoratore, in quanto soggetto terzo (e la annullabilità dell’atto unicamente su istanza della società falsamente rappresentata).

Tale ultima ragione della decisione, autonomamente idonea a sorreggere il decisum, non è stata impugnata in questa sede ed è divenuta definitiva.

Da ciò discende la inammissibilità dei motivi di ricorso sin qui esposti per difetto di interesse del ricorrente all’esame, in quanto il loro eventuale accoglimento non sarebbe comunque idoneo a determinare la cassazione della sentenza.

I motivi di ricorso dal sesto al decimo hanno ad oggetto la impugnazione della statuizione di tempestività della intimazione del licenziamento rispetto alla scadenza della prova, in data 31.12.2011.

6. Con il sesto motivo la parte ricorrente ha denunziato violazione e falsa applicazione dell’art. 1334 c.c. e art. 149 c.p.c..

Il ricorrente ha esposto che, contrariamente a quanto affermato in sentenza, la comunicazione del licenziamento aveva prodotto i suoi effetti soltanto dalla data di ricezione della raccomandata contenente l’atto di licenziamento- il 7 gennaio 2012 – e non dal momento, anteriore, della spedizione della raccomandata.

7. Con il settimo motivo il ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 2109 c.c. e dell’art. 2 del contratto collettivo aziendale nonchè – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame e motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti.

Con il motivo si censura la sentenza per avere affermato che il licenziamento – anche a volere fare riferimento alla data di ricevimento della comunicazione per raccomandata (7 gennaio 2012)- sarebbe stato comunque valido per non essere ora stata svolta alcuna attività lavorativa dopo la scadenza del periodo di prova (il 31 dicembre 2011).

Il ricorrente ha lamentato che tale statuizione ometteva di considerare il fatto, pacifico tra le parti, che egli era stato posto in ferie dal 5 dicembre 2011 sicchè al momento del superamento del periodo di prova il rapporto di lavoro era pienamente in essere ai sensi dell’art. 2109 c.c..

Inoltre a tenore dell’art. 2 del contratto collettivo aziendale (documento allegato nr. 1 alla produzione del primo grado) il pilota si intendeva confermato in servizio qualora la società non avesse proceduto alla disdetta del rapporto alla scadenza del periodo di prova.

8. Con l’ottavo motivo il ricorrente ha denunziato violazione e falsa applicazione degli artt. 2702 e 2697 c.c. nonchè- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame e motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti.

Il ricorrente ha impugnato la sentenza per avere ritenuto rilevante la comunicazione del licenziamento effettuata a mezzo mail.

Ha dedotto che tale forma di comunicazione non costituiva atto scritto perchè non sottoscritta dal mittente (salva l’ipotesi, non ricorrente in causa, della firma digitale).

In ogni caso ha esposto di non avere mai autorizzato l’invio delle comunicazioni relative al rapporto di lavoro a mezzo mail.

Mancava comunque la prova tanto della provenienza della mail dalla azienda che del suo ricevimento. Il documento prodotto in causa dalla società (documento 3 allegato alla memoria difensiva del primo grado) consisteva nella trasmissione di un atto in allegato, senza che risultasse nè l’indirizzo mail del destinatario nè la manifestazione della volontà di licenziamento.

Quanto all’allegato trasmesso, consistente in un file in formato pdf, non vi era prova dell’effettiva corrispondenza all’originale.

In ogni caso egli aveva tempestivamente contestato e disconosciuto tutta la documentazione prodotta ex adverso (documenti 2,3,4,5, allegati alla memoria difensiva) che consisteva in comunicazioni via mail personali e riservate, prive di rilievo probatorio. Il disconoscimento era stato effettuato già prima della udienza del 7 marzo 2013, come dal verbale della prima udienza (in data 12.11.2012) a mezzo del procuratore e soltanto ribadito nelle note depositate.

9. Con il nono motivo il ricorrente ha denunziato violazione e falsa applicazione dell’art. 2702 c.c. e L. n. 604 del 1966, art. 2 nonchè -ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame e motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti.

Ha censurato la sentenza per avere ritenuto che la comunicazione via mail fosse idonea a costituire l’atto scritto richiesto ad substantiam dalla L. n. 604 del 1996, art. 2.

10. Con il decimo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. nonchè – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame e motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti.

Il ricorrente ha assunto essere pacifico tra le parti che la CARGOLUX ITALIA non aveva fornito alcuna prova della ricezione della mail.

I motivi sono infondati.

La statuizione in sentenza della tempestività del licenziamento per mancato superamento della prova è fondata su più ragioni, ciascuna autonomamente decisiva, che, secondo l’ordine logico, devono essere così esposte:

– Il licenziamento era stato non solo intimato ma anche comunicato al lavoratore prima della scadenza della prova (il 31.12.2011), a mezzo mail del 28.12.2011;

– Anche a ritenere avvenuta la comunicazione del licenziamento soltanto alla successiva data di recapito della comunicazione per raccomandata, il 7.1.2012, nel periodo decorrente dalla scadenza della prova al suddetto recapito il lavoratore non aveva svolto alcuna attività lavorativa sicchè la prova non era stata superata;

– In ogni caso, ciò che rilevava ai fini della tempestività del licenziamento per mancato superamento della prova era la spedizione della lettera raccomandata e non il successivo momento del suo ricevimento.

La prima ratio decidendi, nell’ordine logico così esposto, è oggetto dei motivi dall’ottavo al decimo.

Gli stessi sono infondati.

Giova premettere che per il licenziamento durante il periodo di prova non è richiesto per legge l’atto scritto (Cass. civ. sez.lav., 20.5.1991, n. 5634; Cass., sez. lav., 4.6.1992, n. 6810; Cass.civ. sez. lav., 18.2.1994, n. 1560; (Cass. 14.1.2015 n. 469).

La L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 10 prevede che le garanzie di cui alla stessa legge per il caso di licenziamento si applichino ai lavoratori in prova soltanto dal momento in cui l’assunzione diviene definitiva e, in ogni caso, quando sono decorsi sei mesi dall’inizio del rapporto di lavoro e, perciò, esclude che durante il periodo di prova il licenziamento del lavoratore debba avvenire con la forma scritta, come è disposto, invece, dalla regola generale di cui al precedente art. 2 della medesima legge. La norma, così interpretata, è stata giudicata costituzionalmente legittima (Corte Cost. 4/12/00, n. 541).

Da tale rilievo consegue la infondatezza in punto di diritto dell’ottavo e del nono motivo del ricorso, con i quali viene dedotta la violazione dell’art. 2702 c.c. e della L. n. 604 del 1966, art. 2.

Nè a conclusioni diverse si perviene a volere valorizzare il richiamo in sentenza (alla pagina 9) della previsione del contratto di assunzione sulla “comunicazione scritta” del licenziamento durante il periodo di prova.

Questa Corte ha già chiarito, con principio relativo all’interpretazione della L. n. 604 del 1996, art. 2 ma estensibile alle clausole contrattuali di analogo tenore, che il requisito della comunicazione per iscritto del licenziamento deve ritenersi assolto, in assenza della previsione di modalità specifiche, con qualunque modalità che comporti la trasmissione al destinatario del documento scritto nella sua materialità (in termini: Cassazione civile, sez. lav., 05/11/2007, n. 23061).

Il requisito, così inteso, era stato assolto nella fattispecie di causa giacche in punto di fatto la sentenza ha accertato:

– che con comunicazione via mail la società aveva trasmesso in allegato l’atto di licenziamento;

– che detta comunicazione era stata ricevuta dal P. il 28 dicembre 2011, come dimostrato dal contenuto delle successive mails da lui inviate ai colleghi di lavoro, nelle quali egli partecipava la cessazione del suo rapporto di lavoro al 28.12.2011.

Tale accertamento non è censurabile in questa sede di legittimità, a tenore dell’art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5, applicabile ratione temporis, per la conformità del giudizio di fatto nei due gradi di merito.

Da ultimo la deduzione della violazione dell’art. 2697 c.c. resta slegata sia dal contenuto delle censure svolte nell’ottavo e nel decimo motivo che dalle ragioni della sentenza. Nel ricorso non si denunzia la erronea attribuzione dell’onere della prova ma la valutazione dei documenti di causa compiuta in sentenza; la decisione, poi, non è fondata sulla mancata acquisizione della prova (della data di comunicazione del licenziamento), unica ipotesi in cui verrebbe in rilievo la regola di giudizio di cui all’art. 2697 c.c., avendo la Corte territoriale positivamente accertato la avvenuta comunicazione del licenziamento alla data del 28.12.2011.

Dal rigetto dei motivi di ricorso dall’ottavo al decimo deriva il difetto di interesse del ricorrente all’esame della censure svolte con il sesto ed il settimo motivo, che investono ragioni della decisione ulteriori rispetto a quella, logicamente preliminare ed autonomamente decisiva, divenuta definitiva.

11. Con l’undicesimo motivo il ricorrente ha impugnato la sentenza per violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 4 nonchè degli artt. 112 e 115 c.p.c..

Ha dedotto che la dichiarazione del comandante R., già amministratore delegato, allegata come documento 13 al ricorso introduttivo, costituiva prova delle motivazioni reali del licenziamento, di natura antisindacale, dovendo aversi riguardo non già all’effettività del suo attivismo sindacale, come ritenuto dal giudice dell’appello- circostanza questa irrilevante- ma unicamente al disappunto espresso al riguardo dal Comandante Po. ed al fatto che questi avesse richiesto all’allora amministratore delegato di adottare il provvedimento espulsivo.

Il carattere discriminatorio e ritorsivo del licenziamento era provato anche dalla sua collocazione in ferie, a prova sostanzialmente esaurita e della mancata richiesta di rimborso del costo sostenuto per il corso di abilitazione sull’aeromobile 747-400.

Il motivo è inammissibile.

Esso investe un accertamento di fatto del giudice del merito, relativo alla assenza del carattere discriminatorio- o comunque del motivo illecito – del licenziamento e contesta la valutazione degli elementi di prova. La censura si qualifica pertanto in termini di deduzione di un vizio della motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 ed incorre nella preclusione di cui all’art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5, derivante dalla conformità dell’accertamento di fatto nei due gradi di merito.

12. Con il dodicesimo motivo il ricorrente ha lamentato violazione e falsa applicazione degli artt. 1175,1375 e 2096 c.c. e dell’art. 2 del contratto collettivo aziendale nonchè – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame e motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti.

Il ricorrente ha censurato la sentenza per non avere accertato la nullità ed illegittimità del licenziamento per impedimento allo svolgimento della prova; ha esposto di essere stato collocato in ferie forzate dal 5 al 26 dicembre 2011 nonostante non avesse realizzato le complessive ore di volo-(150 ore) – necessarie ad ultimare il “line check” ed avesse superato con esito positivo le dieci tratte previste, come dai giudizi espressi dai comandanti. Ha dedotto di avere positivamente superato la prova perchè in caso diverso sarebbe stato licenziato e non già collocato in ferie.

La censura è inammissibile; al pari del motivo precedente essa involge apprezzamenti di fatto- relativi allo svolgimento effettivo della prova (ed all’eventuale condotta del datore di lavoro impeditiva di tale svolgimento) ed al suo esito- rimessi al giudice del merito e non sindacabili in questa sede di legittimità neppure nei termini previsti dall’art. 360 c.p.c., n. 5, per la preclusione derivante dall’art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5.

13. Con il tredicesimo motivo il ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 2096 c.c. e dell’art. 2 del contratto di lavoro aziendale nonchè- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame e motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti.

Ha assunto la nullità del patto di prova per mancata indicazione delle mansioni oggetto della prova, mansioni che neppure potevano essere desunte dal CCNL di categoria, in quanto esso non indicava le mansioni corrispondenti al livello di inquadramento riconosciuto (Primo Ufficiale Junior) nè dal contratto collettivo aziendale, che indicava soltanto qualifiche e gradi dei piloti e non le corrispondenti mansioni.

Il motivo non supera i rilievi di inammissibilità già svolti, giacchè l’accertamento circa i contenuti del contratto di lavoro e l’apprezzamento circa la determinazione o determinabilità delle mansioni oggetto del patto di prova non implica un giudizio di diritto- come impropriamente dedotto nella rubrica del motivo- ma un giudizio di fatto, che nella fattispecie di causa resta incensurabile in questa sede ex art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5.

14. Con il quattordicesimo motivo il ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c. e della L. n. 604 del 1966, art. 1.

Ha dedotto il vizio della sentenza per avere omesso di pronunziarsi e comunque di considerare il fatto che il licenziamento era illegittimo per la pacifica assenza di giusta causa e giustificato motivo e che il licenziamento era stato intimato per asserito mancato superamento della prova laddove il periodo di prova era già decorso, la prova era inesistente, perchè non indicata ed inoltre il suo svolgimento era stato palesemente impedito.

Il motivo è inammissibile.

Esso si fonda su circostanze di fatto – il decorso del periodo della prova, l’impedimento al suo svolgimento, la nullità del patto di prova – diverse e contrarie rispetto a quelle sulla cui base il giudice del merito ha espressamente affermato la irrilevanza della dedotta assenza di giusta causa e giustificato motivo.

In tal senso esso non coglie la ratio decidendi della sentenza ma assume il vizio di violazione delle norme di diritto sulla base di una ricostruzione della fattispecie di fatto alternativa ed opposta rispetto a quella adottata in sentenza.

Il ricorso deve essere conclusivamente respinto.

Le spese seguono la soccombenza.

Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 5.000 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2017

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