Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2975 del 07/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 07/02/2011, (ud. 10/11/2010, dep. 07/02/2011), n.2975

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17281-2009 proposto da:

RESAIS RISANAMENTO E SVILUPPO ATTIVITA’ INDUSTRIALI SICILIANE S.P.A.,

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 26, presso lo studio

dell’avvocato AULETTA FERRUCCIO, che la rappresenta e difende, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.G., S.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 311/2009 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 20/05/2009 R.G.N. 111/08;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2010 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito l’Avvocato AULETTA FERRUCCIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 13/5/09 la Corte d’Appello di Caltanisetta rigettò l’impugnazione proposta il 7/2/08 dalla Resais s.p.a avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Enna n. 55/2007, con la quale era stata accolta la domanda formulata da S.G. per la riliquidazione dell’indennità di prepensionamento e di quella “una tantum” attraverso il computo nella relativa base di calcolo del compenso per lavoro supplementare, rilevando, nel contempo, che era altresì infondato il motivo di censura attraverso il quale la società appellante si era lamentata del rigetto della domanda riconvenzionale tesa al recupero dell’indennità una tantum indebitamente percepita dal S. in assenza dei presupposti di legge.

A quest’ultimo riguardo la Corte territoriale osservò che dalla documentazione in atti emergeva che il S. aveva cessato di essere amministrato dall’ente minerario in quanto soggetto beneficiario del trattamento di prepensionamento di cui alla L.R. n. 27 del 1984, art. 6 e che, pertanto, aveva dimostrato di versare nelle condizioni di legge per poter fruire dell’indennità “una tantum”, anche in considerazione del fatto che il godimento, seppur per un brevissimo lasso di tempo, dell’indennità di prepensionamento dava diritto ad esercitare l’opzione in favore dell’indennità una tantum ai sensi della L.R. n. 5 del 1999, art. 7.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso la RESAIS – Risanamento e Sviluppo Attività Industriali Siciliana S.p.A. affidando l’impugnazione a due motivi di censura. La ricorrente deposita, altresì, memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo la RESAIS s.p.a. deduce la contraddittoria o insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, (art. 360 c.p.c., n. 5).

Con tale motivo la Resais sostiene che la risoluzione del rapporto “de quo” avvenne per disposizione normativa ai sensi della L.R. n. 27 del 1984, art. 5 trattandosi di soggetto da porre in esodo a causa del superamento del cinquantesimo anno di età, per cui il medesimo poteva beneficiare esclusivamente dell’indennità di prepensionamento, atteso che la L.R. n. 27 del 1984, art. 6 concedeva il diritto di opzione per l’una tantum solo a coloro che avevano risolto volontariamente il rapporto, trovandosi nelle condizioni di legge per potersene avvalere, vale a dire il compimento dei 45 anni di età entro il 31/12/86 o il raggiungimento di 25 anni di contribuzione Inps o di 20 anni per gli addetti in sotterraneo con 15 anni di versamento di contributi speciali; invece, per mero errore, l’E.M.S. aveva versato l’indennità una tantum al S., il quale non era in possesso dei requisiti di legge per usufruirne, per cui si era reso necessario l’esperimento della domanda riconvenzionale per il recupero dei relativi importi ex art. 2033 c.c.. La ricorrente spiega che il S., nato il (OMISSIS), aveva iniziato a godere del trattamento di prepensionamento a decorrere dall’1/6/84, per poi chiedere ed ottenere, a partire dall’1/6/91, l’indennità una tantum; la medesima richiama, poi, il contenuto di diversi documenti, quali la comunicazione del 28/5/84, con la quale l’E.M.S. informava il S. della cessazione del rapporto a decorrere dall’1/6/84 ai sensi della L.R. n. 27 del 1984, art. 5 (doc. n. 1), la richiesta del 14/6/90 del prepensionato di beneficiare dell’indennità “una tantum” a far data dall’1/1/91 (doc. n. 2), la lettera del 29/1/91 del Capo Servizio dell’EMS che informava il S. che non sarebbe stato più amministrato dall’Ente Minerario dall’1/1/91 quale beneficiario di cui alla L.R. n. 27 del 1984, art. 6 e della L.R. 10 agosto 1984, n. 46, art. 9 (doc. n. 3).

Inoltre, la difesa della ricorrente evidenzia che nel giudizio di appello aveva dedotto che, anche a voler ritenere sussistente l’ipotesi della risoluzione volontaria del rapporto, atta a giustificare l’accesso all’indennità una tantum, egualmente difettavano, nella fattispecie, i presupposti per la corresponsione di tale beneficio, atteso che alla data di decorrenza dello stesso, vale a dire dall’1/6/91, il S. si trovava già in pensione.

A conclusione del motivo la ricorrente chiede “la cassazione dell’impugnata sentenza perchè è inidonea a sorreggere la decisione di rigetto della domanda di ripetizione dell’indebito la motivazione che ritenga provato il fatto controverso e decisivo costituito dal titolo di risoluzione del rapporto di lavoro in forza di una erronea ricostruzione ed interpretazione del materiale istruttorio accolta dalla sentenza impugnata.” Un primo rilievo da fare è che la parte conclusiva del motivo non contiene un vero e proprio quesito, bensì la richiesta di cassazione della sentenza sulla base della supposta inidoneità della motivazione posta a fondamento della decisione di rigetto della domanda riconvenzionale; comunque, anche a voler equiparare la suddetta conclusione ad un quesito di diritto, questo, così come formulato, si rivela egualmente inammissibile, in quanto attraverso lo stesso non viene indicata la “regula iuris” ritenuta corretta in luogo di quella applicata nel procedimento impugnato, ma viene semplicemente contestata l’interpretazione del materiale istruttorio da parte del giudice d’appello, interpretazione che, in quanto asseritamente erronea, gli avrebbe fatto ritenere provato il titolo della risoluzione volontaria del rapporto. In ultima analisi la ricorrente si limita semplicemente a contrapporre la propria valutazione del materiale probatorio a quella eseguita dal giudice d’appello nella verifica della causa petendi rappresentata dal titolo della risoluzione del rapporto di lavoro, della quale doveva accertarsi la volontarietà o meno ai fini dell’accesso alla prestazione dell’indennità “una tantum”. Invero, è bene ricordare che “il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. deve comprendere l’indicazione sia della “regula iuris” adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo. La mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile”. (Cass. sez. 3, sent. n. 24339 del 30/9/2008).

In ogni caso, la stessa supposizione sull’erronea configurazione giudiziale del titolo della risoluzione del rapporto di lavoro non si rivela decisiva, in quanto non consente di superare, come di qui a poco si vedrà nella disamina del secondo motivo, la possibilità, normativamente prevista per il lavoratore prepensionato, di optare per l’indennità una tantum in costanza di regime di prepensionamento. Per completezza di disamina si osserva, infine, che manca la prova documentale della fruizione della pensione a decorrere dall’1/6/91, circostanza, questa, che venne dedotta dalla Resais solo in appello, in via subordinata, nel tentativo di eccepire una ulteriore causa di inammissibilità del beneficio dell’una tantum nell’ipotesi in cui la Corte territoriale avesse ritenuto configurabile la risoluzione volontaria del rapporto, per cui anche sotto tale aspetto il motivo di censura si rivela inammissibile.

2. Col secondo motivo la ricorrente denunzia l’errore e/o la falsa applicazione del combinato disposto della L.R. Sicilia 9 maggio 1984, n. 27, art. 6 e L.R. Sicilia 20 gennaio 1999, n. 5, art. 7 (art. 360 c.p.c., n. 3), chiedendo di verificare se “ai fini dell’utile esercizio del diritto di opzione a favore dell’indennità “una tantum” contemplata dalla L.R. Sicilia n. 27 del 1984, art. 6 – così come interpretata autenticamente – lo stato di prepensionamento del lavoratore debba essere o meno attuale. Il quesito riflette le critiche mosse al passaggio decisionale in cui si afferma che anche il godimento per un breve lasso di tempo dell’indennità di prepensionamento consente all’ex-dipendente di esercitare il diritto di opzione per l’indennità una tantum. Orbene, il principio affermato dalla Corte territoriale è senz’altro condivisibile, posto che la stessa norma di cui alla L.R. n. 5 del 1999, art. 7 prevede che l’opzione possa essere esercitata durante il periodo di prepensionamento, per cui a poco rileva la durata dello stesso finchè esso è in corso.

D’altra parte, il quesito, così come posto, nemmeno può ritenersi pienamente strumentale alla questione di fatto, dal momento che non contempla la parte della questione sollevata con riferimento al presunto contestuale godimento, a decorrere dall’1/6/91, della pensione di anzianità, rispetto alla quale, tra l’altro, alcuna prova è stata fornita; infatti, quest’ultima circostanza venne solo dedotta, ma non dimostrata. In ogni caso, rilevato che la domanda per il conseguimento dell’una tantum fu avanzata il 14/6/90, si può concludere affermando che il S. era allora ancora in semplice stato di prepensionamento, per cui era senz’altro legittimato ad esercitare l’opzione di cui trattasi per le ragioni sopra esposte. In effetti, la ricognizione normativa inerente la fattispecie in esame consente di appurare la fondatezza delle conclusioni cui è pervenuto il giudice d’appello: invero, la L.R. Sicilia 9 maggio 1984, n. 27 (Nuovi provvedimenti per il settore dello zolfo e per la ripresa economica delle zone ricadenti nei bacini minerari solfiferi), all’art. 6, intitolato “Risoluzione anticipata volontaria del rapporto di lavoro”, dispone: “Gli operai e gli impiegati… possono chiedere la risoluzione anticipata del rapporto di lavoro con il trattamento a carico del fondo di cui all’art. 11, comma 2, fino al compimento dell’età massima pensionabile … . In alternativa a quanto previsto dal precedente comma, il personale ivi indicato può chiedere la risoluzione anticipata del rapporto di lavoro con la corresponsione di una indennità una tantum aggiuntiva al trattamento di fine rapporto lavoro, a carico del fondo di cui all’art. 11, comma 2, pari al 50% dell’ammontare del trattamento previsto nel comma 1, maggiorato dell’ammontare di cui al comma 4 dell’articolo precedente.

Il beneficio di cui al precedente comma è concesso al personale già addetto al settore zolfifero che fruisca del trattamento speciale per la risoluzione anticipata del rapporto di lavoro … . Il beneficio è determinato sempre in relazione al 50% del periodo residuo del trattamento speciale medesimo”.

Da tutto ciò si deduce che l’indennità una tantum costituisce una capitalizzazione di quanto percepito mensilmente, e cioè della indennità di prepensionamento; trattasi pertanto di due benefici alternativi, come l’art. 6 sopra riportato testualmente li definisce, e non si può avere opzione se non tra due beni alternativi.

La L.R. Sicilia 10 agosto 1984, n. 46, art. 9 ha posto poi un limite alla capitalizzazione, disponendo che la indennità una tantum in questione è corrisposta nella misura del 50% dell’ammontare previsto dalla L.R. Sicilia 9 maggio 1984, n. 27, art. 9, comma 1, per un periodo massimo di dieci anni, a prescindere all’anzianità contributiva e comunque riferita al limite di 60 anni di età.

Infine, la L.R. Sicilia 20 gennaio 1999, n. 5, art. 7, comma 1, dispone: “Le opzioni per il diritto ad usufruire dell’indennità una tantum prevista dalla L.R. 9 maggio 1984, n. 27, art. 6, comma 2, applicate secondo i criteri indicati dalla L.R. 10 agosto 1984, n. 46, art. 9, comma 1 e successive modifiche e integrazioni, potevano essere esercitate durante il periodo di prepensionamento, siccome previsto dalla citata L.R. 9 maggio 1984, n. 27, art. 6, comma 3”.

Tra l’altro la L.R. n. 27 del 1984, art 6, comma 4, già prevede che il beneficio è commisurato al periodo residuo del trattamento speciale, proprio perchè si tratta di una capitalizzazione, per cui mai potrebbe configurarsi, per come la normativa è strutturata, una ipotesi di cumulabilità dei diversi benefici in questione.

Ne consegue che il ricorso va rigettato. , La mancata costituzione dell’intimato non consente la statuizione sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2011

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