Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29746 del 19/11/2018

Cassazione civile sez. I, 19/11/2018, (ud. 28/09/2018, dep. 19/11/2018), n.29746

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27892/2013 proposto da:

Banca Agricola Popolare di Ragusa soc. coop., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via

Cola di Rienzo n. 111, presso lo studio dell’avvocato D’Amato

Domenico, rappresentata e difesa dagli avvocati Mirone Aurelio e

Salanitro Ugo Antonino, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento di F.G., in persona del curatore dott.

T.S., elettivamente domiciliato in Roma, via dei Gracchi n. 187,

presso lo studio dell’avvocato Magnano di San Lio Marcello,

rappresentato e difeso dall’avvocato Monaco Crea Antonino, giusta

procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

Banca Agricola Popolare di Ragusa soc. coop., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via

Cola di Rienzo n. 111, presso lo studio dell’avvocato D’Amato

Domenico, rappresentata e difesa dagli avvocati Mirone Aurelio e

Salanitro Ugo Antonino, giusta procura a margine del ricorso

principale;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 468/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 01/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/09/2018 dal cons. ALDO ANGELO DOLMETTA;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. CAPASSO LUCIO, che ha chiesto il rigetto

del ricorso principale e il rigetto del ricorso incidentale.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- Nel marzo del 2001 il fallimento di F.G., nella persona del suo curatore, ha convenuto in giudizio avanti al Tribunale di Catania la Banca Agricola Popolare di Ragusa, chiedendo la revoca ex art. 67 L. Fall., comma 2, di due rimesse di conto corrente, nonchè di una cessione solutoria di crediti, vantati dal soggetto successivamente fallito nei confronti del Comune di Pachino.

Con sentenza del 28 ottobre 2005, l’adito Tribunale ha dichiarato l’inefficacia di una delle rimesse, per le quali era stata richiesta la revoca, e della cessione di credito, respingendo per contro la domanda relativa all’altra rimessa di conto, che ha ritenuto possedere natura ripristinatoria.

2.- Con pronuncia dell’1 marzo 2013, la Corte di Appello di Catania ha confermato la decisione del giudice di primo grado (salvo che per il punto della regolamentazione delle spese di giudizio), così respingendo sia l’appello principale presentato dalla Banca, sia quello incidentale proposto dal fallimento (fuor che per le spese).

3.- Quanto all’appello principale, la Corte territoriale ha, in particolare, rilevato la tardività della produzione del documento raffigurante un contratto di apertura di credito tra le parti, perchè effettuata dalla Banca solo in sede di memoria ex art. 184 c.p.c., (regime vigente all’epoca). Ha altresì confermato la natura solutoria della cessione di credito, escludendo che la stessa potesse essere ricostruita coma cessione in garanzia, secondo la tesi svolta dalla Banca.

Ha riscontrato, inoltre, la sussistenza del requisito della scientia decoctionis: rilevando che l’assunto della Banca – per cui era stata data rilevanza a un “pignoramento immobiliare isolato trascritto tre anni prima degli atti oggetto di revocatoria” – non teneva conto del fatto, in sè decisivo, che il detto pignoramento “era ancora esistente all’epoca in cui furono compiuti gli atti oggetto di revocatoria”.

4.- Quanto poi all’appello incidentale, la Corte catanese ha rilevato che – ai fini del riscontro della natura ripristinatoria o invece solutoria delle rimesse di conto corrente – non conta il tempo in cui è avvenuta l’erogazione, come invece sosteneva il fallimento, ma unicamente quello del relativo versamento.

5.- Contro la decisione della Corte di Appello di Catania è insorta la Banca Agricola, con ricorso affidato allo svolgimento di quattro motivi di cassazione.

Resiste il fallimento, con controricorso a cui è stato congiunto un motivo di ricorso incidentale.

La Banca ha depositato controricorso ex art. 371 c.p.c., comma 4. Il fallimento ha depositato memoria.

6.- Il ricorso principale denunzia i vizi che qui di seguito vengono richiamati.

Il primo motivo risulta intestato “violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione agli artt. 167,183,184 e 345 c.p.c.)”. Lo stesso rileva che la sentenza impugnata ha errato nel considerare tardiva la produzione documentale del contratto di apertura di credito in sede di memoria ex art. 184 c.p.c., (nel regime allora vigente) e nel non avere considerato che lo stesso era “stato prodotto nuovamente con l’atto di appello”.

Il secondo motivo lamenta “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, circa la rilevanza della produzione del contratto in sede di appello – artt. 167,183,184e 354 c.p.c.)”. L’omesso esame invocato consiste, secondo la prospettazione adottata dal motivo, nella mancata pronuncia sull'”ammissibilità della produzione documentale richiamata nell’atto di appello”.

Il terzo motivo e il quarto motivo contestano a decisione della Corte territoriale relativa alla sussistenza della scientia decoctionis: uno sotto i profilo della violazione dell’art. 67 L. Fall. e art. 2729 c.c., (con riguardo alla valenza significativa del pignoramento immobiliare); l’altro sotto quello dell’omesso esame di fatto decisivo, che il motivo individua nella mancata “dimostrazione della sussistenza del requisito legale della conoscenza effettiva ex art. 67 L. Fall.”.

7.- Il motivo del ricorso incidentale assume “violazione dell’art. 67 L. Fall., dell’art. 1842 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”.

Nella sostanza, il motivo riscontra che la Corte territoriale ha errato nel non tenere conto “della peculiarità del caso de quo, nel quale l’apertura di credito era intervenuta su un conto già scoperto, sicchè il debito del F., nascente da uno scoperto del conto corrente semplice anteriore al contratto di apertura di credito, non poteva essere fatto rientrare in detto nuovo contratto e “confuso” con le operazioni proprie di esso”.

8.- In relazione ai motivi del ricorso principale e a quello del ricorso principale, il Procuratore Generale ha rassegnato le conclusioni che di seguito vengono, nei loro termini essenziali, ritrascritte.

Per il ricorso principale, “rigetto dei primi due motivi del ricorso principale, la cui congiunta analisi è giustificata dall’intima connessione dei temi involti. Ora, premesso che il giudizio di primo grado si è svolto anteriormente alle modifiche apportate agli artt. 183 e 184 c.p.c., con L. 28 dicembre 2005, n. 263, va osservato che nel costituirsi in giudizio di primo grado la Banca (odierna ricorrente) aveva dedotto che il contratto di conto corrente n. (OMISSIS) era assistito da una apertura di credito di Lire 125 milioni (operata in data (OMISSIS)). L’esistenza di altro fido, diverso per importo (80 milioni di Lire) e per data di concessione ((OMISSIS)) viene dedotta per la prima volta in sede di memorie ex art. 184 c.p.c.: trattasi, dunque, non di semplice immissione di nuove “prove” ma di “allegazione” di fatti diversi da quelli prospettati dalla convenuta Banca, anteriormente. Ma anche ove il tutto si dovesse ricondurre nell’ambito delle “prove” sta di fatto che il contratto afferente la concessione del fido di 80 milioni di Lire risultava privo di data e tradiva l’ulteriore produzione di copia munita di data apposta con timbro”.

“Rigetto del terzo e del quarto motivo del ricorso principale anch’essi da analizzarsi congiuntamente per la connessione dei temi involti, riflettenti la scientia decotionis; entrambe le censure, prospettate l’una come violazione di legge e l’altra come omesso esame di un fatto decisivo si risolvono nella sollecitazione di un novello scrutinio delle risultanze istruttorie per inferire la mancanza di conoscenza, da parte della Banca, dell’insolvenza del correntista”. “Si soggiunga che la Corte distrettuale ha argomentatamente desunto dal pignoramento immobiliare, risalente nel tempo ed ancora esistente al momento in cui erano stati compiuti gli atti oggetto dell’azione revocatoria, la conoscenza dello stato di insolvenza del correntista. Trattasi di un unico elemento, ma che per la sua precisione e gravità, risulta idoneo a concretare la prova presuntiva, vieppiù ove si considerino le capacità di analisi di dati economici da parte di operatori professionali quali la Banca, che dispongono anche di strumenti atti ad interpretarli. La valutazione di idoneità o meno dell’elemento indiziario costituisce apprezzamento di fatto, sorretto, nel caso di specie, da adeguata motivazione e non censurabile nella presente sede di legittimità”.

Quanto al ricorso incidentale, poi, “rigetto dell’unico motivo: ed infatti la Corte distrettuale si è allineata ai principi giurisprudenziali della S.C., secondo i quali per riconoscere natura “solutoria” oppure “ripristinatoria” della rimessa eseguita dal correntista non è dirimente il momento in cui sorge il debito, ma quello in cui esso viene estinto, sicchè se a tale data il correntista risulta “affidato” la rimessa non potrà avere alcuna funzione “solutoria”. La Corte distrettuale ha, inoltre, affermato che mancava la prova che la Banca avesse consentito al correntista la scopertura in epoca antecedente al (OMISSIS) e tale conclusione costituisce valutazione delle risultanze istruttorie e, in ogni caso, l’aver concesso il fido a scopertura già avvenuta, non esclude che la rimessa, operata dopo la concessione del fido, abbia efficacia ripristinatoria e non solutoria”.

8.- Il Collegio condivide pienamente quanto appena sopra riportato e se ne appropria.

9.- In conclusione, va respinto il ricorso principale e va respinto il ricorso incidentale.

Posta la soccombenza reciproca delle parti, trova applicazione la norma dell’art. 92 c.p.c., comma 2, con intera compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale. Ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, compensa per intero tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale; dà pure atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i1 ricorso incidentale. Il tutto a mente del detto art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione civile, il 28 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2018

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