Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29743 del 29/12/2020

Cassazione civile sez. II, 29/12/2020, (ud. 27/10/2020, dep. 29/12/2020), n.29743

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 13181/2016 R.G. proposto da:

E.G., titolare dell’omonima impresa edile artigiana,

p.i.v.a. (OMISSIS), rappresentato e difeso in virtù di procura

speciale a margine del ricorso dall’avvocato Domenico De Chiaro, ed

elettivamente domiciliato presso la cancelleria della Corte di

cassazione;

– ricorrente –

contro

Z.N., c.f. (OMISSIS), D.C.L., c.f. (OMISSIS),

D.C.M., c.f. (OMISSIS), D.C.S., c.f.

(OMISSIS), (tutti quali eredi di D.C.U.),

rappresentati e difesi in virtù di procura speciale in calce alla

memoria di costituzione in data 11.10.2016 dall’avvocato Sergio

Marchitto, ed elettivamente domiciliati in Roma, alla via Pietro

Mascagni, n. 142, presso lo studio dell’avvocato Chiara Marchesini.

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 954/2016 del Tribunale di Benevento;

udita la relazione nella Camera di consiglio del 27 ottobre 2020 del

Consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con atto notificato il 2.11.2004 E.G., titolare dell’omonima impresa edile artigiana, citava a comparire innanzi al Giudice di Pace di Benevento D.C.U..

Esponeva che aveva eseguito i lavori di costruzione di un muro di recinzione dinanzi all’abitazione del convenuto, sul fronte della strada provinciale “(OMISSIS)”; che il convenuto non aveva provveduto a pagargli il corrispettivo dovuto, pari, giusta fattura n. (OMISSIS), ad Euro 1.440,00.

Chiedeva che il convenuto fosse condannato a pagargli l’importo anzidetto.

2. Si costituiva D.C.U..

Deduceva che aveva somministrato acqua ed energia elettrica in occasione dei lavori dall’attore eseguiti presso un’attigua abitazione; che nell’esecuzione di tali lavori gli erano stati arrecati molteplici danni.

Deduceva che l’attore aveva provveduto alla realizzazione del muro onde, in tal guisa, ricompensarlo; che il muro non era stato realizzato a regola d’arte.

Chiedeva rigettarsi l’avversa domanda ed, in riconvenzionale, che l’attore fosse condannato a risarcirgli il danno derivato dalla cattiva realizzazione del muro di recinzione.

3. All’esito dell’istruzione probatoria, con sentenza n. 367/2007 l’adito giudice di pace rigettava le domande hic et inde esperite e compensava le spese di lite.

4. Proponeva appello E.G..

Riassunto il giudizio, interrotto a seguito della morte di D.C.U., si costituivano gli eredi, Z.N., D.C.M., D.C.L. e D.C.S..

5. Con sentenza n. 954 dei 26/31.3.2016 il Tribunale di Benevento rigettava il gravame e condannava l’appellante alle spese del grado.

Premetteva il tribunale che non era dato rinvenire le copie dei verbali di udienza del giudizio di primo grado.

Indi evidenziava che dalla scrittura privata in data 26.3.2003 allegata dall’attore si evinceva che, ai fini della realizzazione del muro, nessun contratto era intercorso tra D.C.U. e E.G.; che, nell’occasione dell’esecuzione dei lavori nell’immobile attiguo, E.G. aveva fruito del “consenso” del D.C., onde, tra l’altro, utilizzare la pompa di proprietà di quest’ultimo per attingere acqua.

Evidenziava dunque che il tenore della scrittura del 26.3.2003 lasciava intendere che il muro di recinzione fosse stato realizzato al fine di compensare il D.C. per i danni arrecatigli e per l’utilizzo della pompa.

6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso E.G., titolare dell’omonima impresa edile artigiana; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni conseguente provvedimento anche in ordine alle spese.

Z.N., D.C.M., L. e S., hanno depositato memoria di costituzione datata 11.10.2016; hanno chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

7. Il ricorrente ha depositato memoria.

8. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 347 c.p.c..

Deduce che la indisponibilità delle copie dei verbali di udienza del giudizio di primo grado, che ben avrebbero potuto esser nuovamente depositate, ha impedito il buon esito dell’appello, segnatamente ha impedito al tribunale di tener conto delle decisive dichiarazioni rese da D.C.U. in sede di interrogatorio libero e di interrogatorio formale.

9. Il primo motivo va respinto.

10. Va in premessa ribadito che l’acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado, ai sensi dell’art. 347 c.p.c., non costituisce condizione essenziale per la validità del giudizio d’appello, con la conseguenza che la relativa omissione non determina un vizio del procedimento o della sentenza di secondo grado, bensì, al più, il vizio di difetto di motivazione, a condizione che venga specificamente prospettato che da detto fascicolo il giudice d’appello avrebbe potuto o dovuto trarre elementi decisivi per la decisione della causa, non rilevabili “aliunde” ed esplicitati dalla parte interessata (cfr. Cass. (ord.) 4.4.2019, n. 9498; Cass. 29.1.2016, n. 1678).

11. Ebbene il ricorrente ha, sì, prospettato che, alla stregua dei verbali di udienza del giudizio di primo grado, il secondo giudice avrebbe potuto riscontrare le decisive – si assume – dichiarazioni rese da D.C.U. in sede di interrogatorio libero e di interrogatorio formale; ed ha, sì, riprodotto le medesime dichiarazioni nel corpo del primo motivo di ricorso.

Tuttavia è da escludere che siffatte dichiarazioni avessero carattere di decisività ovvero che dal tenore delle dichiarazioni sarebbe stato possibile desumere elementi idonei a confutare il carattere “compensativo” dei lavori.

12. Più esattamente il carattere “compensativo” di certo non è smentito dalla circostanza – riferita da D.C.U. – per cui l’amministrazione provinciale avesse a costui imposto, all’esito dell’allargamento della sede stradale, la costruzione del muro.

In pari tempo a nulla rileva che D.C.U. abbia dichiarato di non aver provveduto al pagamento della fattura n. (OMISSIS) emessa da E.G.: in verità la circostanza è pacifica, siccome l’iniziale convenuto ha assunto ab origine di aver altrimenti soddisfatto l’avversa pretesa creditoria.

13. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’art. 1372 c.p.c..

Deduce che il “consenso” richiamato nella scrittura del 26.3.2003 è da correlare unicamente ai lavori che egli ricorrente doveva eseguire nell’immobile attiguo; che d’altra parte da un semplice riferimento non è possibile dedurre il diritto del D.C. di non provvedere al pagamento dei lavori.

14. Il secondo motivo del pari va respinto.

15. Evidentemente il secondo mezzo di impugnazione è volto a censurare il giudizio “di fatto” che, ai fini del riscontro della deduzione difensiva dell’originario convenuto, il tribunale ha ancorato agli elementi di valutazione, ben vero di natura indiziaria, desumibili dalla scrittura in data 26.3.2003 e, tra gli altri, all’espressione “con il consenso” che vi figura.

In questi termini, da un canto, il motivo si qualifica essenzialmente alla stregua della previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Negli stessi termini, d’altro canto, nessuna forma di “anomalia” motivazionale rilevante alla stregua della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte – e tra le quali non è annoverabile il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione – si scorge nelle motivazioni, pur in parte qua, dell’impugnato dictum (cfr. Cass. (ord.) 17.1.2019, n. 1234).

16. Del resto, ai fini dell’esecuzione dei lavori nell’immobile attiguo, senza dubbio l’iniziale attore non aveva bisogno del consenso del confinante, D.C.U..

Cosicchè non merita alcun seguito il rilievo del ricorrente secondo cui “il consenso richiamato nella scrittura è riferito solo ed esclusivamente ai lavori che la Ditta E.G. doveva eseguire in favore dei coniugi D.C.S. – P.A.” (così memoria, pag. 5).

17. In ogni caso non può non rappresentarsi quanto segue.

Per un verso, in tema di prova per presunzioni, spetta al giudice di merito non solo vagliare l’opportunità del ricorso alle presunzioni, ma pur individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento “di fatto” che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità, dovendosi tuttavia rilevare che la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi a prospettare l’ipotesi di un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio – il che assolutamente non è nel caso di cui al presente ricorso – restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo (cfr. Cass. 11.5.2007, n. 10847).

Per altro verso, nella prova per presunzioni, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 c.c., non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, giacchè è sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile secondo un criterio di normalità (cfr. Cass. 5.7.1990, n. 7084).

Per altro verso ancora, il convincimento del giudice in ordine al raggiungimento della prova di un fatto può fondarsi anche su una sola presunzione semplice, purchè sia grave e precisa, in quanto il requisito della concordanza ricorre solo nel caso di concorso tra più circostanze presuntive (cfr. Cass. 8.4.2009, n. 8484; Cass. 4.5.1999, n. 4406).

18. I controricorrenti, con la memoria di costituzione in giudizio in data 11.10.2016, sostanzialmente non hanno svolto difese.

Nonostante il rigetto del ricorso, pertanto, nessuna statuizione in ordine alle spese del presente giudizio va assunta.

19. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, E.G., di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2020

 

 

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