Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29747 del 29/12/2020

Cassazione civile sez. II, 29/12/2020, (ud. 02/10/2020, dep. 29/12/2020), n.29747

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 23818/2016 R.G. proposto da:

B.M., c.f. (OMISSIS), B.G., c.f.

(OMISSIS), BA.GI., c.f. (OMISSIS) (tutti quali eredi di

B.A.), rappresentati e difesi in virtù di procura

speciale in calce al ricorso dall’avvocato professor Roberto Natoli,

ed elettivamente domiciliati in Roma, alla via Michele Mercati, n.

42, presso lo studio dell’avvocato Carlo Alfredo Rotili.

– ricorrenti –

contro

CO.FI. COSTRUZIONI F. s.r.l., in liquidazione, c.f. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza non definitiva n. 1297/2015 – Corte d’Appello di

Palermo;

avverso la sentenza definitiva n. 795/2016 – Corte d’Appello di

Palermo;

udita la relazione nella Camera di consiglio del 2 ottobre 2020 del

Consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con atto del 26.9.2005 B.M., B.G. e Ba.Gi., quali eredi del padre, B.A., citavano a comparire dinanzi al Tribunale di Palermo la “CO.FI. Costruzioni F.” s.r.l..

Esponevano che il loro genitore con scrittura del 17.12.1979 si era obbligato a trasferire alla società convenuta un lotto di terreno edificabile, in (OMISSIS); che la s.r.l. convenuta si era obbligata, a sua volta, a trasferire, quale corrispettivo, parte del fabbricato da realizzare sul terreno.

Esponevano che il loro genitore con atto pubblico del 15.12.1981 aveva trasferito alla società convenuta il lotto di terreno compromesso a fronte del versamento della somma di Lire 52.000.000; che con scrittura privata in pari data la s.r.l. convenuta si era obbligata a trasferire al loro dante causa tre unità immobiliari dell’edificio in corso di costruzione sul terreno acquistato per il corrispettivo di Lire 100.000.000, del cui versamento era stata rilasciata quietanza nella stessa scrittura.

Esponevano che con scrittura privata del 15.1.1985, costituente atto definitivo di vendita, era stata formalizzata la consegna ad essi attori delle unità abitative e che a decorrere da quella data gli immobili erano stati nella loro esclusiva disponibilità.

Chiedevano accertare e dichiarare il loro diritto di proprietà sulle tre unità immobiliari; in via subordinata, pronunciarsi sentenza ex art. 2932 c.c., idonea a trasferir loro il diritto di proprietà sulle tre unità immobiliari; in via ulteriormente subordinata, accertare e dichiarare l’intervenuto acquisto da parte loro, per usucapione, della proprietà delle tre unità immobiliari.

2. Si costituiva la “CO.FI. Costruzioni F.” s.r.l., in persona dell’amministratore giudiziario dei beni.

Instava per il rigetto delle avverse domande ed, in via riconvenzionale, per la condanna degli attori al rilascio degli immobili, in quanto occupati sine titulo, ed al risarcimento dei danni.

3. Con sentenza n. 2550/2009 l’adito tribunale rigettava la domanda esperita dagli attori in via principale, siccome – assumeva che – la scrittura in data 15.12.1981 costituiva un preliminare con effetti obbligatori, rigettava la domanda ex art. 2932 c.c., accoglieva la domanda volta all’accertamento dell’intervenuta usucapione, siccome – assumeva, tra l’altro, che – non poteva reputarsi atto interruttivo la trascrizione del sequestro in data 18.5.2004 eseguita a cura dell’amministrazione giudiziaria della “CO.FI.” s.r.l.

4. La “CO.FI. Costruzioni F.” s.r.l., in persona dell’amministratore giudiziario dei beni, proponeva appello.

5. Resistevano B.M., B.G. e Ba.Gi.; esperivano appello incidentale.

6. Nelle more del giudizio di appello il Tribunale di Palermo, con decreto n. 207/2010 – divenuto definitivo in data 26.9.2010 – revocava il sequestro dei beni immobili oggetto del giudizio.

Gli appellati chiedevano pertanto che fosse dichiarato il difetto di interesse e di legittimazione in capo all’amministratore giudiziario e dunque che fosse dichiarata la cessazione della materia del contendere.

7. Con sentenza non definitiva n. 1297/2015 la Corte d’Appello di Palermo, in riforma della gravata sentenza, rigettava le domande tutte esperite in prime cure dagli appellati ed, in accoglimento della riconvenzionale spiegata in primo grado dall’amministratore giudiziario della “CO.FI. Costruzioni F.” s.r.l., condannava gli appellati al rilascio degli immobili.

Evidenziava – tra l’altro – la corte che con la scrittura privata del 15.1.1985 le parti, conformemente alle previsioni del preliminare del 15.12.1981, avevano fatto luogo alla consegna degli immobili e definito, in via transattiva, le contestazioni che in sede di consegna erano insorte, sicchè, nonostante l’anticipato versamento del corrispettivo, era da escludere che la scrittura del 15.1.1985 avesse avuto l’effetto di anticipare il trasferimento del diritto.

8. All’esito dell’ulteriore corso del giudizio, con sentenza definitiva n. 795/2016 la Corte d’Appello di Palermo condannava B.M. a pagare alla “CO.FI. Costruzioni F.” s.r.l. la somma di Euro 36.549,48, oltre rivalutazione ed interessi legali, Ba.Gi. a pagare alla “CO.FI. Costruzioni F.” s.r.l. la somma di Euro 31.758,69, oltre rivalutazione ed interessi legali, B.G. a pagare alla “CO.FI. Costruzioni F.” s.r.l. la somma di Euro 38.823,68, oltre rivalutazione ed interessi legali; condannava gli appellati al pagamento delle spese del doppio grado.

9. Avverso ambedue le sentenze hanno proposto ricorso B.M., B.G. e Ba.Gi.; ne hanno chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione.

La “CO.FI. Costruzioni F.” s.r.l. in liquidazione non ha svolto difese.

10. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa fatto decisivo; il difetto di legittimazione attiva e di interesse ad agire in capo all’appellante “CO.FI. Costruzioni F.” s.r.l..

Deducono che il Tribunale di Palermo, nel procedimento in danno di F.G., con Decreto 2 agosto 2010, n. 207, divenuto definitivo in data 26.9.2010 per mancanza di opposizione, ha revocato il sequestro dei beni immobili oggetto del presente giudizio; che il Tribunale di Palermo, con il decreto n. 102/2015, ha espressamente escluso dalla confisca dei beni riconducibili a F.G. ed alla “CO.FI. Costruzioni F.” s.r.l. le tre unità immobiliari per le quali è la presente controversia.

Deducono che la corte distrettuale non ha per nulla esaminato e tenuto conto dei summenzionati decreti, benchè fossero stati debitamente allegati.

Deducono che viceversa, sulla scorta dei summenzionati decreti, la corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare il difetto di legittimazione attiva e di interesse ad agire in capo all’appellante “CO.FI. Costruzioni F.” s.r.l., in persona dell’amministratore giudiziario, ovvero dichiarare la cessazione della materia del contendere.

11. Il primo motivo di ricorso è destituito di fondamento.

12. Con il primo mezzo i ricorrenti, in fondo, denunciano una omessa pronuncia in ordine alle eccezioni pregiudiziali concernenti il preteso difetto di legittimazione attiva e di interesse ad agire in capo alla “CO.FI. Costruzioni F.”, in persona dell’amministratore giudiziario.

E tuttavia è sufficiente reiterare l’insegnamento di questa Corte a tenor del quale il vizio di omessa pronuncia è configurabile solo nel caso di mancato esame, da parte della sentenza impugnata, di questioni di merito e non già nel caso di mancato esame di eccezioni pregiudiziali di rito (cfr. Cass. 23.1.2009, n. 1701; Cass. 26.9.2013, n. 22083, secondo cui il vizio di omissione di pronuncia non è configurabile su questioni processuali; cfr. Cass. 25.1.2018, n. 1876).

13. In pari tempo non vi è nessuna ragione per ritenere che la “CO.FI. Costruzioni F.” s.r.l., seppur in persona dell'(organo di gestione e rappresentanza costituito dall’)amministratore giudiziario, non avesse legittimazione o interesse a resistere all’appello esperito dagli eredi B. pur a seguito e del decreto n. 207/2010, di revoca del sequestro limitatamente ai cespiti immobiliari de quibus agitur, e del decreto n. 102/2015, recante espressa esclusione dei cespiti de quibus dalla confisca dei beni riconducibili a F.G. ed alla stessa “CO.FI. Costruzioni F.” s.r.l..

14. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1158 c.c..

Deducono che ha errato la Corte di Palermo a reputare insussistenti i presupposti per la declaratoria di intervenuta usucapione.

Deducono invero che hanno dato piena prova dell’ultraventennale possesso animo domini esclusivo, pacifico, pubblico, continuo ed ininterrotto.

Deducono che del resto con testamento pubblico del 22.4.1997 B.A., loro genitore, ha disposto in loro favore dei cespiti de quibus.

15. Il secondo motivo di ricorso del pari è destituito di fondamento.

16. Va innanzitutto rimarcato che con la statuizione non definitiva la corte territoriale non solo ha puntualizzato che la scrittura del 15.1.1985, in guisa di mero contratto di comodato, era valsa unicamente ad attribuire agli appellati la detenzione qualificata degli immobili per cui controversia. Ma ha soggiunto che gli appellati neppure avevano allegato di aver agito da proprietari e quindi “di aver esercitato le corrispondenti facoltà, così da potere configurare una situazione possessoria utile ai fini dell’usucapione” (così sentenza d’appello non definitiva, pag. 3).

In questi termini, innegabilmente, il motivo in disamina non si correla alla ratio decidendi (cfr. Cass. (ord.) 10.8.2017, n. 19989, secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, è necessario che venga contestata specificamente la “ratio decidendi” posta a fondamento della pronuncia impugnata).

17. In ogni caso è indubitabile che il motivo in disamina, nonostante la formulazione della rubrica, prefigurante un preteso error in iudicando, in realtà prospetta un errore asseritamente inficiante il giudizio “di fatto” cui la corte di merito avrebbe atteso in ordine alla ritenuta insussistenza delle condizioni dell’invocato acquisto per usucapione.

Più esattamente l’errore che si assume inficiante il giudizio “di fatto”, è addotto alla stregua e sulla scorta della presunta omessa, erronea valutazione di un complesso di risultanze istruttorie (id est, delle scritture private attestanti la reale volontà delle parti, dell’atto di disposizione testamentaria di B.A., della dichiarazione di successione con il pagamento delle relative imposte, dell’intestazione delle utenze, dei certificati di residenza storica, della mancata formulazione di pretese di sorta da parte della “CO.FI. Costruzioni F.”: cfr. ricorso, pag. 11).

E tuttavia il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153).

In questo quadro è doveroso puntualizzare, comunque, che la denunzia di successione esplica efficacia essenzialmente a fini fiscali (cfr. Cass. 29.7.2004, n. 14395).

18. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli art. 1351 e 1362 c.c..

Deducono che in data 15.12.1981, contestualmente alla stipula dell’atto pubblico di vendita del terreno, le parti stipularono la scrittura di vendita degli appartamenti da realizzare con integrale versamento del prezzo.

Deducono che, alla stregua della comune intenzione dei contraenti ed alla luce del loro comportamento successivo, la corte distrettuale – tanto più sulla scorta della denunzia di successione e dei certificati storici di residenza che hanno provveduto a presentare e ad allegare – avrebbe dovuto qualificare la suddetta scrittura, così come integrata dalla successiva scrittura del 15.1.1985, quale vero e proprio atto di vendita.

19. Il terzo motivo di ricorso parimenti è destituito di fondamento.

20. Questa Corte non può che ribadire i propri insegnamenti.

Ovvero in primo luogo l’insegnamento a tenor del quale lo stabilire se le parti abbiano inteso stipulare un contratto definitivo o dar vita ad un contratto preliminare di compravendita, rimettendo l’effetto traslativo ad una successiva manifestazione di consenso, si risolve in un accertamento “di fatto” riservato al giudice di merito; e secondo cui tale accertamento è incensurabile in sede di legittimità, se è sorretto da una motivazione esente da vizi logici, recte – al cospetto del novello dettato dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – esente da forme di “anomalia” motivazionale rilevanti del segno della pronuncia delle sezioni unite di questa Corte n. 8053 del 7.4.2014, e sia il risultato di un’interpretazione condotta nel rispetto delle regole di ermeneutica contrattuale dettate dagli art. 1362 ss. c.c. (cfr. Cass. 17.1.2001, n. 564; Cass. 21.5.2002, n. 7429; Cass. 20.11.2007, n. 24150; Cass. 31.10.2014, n. 23142).

Ovvero in secondo luogo l’insegnamento a tenor del quale nè la censura ex n. 3 nè la censura ex n. 5 dell’art. 360 c.p.c., comma 1, possono risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione; d’altronde, per sottrarsi al sindacato di legittimità, sotto entrambi i cennati profili, quella data dal giudice al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178; cfr. Cass. 2.5.2006, n. 10131).

21. Nel solco delle riferite indicazioni giurisprudenziali si rileva quanto segue.

Da un lato, l’interpretazione patrocinata dalla corte territoriale è in toto inappuntabile, giacchè non si prospetta in spregio ad alcun criterio ermeneutico legale e va senz’altro esente da qualsivoglia forma di “anomalia” motivazionale.

Dall’altro, le censure dai ricorrenti addotte si risolvono, in fondo, nella prefigurazione della maggior plausibilità dell’opzione esegetica di segno contrario.

22. La “CO.FI. Costruzioni F.” s.r.l. in liquidazione non ha svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità va assunta.

23. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, con vincolo solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell”art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

PQM

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, con vincolo solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 2 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2020

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