Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2974 del 03/02/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 03/02/2017, (ud. 09/11/2016, dep.03/02/2017),  n. 2974

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. VENUTI Pietro – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29257-2014 proposto da:

AIMERI AMBIENTE S.R.L. C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ANTONIO GRAMSCI 14, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO

HERNANDEZ, rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO DE MELA,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

P.B. C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR

presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato TULLIO FORTUNA, giusta delega

in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1446/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 03/09/2014 R.G.N. 934/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/11/2016 dal Consigliere Dott. VENUTI PIETRO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO RITA che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine

rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Palermo, per quanto ancora rileva in questa sede, con sentenza depositata il 3 settembre 2014, in accoglimento dell’appello incidentale proposto da P.B., dichiarava privo di giusta causa il licenziamento intimatogli dalla s.r.l. Aimeri Ambiente, con conseguente reintegrazione nel posto di lavoro e relativo risarcimento del danno ex art. 18 St. lav..

Al lavoratore era stato contestato di essere stato “coinvolto in attività di traffico illecito di rifiuti (in particolare elettrodomestici esausti e materiale ferroso di varia tipologia) …fraudolentemente prelevati dall’isola Ecologica di Dattilo per essere rivenduti ad un rigattiere”.

La Corte anzidetta ha osservato che, diversamente da quanto contestato al lavoratore, dall’istruttoria svolta non era emerso che il medesimo avesse prelevato e consegnato, o concorso a consegnare ad un terzo il materiale in questione dietro percezione di un corrispettivo. Egli infatti, conducente del veicolo di trasporto dei rifiuti, nell’occasione si era limitato a sostare dinanzi al cancello d’ingresso dell’area dove si sarebbe dovuto effettuare il loro scarico, mentre un suo collega consegnava gli oggetti ferrosi che si trovavano sul veicolo senza che venisse effettuato il pagamento di alcun corrispettivo. Si era trattato quindi, al più, di una mera condotta omissiva di mancato impedimento di un fatto dannoso per il datore di lavoro, commesso da altro dipendente, condotta di tutt’altro tenore rispetto a quella addebitata.

Per la cassazione di questa sentenza propone ricorso la società sulla base di un solo motivo. Resiste il lavoratore con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo del ricorso la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 18 St. lav., deduce che l’istruttoria svolta ha confermato il coinvolgimento del P. nel traffico illecito di rifiuti. Egli infatti aveva svolto un ruolo attivo nell’episodio in questione, avendo, in concorso con altro lavoratore, prelevato da un’isola ecologica rifiuti per essere rivenduti ad un terzo. Non vi è, aggiunge la ricorrente, difformità tra fatti contestati ed accertati, avendo il lavoratore posto in essere una condotta omissiva di mancato impedimento di un fatto dannoso per il datore di lavoro, commesso da altro dipendente.

2. Il ricorso non può essere accolto.

La Corte territoriale ha ricostruito, sulla scorta dell’istruttoria svolta, i fatti che hanno dato luogo al licenziamento, osservando che il P. si era limitato a sostare dinanzi al cancello d’ingresso dell’area dove veniva scaricato il materiale, senza partecipare alla condotta contestatagli, che viceversa era stata realizzata da un suo collega il quale aveva consegnato a un terzo gli oggetti ferrosi, senza il pagamento di alcun corrispettivo.

Si era trattato dunque, ad avviso del giudice d’appello, di una mera condotta omissiva, costituita dal mancato impedimento di un fatto dannoso, commesso da altro dipendente, condotta diversa da quella contestata.

La ricorrente censura tale ragionamento, osservando che il P. aveva viceversa assunto un ruolo attivo nella vicenda di che trattasi, agendo in sostanza in concorso con il collega al fine di commettere l’illecito contestatogli.

Ma tale censura non è sussumibile nel vizio di violazione di legge, denunciato dalla ricorrente, che investe la regola di diritto e che ricorre quando si contesti al giudice di merito di avere errato nella individuazione o interpretazione della norma regolatrice della controversia, ma si risolve sostanzialmente nella allegazione di una erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo della risultanze di causa (ruolo assunto dal P. nella vicenda in esame), che è estranea all’esatta interpretazione della norma di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr. Cass. n. 15499/04; Cass. Sez. Un. n. 10313/06; Cass. n. 4178/07).

A tale ultimo riguardo, deve ricordarsi che, secondo le Sezioni Unite di questa Corte (sent. n. 8053/14), la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.

A tale principio si è uniformata la giurisprudenza successiva di questa Corte, la quale ha precisato che, dopo la novella del 2012, in tema di ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non avendo più autonoma rilevanza il vizio di motivazione deve escludersi la sindacabilità in sede di legittimità della correttezza logica della motivazione di idoneità probatoria di una determinata risultanza processuale (Cass. n. 16300/14), ed altresì che nel giudizio di cassazione è precluso l’accertamento dei fatti ovvero la loro valutazione ai fini istruttori, atteso che il nuovo testo della predetta disposizione consente il sindacato sulla motivazione limitatamente alla rilevazione dell’omesso esame di un fato decisivo e discusso tra le parti (Cass. n. 21439/15).

Nella specie la ricorrente, lungi dall’indicare uno specifico fatto (decisivo e discusso) sul quale sarebbe stato omesso l’esame nella sentenza impugnata, si limita richiedere a questa Corte di inferire dalle risultanze probatorie già vagliate dal giudice di merito una conclusione diversa e favorevole alla ricorrente in ordine alla qualificazione dell’attività posta in essere dal lavoratore, ciò che si risolve in una richiesta di riesame delle risultanze istruttorie, preclusa nel giudizio di cassazione.

Alla stregua di tutto quanto precede, il ricorso deve essere respinto.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

La ricorrente è tenuta al pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2017

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