Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29739 del 15/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 15/11/2019, (ud. 14/03/2019, dep. 15/11/2019), n.29739

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4997-2018 proposto da:

M.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIAMBATTISTA

VICO 22, presso lo studio dell’avvocato CARLO PICARONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO ROBERTO RISOTTI;

– ricorrente –

contro

I.A.I. (GIA’ A.A.I.), UNIPOL SAI ASSICURAZIONI SPA

(GIA’ ZURICH INSURANCE PLC E GIA’ MILANO ASSICURAZIONI SPA);

– intimate –

avverso la sentenza n. 7476/2017 del TRIBUNALE di MILANO, depositata

il 03/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 14/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELE

POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione del 20 marzo 2013, I.A.I. evocava in giudizio, davanti al Giudice di pace di Milano, M.L. e la compagnia Milano Assicurazioni S.p.A. per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni relativi al sinistro del 28 ottobre 2012 verificatosi alle ore 4:40 di mattina, nel mentre il convenuto, di professione tassista, percorreva alla guida del proprio taxi la carreggiata centrale adibita al passaggio delle auto pubbliche di (OMISSIS) ed entrava in collisione con l’autovettura Audi TT condotta dall’attore. Entrambe le parti assumevano di avere superato l’incrocio con la luce semaforica verde;

si costituiva M. spiegando domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni subiti e chiedendo di essere autorizzato a chiamare in causa la Zuritel Insurance, compagnia assicurativa dell’attore;

esperita consulenza medico-legale il Giudice di pace di Milano, con sentenza del 30 ottobre 2014, applicava il criterio della pari responsabilità ai sensi dell’art. 2054 c.c., comma 2, condannando le parti in solido e le relative assicurazione al risarcimento dei danni determinati in corso di causa;

M.L. proponeva appello con atto di citazione del 28 aprile 2015 e I.A.I. si costituiva spiegando appello incidentale;

il Tribunale di Milano, con sentenza del 3 luglio 2017, respingeva l’appello principale e quello incidentale;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione M.L. affidandosi a quattro motivi e deposita memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.. Le parti intimate non svolgono attività processuale in questa sede.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si deduce la violazione l’art. 2054 c.c. in relazione all’asserito concorso di colpa. Rileva il ricorrente che I.A.I., in stato di ebbrezza alcolica, aveva eseguito una manovra vietata dal codice della strada. Secondo il ricorrente le appurate condizioni fisiche ebbero certamente un’efficacia causale per le minori capacità di percezione e di reazione. Da ciò deriverebbe la prova dell’assenza di colpa da parte del ricorrente e la dimostrazione della violazione di norme di legge in capo all’antagonista;

con il secondo motivo si deduce la violazione l’art. 186 del codice della strada, anche in relazione ai fatti non contestati specificamente dal resistente ai sensi dell’art. 115 c.p.c. Sebbene l’art. 186 del codice della strada vieti la guida con tasso alcolemico superiore ai limiti consentiti, il Tribunale avrebbe escluso che il lieve superamento del limite potesse avere inciso sul livello di attenzione del rispetto del segnale semaforico;

con il terzo motivo si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, perchè parte ricorrente avrebbe reiteratamente richiesto che venisse disposta consulenza cinematica in sede di appello, tesa a dimostrare la sequenza di segnali luminosi che regolano il crocevia;

con l’ultimo motivo si lamenta la violazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 111 Cost., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. In particolare, la decisione sarebbe fondata su due presupposti errati: la circostanza che M. percorreva irregolarmente una corsia preferenziale, perchè in quel momento non sarebbe stato in servizio e il fatto che lo stesso aveva appena ripreso il servizio taxi, dopo aver sospeso il turno all’1.00 di notte. Entrambi gli elementi fattuali sarebbero errati, quanto al primo poichè il ricorrente alla guida del proprio taxi era legittimato a percorrere la corsia riservata a tali veicoli; quanto ai turni dei tassisti, gli stessi sarebbero prestabiliti e visibili negli appositi tagliandi presenti sul vetro anteriore e posteriore dei taxi;

il primo motivo non si confronta con la ratio decidendi che riguarda la mancanza di prova sulla segnalazione luminosa del semaforo esistente al momento del sinistro;

la Corte non ha negato che il sinistro sia avvenuto mentre I.A.I., circolava in stato di ebbrezza, ma ha escluso, con un apprezzamento di fatto, che tale condizione di guida fosse stata determinante del sinistro;

la tesi del ricorrente prospetta una presunzione ai sensi dell’art. 2729 c.c. (il conducente del veicolo antagonista, a causa del lieve tasso alcolemico, non sarebbe stato in grado di avvedersi della luce semaforica rossa), senza però citare tale norma, dedurre una specifica violazione dei criteri in materia di presunzione e prospetta una violazione di legge, peraltro, senza specificare la misura del superamento del livello alcolemico;

secondo il ricorrente se si fosse considerata incidente nella condotta del medesimo la condizione del conducente, automaticamente – per il fatto che il ricorrente non versava nella stessa condizione – si sarebbe dovuto evincere il superamento della presunzione a carico dello stesso ricorrente;

tale prospettazione in iure è, però, priva di fondamento, perchè la prova che la condotta dell’antagonista fosse stata colpevole, pure sotto tale profilo, oltre che su quello ritenuto dalla Corte di merito, non avrebbe certo potuto implicare il venir meno della presunzione a carico del ricorrente;

la sentenza, infatti, ha riconosciuto che nessuno dei conducenti aveva superato la presunzione perchè era mancata la prova della dinamica del sinistro, non avendovi assistito alcuno dei testi escussi ed essendovi solo le versioni contrastati dei due conducenti;

nè il motivo postula che il riconoscimento dell’incidenza della condizione dell’antagonista del ricorrente avrebbe potuto implicare un riconoscimento di responsabilità di diverso valore;

anche per il secondo motivo vanno espresse le medesime considerazioni, dovendosi aggiungere che non è dedotta la violazione ai sensi dell’art. 2729 c.c. e non è specifico il riferimento alle norme invocate (art. 186 C.d.S. e 115 c.p.c.);

il terzo motivo è dedotto in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, riguardo alla individuazione della sede processuale in cui controparte avrebbe sostenuto che il semaforo proiettava luce verde “di svolta a sinistra” (che costituirebbe il presupposto sulla base del quale richiedere una consulenza tecnica, tesa a dimostrare la sequenza dei segnali luminosi che regolano il crocevia in oggetto);

inoltre, pur riproducendo un passo dell’appello, in esso non si coglie alcuna richiesta di disporre c.t.u. cinematica;

il quarto motivo riguarda fatti non decisivi, richiede una valutazione “fattuale” e consiste in dichiarazioni assertive (riguardo alla possibilità di percorrere la corsia riservata, fuori dall’orario di servizio del taxi e all’impossibilità di configurare turni di lavoro troppo ravvicinati, senza valutare se, in concreto, ciò sia avvenuto);

in particolare, riguardo alla percorrenza da parte dei ricorrente della corsia preferenziale, postula erroneamente che essa sia stata ritenuta incidente, mentre non lo è stata (pag. 6 della sentenza);

quanto al tema dei turni di lavoro, la violazione dell’art. 115 c.p.c. è evocata senza il rispetto dei criteri indicati da Cass. n. 11892 del 2016 e ripresi da Cass., Sez. Un., n. 16598 del 2016;

inoltre, si omette di riferire in che termini la discussione sulla rilevanza dei tempi di ripresa del servizio fosse emersa nelle fasi di merito, sicchè si viola pure l’art. 366 c.p.c., n. 6, sotto tale profilo, particolarmente quanto all’essere stata la circostanza contestata;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; nulla per le spese poichè la parte intimata non ha svolto attività processuale in questa sede del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso, Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma l bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 14 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2019

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