Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29742 del 12/12/2017


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 29742 Anno 2017
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: VARRONE LUCA

SENTENZA

sul ricorso 6822-2015 proposto da:
FUNELLI PASQUALE (CF. FNLPQL49A06A294P), elettivamente
domiciliato in Salerno, via Michele Vernieri n. 131 rappresentato e

difeso dall’avvocato VALTER GALLONE;
– ricorrenti contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE 80415740580, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende;
– controricorrentí –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositat& il
07/01/2015;

Data pubblicazione: 12/12/2017

A.C.13.10.2017
N. R.G. 06822/2015
Rei. Varrone

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
13/10/2017 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CORRADO MISTRI che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’avv. Valter Gallone.

1.

Funelli Pasquale propone ricorso avverso il decreto della

Corte d’Appello di Roma in data 7 gennaio 2015 di rigetto del ricorso
proposto nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze e
volto a conseguire la riparazione per la violazione del termine di
durata ragionevole del processo ex articolo 3 I. n. 89 del 2001, in
relazione ad un processo amministrativo svoltosi in un solo grado di
giudizio e durato complessivamente 18 anni, ossia dal 31 ottobre
1992, data di deposito del ricorso innanzi al Tar Campania, al 10
ottobre 2010 data del deposito del ricorso ex legge n 89 del 2001.
2.

Il ricorrente premette che con ricorso depositato il 10

ottobre 2010 presso la Corte d’Appello di Roma chiedeva che gli
venisse riconosciuto ai sensi della I.n. 89 del 2001 un indennizzo a
titolo di equa riparazione per l’ingiustificato ritardo che aveva
caratterizzato il procedimento proposto dinanzi al Tribunale
amministrativo regionale con ricorso depositato il 31 ottobre 1992,
unitamente all’istanza di fissazione dell’udienza. Il procedimento
recante il n. 10762 del 1992 aveva ad oggetto l’annullamento di
alcuni decreti presidenziali con i quali il ricorrente era stato
erroneamente inquadrato con decorrenza dal

10 gennaio 1992

anziché dal 10 settembre 1986.
3.

La predetta controversia, pur in presenza del regolare

deposito del ricorso introduttivo e dell’istanza di fissazione
dell’udienza, non era stata ancora decisa alla data del deposito della

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RITENUTO IN FATTO

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Rel. Varrone

domanda per l’equa riparazione (1 ottobre 2010), senza peraltro lo
svolgimento di alcuna attività istruttoria da parte del Tribunale.
4.

Il ricorrente, in data 23 settembre 2010, depositava

istanza di prelievo, ai sensi del comma 2 dell’articolo 51 del r. d. n.
642 del 1907, in tal modo assolvendo all’incombenza prevista

In pendenza del predetto procedimento veniva notificato
all’amministrazione il ricorso per equa riparazione.
5.

Con decreto n. 59039 del 2010 depositato il 7 gennaio

2015, mai notificato, la Corte d’Appello di Roma rigettava la domanda
e compensava le spese.
In particolare la Corte territoriale, per quanto ancora di
interesse, evidenziava che dalla data di istanza di prelievo a quella di
deposito del ricorso non era stato superato il termine di durata
ragionevole del giudizio di tre anni.
Secondo la Corte d’Appello solo dal momento della presentazione
dell’istanza di prelievo si era palesato l’interesse della parte istante
alla prosecuzione del giudizio sicché era da tale momento che doveva
essere calcolato il termine di durata ragionevole del processo.
6. Avverso tale pronuncia, Funelli Pasquale propone ricorso sulla
base di due motivi.
Resiste con controricorso l’Avvocatura Generale dello Stato.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso ha ad oggetto la violazione e falsa
applicazione della degli artt. 2, 3 e 4 della I. n. 89 del 2001 nonché
dell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo, anche in
relazione all’errata applicazione dell’art. 54, comma 1, del d.l. n. 112
del 2008, convertito con modificazioni dalla I. n. 133 del 2008 e
successivamente modificato dal d. Igs. n. 104 del 2010, in particolare
con riguardo alla quantificazione della durata del giudizio presupposto

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dall’articolo 54 del d.l. n. 112 del 2008.

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Rel. Varrone

limitata al solo periodo successivo alla data di deposito dell’istanza di
prelievo.
Secondo il ricorrente la Corte territoriale nel valutare il periodo di
ragionevole durata del processo ha omesso di considerare che il
ricorso era stato depositato in data 16 marzo 1994 e che la domanda

in pendenza del giudizio presupposto.
La Corte d’Appello, invece, avrebbe dovuto considerare l’istanza
di prelievo solo ai fini della condizione di proponibilità della domanda,
mentre per il calcolo della effettiva durata del giudizio presupposto
avrebbe dovuto sottrarre solo i tre anni ritenuti ragionevoli, in
conformità con il consolidato orientamento della giurisprudenza di
legittimità.
In conclusione la Corte d’Appello in violazione delle norme
richiamate ha negato il diritto del ricorrente ad un equa riparazione,
non considerando, nell’accertare la violazione, l’irragionevole durata
complessiva del processo amministrativo e ritenendo erroneamente
che il termine iniziale di computo della durata del processo fosse
quello del deposito dell’istanza di prelievo con la conseguente
esclusione dal novero del periodo indennizzabile degli anni decorrenti
dal 21 febbraio 1995 al 25 settembre 2009.
2. Il Secondo motivo di ricorso attiene all’omesso esame di un
fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti circa il
lasso temporale intercorso tra la data di instaurazione del
contraddittorio nel giudizio presupposto e la data di deposito
dell’istanza di prelievo.
In particolare la Corte d’Appello, pur evidenziando l’esistenza di
tale periodo, sotto un profilo merannente fattuale e di ricostruzione
storica del giudizio presupposto, non ha attribuito alcuna valenza
giuridica a tale fondamentale circostanza.

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di equa riparazione era stata presentata il 17 settembre 2010 ancora

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3. Il primo motivo è fondato e assorbe il secondo.
Questa Corte in più occasioni ha ritenuto che «In tema di equa
riparazione per irragionevole durata del processo amministrativo,
l’istanza di prelievo, anche quando condiziona “ratione temporis” la
proponibilità della domanda di indennizzo, non incide sul computo

processuale e non alla sola fase seguente detta istanza» (Sez. 6 2, n. 2172 del 27/01/2017, Sez. 6 – 2, n. 13554 del 01/07/2016).
Il fatto che ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. n. 112 del
2008, come modificato dall’art. 3, comma 23, dell’allegato 4 al d.lgs.
n. 104 del 2010, nei giudizi pendenti — come nel caso in esame —
alla data del 16 settembre 2010 la presentazione dell’istanza di
prelievo condizioni la proponibilità della domanda di indennizzo anche
per il periodo anteriore alla presentazione medesima (Cass. n. 3740
del 2013), non significa che detta istanza costituisca, per una sorta di
fictio iuris limitata ai fini applicativi della legge n. 89 del 2001, il
momento a partire dal quale assume rilievo la pendenza giudiziale e
si debba calcolare, di riflesso, la durata ragionevole.
Al contrario, detta norma ha una lettura più semplice e binaria,
nel senso che senza l’istanza di prelievo la domanda di equa
riparazione non può essere proposta né per il periodo anteriore né
per quello successivo, mentre una volta proposta l’istanza, la
domanda stessa è proponibile senz’alcuna limitazione. L’istanza di
prelievo, infatti, assolve ed esaurisce la propria funzione di
presupposto processuale del procedimento di equa riparazione, nel
quale le condizioni di fondatezza della domanda sono costituite dalla
durata eccessiva, dal paterna d’animo connesso e dall’inesistenza di
cause di esclusione del diritto, positivizzate dall’art. 2, comma 2quinquies legge Pinto o altrimenti enucleate dal sistema in via
pretoria (v. Sez. 6 – 2, Sentenza n. 13554 del 01/07/2016).

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della durata del processo, che va riferita all’intero svolgimento

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4. La Corte distrettuale si è discostata da tale interpretazione
dell’art. 54 d.l. n. 112 del 2008, pertanto il decreto impugnato va
cassato con rinvio alla Corte d’appello di Roma in diversa
composizione che, nel provvedere ad un nuovo esame di merito, si
atterrà al seguente principio di diritto formulato ai sensi dell’art. 384,

modificato dall’art. 3, comma 23, dell’allegato 4 al d.lgs. n. 104 del
2010, in base al quale nei giudizi pendenti alla data del 16 settembre
2010 la presentazione dell’istanza di prelievo condiziona la
proponibilità della domanda di indennizzo anche per il periodo
anteriore alla presentazione medesima, non implica che detta istanza
costituisca il momento a partire dal quale assume rilievo la pendenza
giudiziale e si debba calcolare, di riflesso, la durata ragionevole. Al
contrario, l’istanza di prelievo una volta presentata assolve ed
esaurisce la propria funzione di presupposto processuale dei
procedimento di equa riparazione, mentre ai fini del computo della
durata ragionevole occorre aver riguardo all’intera durata del
processo e non solo a quella successiva all’istanza predetta”.
Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di
cassazione, il cui regolamento gli è rimesso ai sensi dell’art. 385,
terzo comma, c.p.c..
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e cassa il decreto impugnato con
rinvio alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, che
provvederà anche sulle spese di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda
Sezione Civile, addì 13 ottobre 2017.

10 comma c.p.c.: “l’art. 54, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008, come

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