Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29750 del 19/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 19/11/2018, (ud. 10/10/2018, dep. 19/11/2018), n.29750

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14129-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 9, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO DE LIO,

rappresentato e difeso dagli avvocati ALFREDO CASALETTO, NICOLA

PASQUALE SACCO;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 199/65/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, SEZIONE DISTACCATA di BRESCIA, depositata

il 26 gennaio 2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10 ottobre 2018 dal Consigliere Dott. MAURO MOCCI.

Fatto

RILEVATO

che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c.;

che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che aveva respinto il suo appello nei confronti della decisione della Commissione tributaria provinciale di Bergamo. Quest’ultima aveva accolto il ricorso di C.L. contro un avviso di accertamento per IRPEF, relativamente all’anno 2008.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a due motivi;

che, con il primo, l’Agenzia deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, e D.L. n. 78 del 2010, art. 22, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3: la CTR avrebbe erroneamente reputato che non potesse tenersi conto, ai fini sintetici, delle spese per incrementi patrimoniali sostenute negli anni 2010-2012, in quanto successivi all’annualità accertata;

che, mediante il secondo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, nonchè dei DD.MM. 10 settembre 1992 e 19 novembre 1992 e del D.L. n. 78 del 2010, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, giacchè la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto che non potesse tenersi conto, ai fini sintetici, dei canoni di leasing versati per le autovetture nell’anno accertato;

che l’intimato ha resistito con controricorso e ricorso incidentale;

che il controricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, nonchè omessa analisi di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, con particolare riferimento all’abitazione, in comproprietà con l’ex coniuge, ed all’autovettura, che non avrebbe potuto integralmente concorrere alla determinazione del reddito sintetico mediante redditometro;

che il primo motivo di ricorso è fondato;

che l’Ufficio ha agito secondo il disposto del previgente D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 5, a mente del quale qualora l’Ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro anni precedenti; che in tal senso è l’orientamento consolidato di questa Corte – ribadito di recente da Sez. 6-5, n. 12207 del 16 maggio 2017 e da Sez. 5, n. 1510 del 20 maggio 2017 (che il Collegio condivide e rispetto alla quale la sentenza richiamata dal controricorrente, Sez. 6-5, n. 7147 del 12/04/2016, costituisce precedente isolato), secondo cui la norma di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, legittima la presunzione, da parte dell’amministrazione finanziaria, di un reddito maggiore di quello dichiarato dal contribuente sulla base di elementi indiziarì dotati dei caratteri della gravita, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. e, in particolare, per quel che in questa sede interessa, in ragione della spesa per incrementi patrimoniali, la quale si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti;

che, in presenza di tale presupposto, la norma non impone altro onere all’amministrazione ma piuttosto consente al contribuente di offrire la prova contraria: prova testualmente riferita, nel successivo comma 6, al fatto che “il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente e costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte”, con la espressa precisazione che “l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”;

che il secondo motivo è parimenti fondato, giacchè, in tema di accertamento tributario con metodo sintetico, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 (nel testo vigente ratione temporis tra la L. n. 413 del 1991 ed il D.L. n. 78 del 2010, conv. in L. n. 122 del 2010), l’Amministrazione finanziaria può presumere il reddito complessivo netto sulla base di una serie di indici di capacità contributiva sostanzialmente fondati sui consumi, tra cui la disponibilità dei beni e servizi descritti nella tabella allegata al D.M. 10 settembre 1992, ma anche sulla base di ulteriori circostanze di fatto indicative di una diversa capacità contributiva (Sez. 5, n. 15289 del 21/07/2015);

che non può dunque essere esclusa a priori la rilevanza dei canoni di leasing sui beni di lusso, anche per gli anni d’imposta precedenti al 2009;

che il motivo di ricorso incidentale è inammissibile, giacchè, per un verso, il controricorrente non menziona la norma di legge asseritamente violata e, per altro verso, la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014);

che il vizio denunciato si riferisce a fatti, non congruamente dedotti in sede di appello;

che deve in definitiva procedersi alla cassazione della sentenza con rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, affinchè provveda all’esame di cui sopra, anche per le spese del giudizio di legittimità;

che alla declaratoria di inammissibilità del ricorso incidentale consegue l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del controricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2018

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