Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29733 del 15/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 15/11/2019, (ud. 31/01/2019, dep. 15/11/2019), n.29733

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27782-2017 R.G. proposto da:

F.R. e C.S., rappresentati e difesi dall’avvocato

Alessandra Fabrizio ed elettivamente domiciliati in Roma, Via Ghirza

1, presso lo studio dell’avvocato Simonetta Filippucci;

– ricorrenti –

contro

AURORA SPV S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Giuseppe Gioacchino Belli 39,

presso lo studio dell’avvocato Eugenio Schiavone, che la rappresenta

e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3401/2017 della Corte d’appello di Roma,

depositata il 17/05/2017;

letta la proposta formulata dal Consigliere relatore ai sensi degli

artt. 376 e 380-bis c.p.c.;

letti il ricorso, il controricorso e le memorie difensive;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 31 gennaio 2019 dal Consigliere Dott. Cosimo

D’Arrigo.

Fatto

RITENUTO

F.R. e C.S. proposero opposizione ex art. 615 c.p.c. all’esecuzione immobiliare promossa il loro danno da Capitalia Service JV s.r.l., quale mandataria di Capitalia s.p.a., in forza di un contratto di finanziamento stipulato per atto pubblico, assumendo che questo non potesse valere come titolo esecutivo. Costituitasi in giudizio la Aurora Spv s.r.l., il Tribunale di Roma respinse l’opposizione, con condanna degli opponenti al pagamento delle spese di lite.

La sentenza è stata appellata dagli esecutati. La Aurora Spv s.r.l. ha chiesto che l’impugnazione fosse respinta.

La Corte d’appello di Roma ha rigettato il gravame, condannando gli appellanti alle spese del grado.

Avverso tale decisione F.R. e C.S. hanno proposto ricorso per cassazione basato su un unico motivo. Aurora Spv s.r.l. ha resistito con controricorso.

Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c. (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e, conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.

I ricorrenti hanno depositato memorie difensive ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata, conformemente alle indicazioni contenute nelle note del Primo Presidente di questa Corte del 14 settembre 2016 e del 22 marzo 2011.

Il ricorso non rispetta il requisito dell’esposizione, ancorchè sommaria, dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3. Tale requisito di validità del contenuto e della forma del ricorso deve consistere in un’esposizione che garantisca alla Corte di cassazione di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Sez. U, Sentenza n. 11653 del 18/05/2006, Rv. 588770 01; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 16103 del 02/08/2016, Rv. 641493 – 01). La prescrizione del requisito, quindi, risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma è funzionale alla conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Sez. U, Sentenza n. 2602 del 20/02/2003, Rv. 560622 – 01). Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata.

In particolare, i ricorrenti non riferiscono alcunchè sulle ragioni dell’opposizione, sulle difese della parte opposta, sulle motivazioni della decisione di primo grado, sul tenore dell’appello e della replica. Consegue che, leggendo successivamente il motivo, non si comprendere come e in che termini fosse stata prospettata la questione della quale in esso.

Il ricorso è, pertanto, inammissibile.

Vi è poi un secondo profilo di inammissibilità. Il ricorso è carente di specificità (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) in quanto, essendo stata dedotta la violazione del canone ermeneutico di cui all’art. 1362 c.c., avrebbe dovuto essere onere dei ricorrenti, a pena di inammissibilità del ricorso, indicare specificatamente i dati necessari al reperimento del testo contrattuale della cui interpretazione si controverte (Sez. U, Sentenza n. 22726 del 03/11/2011, Rv. 619317), ossia dell’indicazione del “luogo” esatto del fascicolo in cui l’atto è rinvenibile.

Infine, va rilevato che il ricorso non individua con precisione neppure la parte della motivazione della sentenza impugnata che si vorrebbe criticare.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.

Ricorrono altresì i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte degli impugnanti soccombenti, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione da loro proposta.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2019

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