Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29737 del 12/12/2017


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 29737 Anno 2017
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RUSSO Giuseppe, PERNA Agostino e FERRANTE Francesco, rappresentati e difesi dall’Avvocato Paolo Varriale;
– ricorrenti contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura
generale dello Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma,
via dei Portoghesi, n. 12;
– resistente avverso il decreto della Corte d’appello di Roma in data 2 dicembre
2014.

Data pubblicazione: 12/12/2017

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 13 ottobre 2017 dal Consigliere Alberto Giusti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Corrado Mistri, che ha concluso per la sospensione del giudizio

FATTI DI CAUSA

1. – Giuseppe Russo, Agostino Perna e Francesco Ferrante, con ricorso depositato in data 17 febbraio 2011, hanno chiesto la condanna
del Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento dell’equa riparazione, ai sensi della legge n. 89 del 2001, per l’irragionevole durata di un giudizio instaurato il 21 giugno 1994 dinanzi al TAR della
Campania ed ancora pendente, avente ad oggetto l’impugnativa di un
provvedimento dell’Amministrazione regionale con riguardo al loro
trattamento economico.
La Corte d’appello di Roma, con decreto in data 2 dicembre 2014,
ha respinto il ricorso e dichiarato integralmente compensate tra le
parti le spese del giudizio.
La Corte territoriale – richiamato il disposto dell’art. 54, comma 2,
del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito in legge n. 133 del
2008, e successivamente modificato dall’art. 3, comma 23,
dell’allegato 4 al d.lgs. n. 104 del 2010 – ha rilevato che nel giudizio
presupposto l’istanza di prelievo risulta presentata dal solo Perna ma
soltanto in data 10 aprile 2009.
Tanto premesso, la Corte d’appello, a prescindere dal mancato
deposito di analoga istanza di prelievo da parte degli altri litisconsorti,
ha ritenuto la domanda procedibile esclusivamente per il periodo successivo al 10 aprile 2009 e ha rilevato che, da questa data sino a
quella di deposito del ricorso, il giudizio presupposto si è protratto per

con trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

meno di due anni, ovvero per un periodo decisamente inferiore a
quello (di tre anni) stimato di durata ragionevole del giudizio.
2. – Per la cassazione del decreto della Corte d’appello il Russo, il
Perna ed il Ferrante hanno proposto ricorso, con atto notificato il 29
maggio 2015, sulla base di tre motivi.

sitato un atto di costituzione al fine dell’eventuale partecipazione
all’udienza di discussione.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art.
54, comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008, come modificato
dall’art. 3, comma 23, dell’allegato 4 al d.lgs. n. 104 del 2010) si lamenta che la Corte d’appello non abbia tenuto conto che la modifica
del citato art. 54, comma 2, è entrata in vigore il 16 settembre 2010
e che nel giudizio presupposto l’istanza di prelievo era stata presentata anteriormente, il 10 aprile 2009. Applicando l’art. 54, comma 2, del
decreto-legge n. 112 del 2008, nel testo vigente ratione temporís, la
Corte d’appello avrebbe dovuto riconoscere l’equa riparazione con riferimento al periodo intercorso dall’instaurazione del procedimento
amministrativo (21 giugno 1994) fino alla definizione (poi avvenuta il
17 novembre 2011) dello stesso. La modifica introdotta dal d.lgs. n.
104 del 2010 è entrata in vigore il 16 settembre 2010 e non poteva
quindi applicarsi a giudizi presupposti nei quali era stata presentata
l’istanza di prelievo.
Con il secondo mezzo (violazione e falsa applicazione degli artt.
11 e 15 delle preleggi) i ricorrenti censurano che la Corte d’appello
abbia applicato retroattivamente la nuova disciplina dell’art. 54,
comma 2, del decreto-legge n. 112 del 1998 ad un procedimento
(quello presupposto) nel quale era già stata presentata istanza di prelievo.

L’intimato Ministero non ha notificato controricorso, ma ha depo-

Il terzo motivo lamenta violazione dell’art. 6, par. 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
2. – I motivi – da esaminare congiuntamente, stante la stretta
connessione – sono fondati.

2008, come modificato dall’art. 3, comma 23, dell’allegato 4 al d.lgs.
n. 104 del 2010, nei giudizi pendenti – come nel caso in esame – alla
data del 16 settembre 2010 la presentazione dell’istanza di prelievo
condizioni la proponibilità della domanda di indennizzo anche per il
periodo anteriore alla presentazione medesima (Cass., Sez. VI-2, 15
febbraio 2013, n. 3740), non significa che detta istanza costituisca il
momento a partire dal quale assume rilievo la pendenza giudiziale e
si debba calcolare, di riflesso, la durata ragionevole. Al contrario, detta norma ha una lettura più semplice e binaria, nel senso che senza
l’istanza di prelievo la domanda di equa riparazione non può essere
proposta né per il periodo anteriore né per quello successivo, mentre
una volta proposta l’istanza, la domanda stessa è proponibile senz’alcuna limitazione. Accertatane la presentazione nel giudizio presupposto, l’istanza di prelievo assolve ed esaurisce la propria funzione di
presupposto processuale del procedimento di equa riparazione, nel
quale le condizioni di fondatezza della domanda sono costituite da altro, ossia dalla durata eccedente, dal paterna d’animo connesso e
dall’inesistenza di cause di esclusione del diritto positivizzate dall’art.
2, comma 2 quinquies, della legge n. 89 del 2001 (Cass., Sez. VI-2,

10 luglio 2016, n. 13554).
In altri termini, in tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo amministrativo, l’istanza di prelievo, anche quando
condiziona ratione temporis la proponibilità della domanda di indennizzo, non incide sul computo della durata del processo, che va riferi-

Il fatto che ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. n. 112 del

ta all’intero svolgimento processuale e non alla sola fase seguente
detta istanza (Cass., Sez. VI-2, 27 gennaio 2017, n. 2172).
3. – Essendosi la Corte distrettuale discostata da tale principio di
diritto, il decreto impugnato va cassato e la causa deve essere rinviata, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia la
causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma, in diversa
composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il 13 ottobre 2017.

di Roma, in diversa composizione.

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