Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29738 del 29/12/2020

Cassazione civile sez. II, 29/12/2020, (ud. 01/07/2020, dep. 29/12/2020), n.29738

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3771/2016 proposto da:

V.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI

BOCCHERINI 3 SC. II, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO DE

ANGELIS, che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

G.R., T.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5055/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

01/07/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

V.C., quale promittente acquirente, conveniva innanzi al Tribunale di Tivoli – Sezione Distaccata di Castelnuovo di Porto i T.G. e G.R., nonchè T.P. (i primi due come nudi proprietari ed il secondo, di poi deceduto, quale usufruttuario), tutti quali promittenti venditori, chiedendo il trasferimento, ai sensi dell’art. 2932 c.c., di proprietà immobiliare previo pagamento del saldo del prezzo.

Nella fattispecie l’attore lamentava l’inadempimento delle parti convenute rispetto all’obbligo della stipula del contratto definitivo dell’unità immobiliare, in atti specificamente individuata, sita in (OMISSIS) ed oggetto del contratto preliminare in data 4 novembre 2003.

In tale preliminare veniva concordata, per la stipula del contratto definitivo, la data del 31 marzo 2004, data di poi posticipata più volte per effetto di successive scritture private e, per ultimo, rinviata al 15 novembre 2006.

Il V. precisava, altresì, nell’atto introduttivo del giudizio) di aver versato la complessiva somma di Euro 234.600 a fronte del prezzo globale pattuito per l’immobile in Euro 345.000. Costituitisi in giudizio i convenuti T. e G. resistevano alla svolta domanda attorea, chiedendo l’accertamento della intervenuta risoluzione del contratto preliminare inter partes.

Tanto in conseguenza e per effetto della diffida ad adempiere da essi inoltrata al V., dapprima tramite raccomandata e successivamente il 2 agosto 2006 a mezzo di atto notificato dall’ufficiale giudiziario.

I convenuti, in subordine, chiedevano – inoltre – anche la declaratoria di risoluzione del contratto medesimo per inadempimento del promissario acquirente.

Il Tribunale di prima istanza, con sentenza n. 7/2013, respingeva la domanda attorea ed, in accoglimento di quella riconvenzionale subordinata, dichiarava risolto il contratto preliminare per grave inadempimento del promissario acquirente, ordinando al V. il rilascio dell’immobile ed autorizzando i convenuti a trattenere tutte le somme (quantificate in complessivi Euro 182 mila) già versate dal V. stesso.

Quest’ultimo interponeva appello avverso la decisione del Tribunale di prima istanza.

Gli appellati resistevano al gravame.

L’adita Corte di Appello di Roma, con sentenza n. 5055/2015 rigettava il proposto appello, dichiarava inammissibile la domanda di restituzione proposta dall’appellante, condannando il V. alla corresponsione in favore degli appellati della somma di Euro 31.470,00, nonchè delle spese di lite.

Per la cassazione della succitata decisione della Corte distrettuale ricorre il V. icon atto affidato a tre ordini di motivi.

Non hanno svolto difese le parti intimate.

Il V. ha depositato memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, il vizio di violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 1454,1218 e 2697 c.c.), nonchè, ex art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.

Deve, innanzitutto, ritenersi l’inammissibilità della censura di cui al motivo qui in esame relativa al paventato “omesso esame”. Essa è del tutto inammissibile in quanto una omessa valutazione può attenere ad un dato od elemento fattuale e giammai alla valutazione (che è aspetto intrinseco, in diritto, della decisione) della “esecuzione secondo buona fede contratto”, esecuzione prospettata inidoneamente come sostanziante un omesso esame. Parte ricorrente si duole, poi, della affermazione della risoluzione del contratto per fatto e colpa del V..

Sostiene, al riguardo e genericamente, che la decisione sarebbe errata, ma non dice e specifica perchè.

Vi è, quindi, assenza di fondatezza – sotto il profilo della lamentata violazione di legge – nel motivo qui in esame.

D’altra parte le proroghe di cui al preliminare di compravendita non potevano mai autorizzare la mancata conclusione del contratto definitivo.

Peraltro, ancora, va rilevato che – quanto alla pretesa mancata considerazione della scrittura del 26/10/2005 nella quale le parti avrebbero differito la data del rogito al 30/11/2006 – parte ricorrente non solo non ha riprodotto il contenuto della scrittura nella parte che sarebbe stata rilevante (rinvio della data del definitivo), ma non ha neppure assolto agli obblighi di localizzazione, di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4.

Nel resto il motivo non tiene conto della complessiva motivazione della corte di Appello, che – esaminata la scrittura del 30 marzo 2004 – ha concluso nel senso che con la pattuita modalità di pagamento del prezzo, veniva meno l’originario obbligo dei promittenti venditori di “procedere autonomamente alla liberazione dell’immobile dall’iscrizione ipotecaria in questione.

Del tutto generico è, infine, il richiamo ai principi di buona fede e correttezza.

Il motivo va, quindi, respinto nel suo complesso.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deducono art. 360 c.p.c., ex nn. 3 e 5, il vizio di violazione di vrma di legge (art. 139 c.p.c.) e omesso esame di fatto.

Con il motivo, da esaminarsi nel suo complesso, si svolgono censure relative alla validità della notifica – effettuata a mezzo di ufficiale giudiziario – della anzidetta diffida ad adempiere.

La questione è posta in totale assenza di ogni idoneo riferimento alla pretesa invalidità della notifica a mezzo ufficiale giudiziario del 2/7 agosto 2006.

Vi è, dunque, mancato ossequio del dovuto onere di autosufficienza sotto il profilo della mancata allegazione degli elementi fondanti -sotto tale profilo – della parte di censura qui in esame.

Deve, poi, aggiungersi decisivamente quanto segue.

Parte ricorrente non contesta l’effettuazione della notifica della diffida de qua ad un amico di famiglia, ospite dell’abitazione ed addetto alla ricezione degli atti.

Non nega, neppure, la ricezione della raccomandata con cui fu, a suo tempo, effettuata la medesima diffida.

Con l’impugnata sentenza la Corte di Appello ha correttamente ritenuto la ritualità della notifica, eseguita ai sensi dell’art. 139 c.p.c., comma 2, con la consegna da parte dell’Ufficiale giudiziario presso la residenza anagrafica del V. (da questi indicata anche nella citazione in riassunzione) ed a mani di persona qualificatasi come “amico-ospite incaricato al ritiro”. Inoltre l’impugnata sentenza della Corte di Appello dà spazio a (e valorizza) l’aspetto della validità della notifica della diffida (sul quale insite oggi parte ricorrente), ma – nella sostanza – con altra implicita ratio conferma la decisione del Giudice del merito di primo grado. Quest’ultimo aveva – a sua volta – accertato comunque, sic et simpliciter, l’inadempimento del V..

Pertanto il motivo non coglie la complessiva ratio della decisione e si appalesa inidoneo a colpirla.

Il motivo va, pertanto, respinto.

3.- Con il terzo motivo parte ricorrente lamenta la violazione di legge ed, ancora, l’omesso esame di un fatto decisivo al fine del decidere.

Il motivo non è ammissibile.

La violazione di legge viene enunciata senza indicazione alcuna del parametro normativo alla cui stregua dovrebbe essere ritenuta la violazione stessa.

L’omessa valutazione attiene, poi, non alla mancata considerazione di uno specifico fatto in senso ontologico o di un dato testuale o extratestuale debitamente individuato ed indicato (Cass. civ., S.U. n. 8053/2014).

Il motivo è, perciò, inammissibile nel suo complesso.

4.- Il ricorso va, quindi, rigettato.

5.- Nulla va statuito per le spese non essendo state svolte difese dalla parti intimate.

6.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 1 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2020

 

 

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