Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29746 del 12/12/2017

Civile Sent. Sez. 2 Num. 29746 Anno 2017
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: SCARPA ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso 4723-2015 proposto da:
E.R.,
Y.K.
rappresentati e difesi dall’avvocato
O.P.;
– ricorrenti contro

L.O.,
Q.G., presso lo studio dell’avvocato
E.Q., rappresentata e difesa dall’avvocato
U.D.;
– controricorrente nonchè contro

EREDI A.P.;

 

– intimati –

Data pubblicazione: 12/12/2017

avverso la sentenza n. 266/2014 della CORTE D’APPELLO di
TRENTO, depositata il 04/09/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
25/10/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale

rigetto del ricorso;
uditi gli Avvocati V. e D.
FATTI DI CAUSA
E.R.  e Y.K., il primo anche quale erede di
I.C., hanno proposto ricorso articolato in tre motivi
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Trento n.
266/2014 del 4 settembre 2014, la quale, in riforma della
pronuncia di primo grado resa dal Tribunale di Trento – Sezione
distaccata di Cavalese – ha dichiarato cessata tra le parti la
materia del contendere in ordine alla domanda, proposta da
E.R. e Y.K., di revocatoria dell’atto di
compravendita del 25 settembre 2000 intercorso fra gli
alienanti I.C. e P.A. e la compratrice L.O..
L.O. si difende con controricorso. Rimangono
intimati, senza svolgere difese, gli “eredi di P.A.”.
La Corte d’appello di Trento ha dichiarato cessata la materia
del contendere, in quanto risultava passata in giudicato la
sentenza della stessa Corte di Trento del 19 luglio 2012, n.
253/2012, che aveva dichiarato nulla o comunque inefficace la
compravendita del 25 settembre 2000, la cui inefficacia era
stata richiesta nel presente giudizio da E.R. e Y.K.
assumendo che l’atto di disposizione arrecasse
pregiudizio alle loro ragioni di credito verso gli alienanti I.C. e P.A..
La Corte d’appello ha quindi poi preso in
Ric. 2015 n. 04723 sez. 52 – ud. 25-10-2017
-2-

Dott. Corrado Mistri che ha concluso per l’inammissibilità o il

esame i motivi di gravame ai soli fini della liquidazione sulle
spese, concludendo per l’assoluto difetto di prova dei crediti
dedotti in lite.
Le parti hanno presentato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE

deduce l’omesso esame di due fatti decisivi ex art. 360,
comma 1, n. 5, c.p.c. Si lamenta che la Corte d’appello abbia
dichiarato cessata la materia del contendere senza tener conto
della ricognizione di debito operata da I.C. e P.A.,
né valutare la diversità dei crediti oggetto di questa
causa rispetto a quelli consacrati in altro giudicato. Con
riguardo agli stessi crediti dei ricorrenti si contesta l’omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione.
Il secondo motivo di ricorso assume in rubrica la “violazione di
legge per la ritenuta sussistenza del giudicato estremo (recte,
esterno) tra la sentenza n. 531/2022 (2002) del Tribunale di
Trento e l’oggetto della presente vertenza”.
Il terzo motivo denuncia la violazione di legge per mancata
autorizzazione alla produzione di documenti essenziali per la
decisione.
I tre

motivi

di

ricorso

possono essere esaminati

congiuntamente, in quanto connessi e tutti soggetti ad un
rilievo di carattere pregiudiziale.
La Corte d’Appello di Trento ha considerato che il passaggio in
giudicato di una sentenza dichiarativa della nullità o inefficacia
della compravendita oggetto di azione revocatoria avesse
determinato la cessazione della materia del contendere con
riferimento a quest’ultima, atteso che, nella sostanza,
l’accertamento della nullità o inefficacia dell’atto di disposizione

Ric. 2015 n. 04723 sez. 52 – ud. 25-10-2017
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Il primo motivo di ricorso di E.R. e Y.K.

impugnato priva quest’ultimo della capacità di apportare alcuna
modificazione della situazione giuridica dell’alienante.
Tale pronunzia ha pertanto affermato che fosse venuto meno il
dovere del giudice di pronunziare sul merito della domanda,
essendo cessato per le parti l’interesse alla decisione, con

della cessazione della materia del contendere. Di tale sentenza
le parti potevano allora dolersi in sede di impugnazione solo
contestando l’esistenza del presupposto per emetterla,
risultando invece precluso per difetto di interesse ogni altro
motivo di censura, ivi compresi quelli, spiegati nel ricorso in
esame, attinenti alla sussistenza della prova delle ragioni di
credito necessarie ai fini dell’azione revocatoria ordinaria,
atteso che è comunque onere della parte, che contesti la
decisione per questioni di merito, impugnare preliminarmente
la declaratoria di cessazione della materia del contendere
(Cass. Sez. U, 09/07/1997, n. 6226, Cass. Sez. 3, 01/06/2004,
n. 10478; Cass. Sez. 1, 28/05/2012, n. 8448; Cass. Sez. 6 – L,
13/07/2016, n. 14341).
Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile e le spese del
giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, vengono
regolate secondo soccombenza.
Sussistono le condizioni, con riferimento al ricorso n. R.G.
16094/2013 per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17,
della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il
comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30
maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte dei
ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente
rigettata.
P.Q.M.
Ric. 2015 n. 04723 sez. 52 – ud. 25-10-2017
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conseguente sentenza finale di rito, quale quella dichiarativa

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna in solido i
ricorrenti a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute
nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi C
5.200,00, di cui C 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e
ad accessori di legge.

2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del
2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso,
a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda
sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 25 ottobre
2017.
Il Consigliere estensore
Dott Antonio scarpa

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del

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