Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29744 del 29/12/2020

Cassazione civile sez. II, 29/12/2020, (ud. 27/10/2020, dep. 29/12/2020), n.29744

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 11494/2016 R.G. proposto da:

LABORATORIO di RICERCHE CLINICHE Dott. L. s.r.l., in persona

del legale rappresentante pro tempore, p.i.v.a. (OMISSIS),

rappresentato e difeso disgiuntamente e congiuntamente in virtù di

procura speciale in calce al ricorso dall’avvocato Daniela Mazzuca,

e dall’avvocato Guido Cammarella, ed elettivamente domiciliato in

Roma, alla via Monteverde, n. 4, presso lo studio dell’avvocato

Annita Cammarella;

– ricorrente –

contro

LE.MA.CR., c.f. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

Roma, al corso Vittorio Emanuele II, n. 269, presso lo studio

dell’avvocato professor Romano Vaccarella, che la rappresenta e

difende in virtù di procura speciale su foglio separato in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 384 dei 10.7/29.10.2015 della Corte d’Appello

di Lecce, sezione distaccata di Taranto;

udita la relazione nella Camera di consiglio del 27 ottobre 2020 del

Consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con ricorso al Tribunale di Taranto l’avvocato Le.Ma.Cr. chiedeva ingiungersi al “Laboratorio di Ricerche Cliniche Dott. L.” s.r.l. il pagamento della somma di Euro 3.875,72, oltre accessori e spese di procedura.

Esponeva che aveva svolto attività professionale dinanzi al T.A.R. di Catanzaro e poi dinanzi al Consiglio di Stato per conto dell'”Associazione Strutture Specialistiche Accreditate”, con sede in (OMISSIS), associazione cui erano iscritti diciotto laboratori di ricerche cliniche, tra cui il “Laboratorio di Ricerche Cliniche Dott. L.” s.r.l..

Esponeva che il compenso dovutole, come da parere di congruità del consiglio dell’ordine, era pari nel complesso ad Euro 41.177,00, oltre diritti ed accessori, per la fase cautelare dinanzi al t.a.r. e ad Euro 25.795,00, oltre diritti ed accessori, per la fase cautelare dinanzi al Consiglio di Stato.

2. Con decreto n. 399/2007 il tribunale pronunciava l’ingiunzione.

3. Il “Laboratorio di Ricerche Cliniche Dott. L.” s.r.l. si opponeva.

Deduceva che l'”Associazione Strutture Specialistiche Accreditate” aveva stipulato con l’avvocato Le. in data 27.7.2004 apposita convenzione alla cui stregua gli onorari sarebbero stati computati ai valori minimi di tariffa in caso di esito sfavorevole dell’azione esperita; che l’istanza cautelare dinanzi al T.A.R. di Catanzaro era stata respinta ed essa opponente non aveva inteso conferire mandato all’avvocato Le. per l’appello cautelare dinanzi al Consiglio di Stato; che non era possibile identificare, alla stregua delle parcelle e del parere del consiglio dell’ordine, quali fossero le voci richieste e da liquidare; che era senz’altro onere dell’opposta dar prova dello svolgimento dell’attività da remunerare; che l’avvocato Le. aveva predisposto un unico ricorso a favore di più parti aventi la medesima posizione processuale; che, all’atto del conferimento della procura, ciascun laboratorio aveva corrisposto all’opposta la somma di Euro 512,00, per un totale di Euro 9.728,00, sicchè gli importi già versati valevano a soddisfare qualsivoglia avversa pretesa.

Chiedeva revocarsi l’ingiunzione con il favore delle spese e con condanna dell’opposta al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c..

4. Le.Ma.Cr. si costituiva. Instava per il rigetto dell’avversa opposizione.

5. Disattesa l’istanza di riunione del giudizio di opposizione alle ulteriori opposizioni proposte dagli altri laboratori di ricerche cliniche avverso le analoghe distinte ingiunzioni pronunciate in favore dell’avvocato Le., acquisite, in esecuzione dell’ordine di esibizione, le fatture emesse dall’opposta nel periodo 2004/2008, con sentenza n. 2407/2010 il Tribunale di Taranto accoglieva l’opposizione, revocava l’ingiunzione, condannava l’opposta alle spese di lite ed al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c., quantificati in Euro 2.000,00.

6. Proponeva appello l’avvocato Le.Ma.Cr.. Resisteva il “Laboratorio di Ricerche Cliniche Dott. L.” s.r.l..

7. Con sentenza dei 10.7/29.10.2015 la Corte d’Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, accoglieva in parte il gravame e, per l’effetto, in parziale accoglimento dell’iniziale opposizione, revocava l’ingiunzione e condannava il “Laboratorio di Ricerche Cliniche Dott. L.” s.r.l. a pagare all’avvocato Le.Ma.Cr. la somma di Euro 736,52, oltre interessi dal 5.12.2006, rigettava l’istanza risarcitoria ex art. 96 c.p.c., dell’appellata e compensava integralmente le spese di ambedue i gradi di giudizio.

8. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il “Laboratorio di Ricerche Cliniche Dott. L.” s.r.l.; ne ha chiesto sulla scorta di cinque motivi la cassazione con ogni conseguente provvedimento anche in ordine alle spese.

Le.Ma.Cr. ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

9. La controricorrente ha depositato memoria.

10. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 645 c.p.c..

Deduce che l’avvocato Le. non ha fornito alcuna prova delle attività giudiziali svolte e di cui pretende il pagamento.

Deduce che, contrariamente all’assunto della corte d’appello, non era tenuto a contestare le attività giudiziali indicate nell’istanza di liquidazione dell’avvocato Le., siccome il novello disposto dell’art. 115 c.p.c., non si applica ratione temporis al caso di specie.

Deduce che controparte avrebbe dovuto previamente allegare e provare le singole prestazioni professionali svolte e che è sufficiente una generica e globale contestazione, viepiù attesa l’impossibilità di formulare contestazioni specifiche alle “specifiche” predisposte dall’avvocato Le..

11. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2233 c.c..

Deduce che l’avvocato Le. aveva concordato con i laboratori patrocinati e quindi pur con il “Laboratorio di Ricerche Cliniche Dott. L.” che il compenso sarebbe stato determinato come da art. 5 della convenzione siglata con l'”Associazione Strutture Specialistiche Accreditate” ovvero alla stregua dei valori minimi della tariffa in caso di esito sfavorevole dell’azione esperita.

Deduce quindi che la determinazione del compenso ad opera delle parti, giusta il disposto dell’art. 2233 c.c. e la gerarchia dei parametri liquidatori quivi prefigurata, rende inoperante il riferimento alle tariffe.

12. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e del D.M. n. 127 del 2004, art. 5, comma 4.

Deduce che non sussistevano le condizioni per l’applicazione dell’aumento percentuale del compenso correlato al numero delle parti assistite, siccome il ricorso al t.a.r. “concerneva l’impugnativa di atti amministrativi di carattere generale” (così ricorso, pag. 21).

Deduce che la corte di merito per nulla ha esplicitato le ragioni per cui ha inteso accordare il surriferito aumento; che l’avvocato Le. non ha dato prova di aver assistito più parti processuali; che la corte distrettuale non ha specificato i criteri sulla cui scorta è pervenuta alla determinazione dell’onorario complessivo nella misura di Euro 16.065,00 per diciannove parti; che in ogni caso l’aumento percentuale correlato al numero delle parti assistite doveva computarsi sulla base dell’onorario minimo.

13. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1292 c.c..

Premette che, nell’ipotesi in cui l’avvocato assista più parti aventi la stessa posizione processuale, l’obbligazione al pagamento del compenso professionale deve, contrariamente all’assunto della corte territoriale, che ha opinato per la divisibilità, considerarsi solidale.

Indi deduce che nella fattispecie è stata acquisita, in esito all’ordine di esibizione pronunciato dal primo giudice, prova documentale dell’esecuzione, per la prestazione professionale per cui è controversia, in favore dell’avvocato Le. di pagamenti per complessivi Euro 29.178,74, al netto della ritenuta d’acconto. Deduce ancora che siffatta documentazione è stata del tutto ignorata dalla Corte di Taranto.

14. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 96 c.p.c..

Deduce che, se il preteso credito è causalmente unitario, il processo che deve tendere a soddisfarlo, non può che essere unitario, sicchè l’avvocato Le. avrebbe dovuto richiedere un’unica ingiunzione a carico di più parti.

Deduce quindi che ha errato la corte tarantina ad espungere la condanna al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c..

15. Il primo motivo di ricorso è fondato e meritevole di accoglimento; il suo buon esito assorbe e rende vana la disamina degli ulteriori motivi.

16. Evidentemente questa Corte non può che reiterare il suo più recente insegnamento.

Ovvero l’insegnamento secondo cui, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di prestazioni professionali, ogni contestazione, anche generica, in ordine all’espletamento e alla consistenza dell’attività, è idonea e sufficiente ad investire il giudice del potere – dovere di verificare anche il “quantum debeatur” senza incorrere nella violazione dell’art. 112 c.p.c. (cfr. Cass. 11.1.2016, n. 230; Cass. 15.2.2010, n. 3463; Cass. 30.7.2004, n. 14556, secondo cui, in tema di opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di prestazioni professionali, la parcella corredata dal parere del competente consiglio dell’ordine di appartenenza del professionista, mentre ha valore di prova privilegiata e carattere vincolante per il giudice ai fini della pronuncia dell’ingiunzione, non ha – costituendo semplice dichiarazione unilaterale del professionista – valore probatorio nel successivo giudizio di opposizione, nel quale il creditore opposto assume la veste sostanziale di attore e su di lui incombono i relativi oneri probatori ex art. 2697 c.c., ove vi sia contestazione da parte dell’opponente in ordine all’effettività ed alla consistenza delle prestazioni eseguite o all’applicazione della tariffa pertinente ed alla rispondenza ad essa delle somme richieste; al fine, inoltre, di determinare il suddetto onere probatorio a carico del professionista e di investire il giudice del potere – dovere di verificare la fondatezza della contestazione mossa dall’opponente, non è necessario che quest’ultima abbia carattere specifico, essendo sufficiente anche una contestazione di carattere generico; Cass. 25.6.2003, n. 10150).

17. Su tale scorta si osserva quanto segue.

Per un verso, va appieno condiviso il rilievo della s.r.l. ricorrente – invero ancorato alle surriferite indicazioni giurisprudenziali – circa la sufficienza e l’idoneità di una contestazione pur di carattere generico in ordine all'”an” ed al “quantum” della prestazione professionale per la quale l’avvocato domanda il compenso, contestazione siffatta che, evidentemente, nel caso di specie senza dubbio vi è stata (cfr. sentenza d’appello, pagg. 2 – 4).

Per altro verso, va in toto condiviso l’ulteriore rilievo della società ricorrente – del pari ancorato alle medesime indicazioni giurisprudenziali – circa l’onere di allegazione e di dimostrazione, da parte dell’avvocato, delle singole prestazioni professionali svolte.

Per altro verso ancora, va inevitabilmente rimarcata la sostanziale carenza del doveroso accertamento, in parte qua agitur, da parte della corte tarantina, che, anzichè provvedere, come da suo potere – dovere, al riscontro delle prestazioni in concreto eseguite dall’avvocato Le.Ma.Cr. e dunque al riscontro della “consistenza” dell’opera professionale, onde poi procedere alla puntuale quantificazione del compenso, si è limitata, in sede di determinazione del quantum debeatur, a prendere atto tout court, siccome – ha assunto – “incontestate”, delle “attività giudiziali indicate nell’istanza di liquidazione compensi al Consiglio dell’Ordine” (così sentenza d’appello, pag. 12).

Sussistono dunque gli errores denunciati con il primo mezzo.

18. In accoglimento e nei limiti del primo motivo del ricorso la sentenza n. 384 dei 10.7/29.10.2015 della Corte d’Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, va cassata con rinvio alla stessa sezione distaccata della medesima corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

19. All’enunciazione, in ossequio alla previsione dell’art. 384 c.p.c., comma 1, del principio di diritto – al quale ci si dovrà uniformare in sede di rinvio – può farsi luogo per relationem, nei medesimi termini espressi dalle massime desunte dagli insegnamenti di questa Corte n. 230/2016, n. 14556/2004 e n. 10150/2003 dapprima citati.

20. In dipendenza del buon esito del ricorso non sussistono i presupposti perchè, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la s.r.l. ricorrente sia tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit..

P.Q.M.

La Corte così provvede:

accoglie il primo motivo di ricorso, cassa in relazione e nei limiti del medesimo motivo la sentenza n. 384 dei 10.7/29.10.2015 della Corte d’Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, e rinvia alla stessa sezione distaccata della medesima corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità;

dichiara assorbiti il secondo, il terzo, il quarto ed il quinto motivo del ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2020

 

 

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