Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29731 del 15/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 15/11/2019, (ud. 31/01/2019, dep. 15/11/2019), n.29731

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21604-2017 R.G. proposto da:

F.F., rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Fera,

domiciliato, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 2, presso la

cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

C.L., rappresentato e difeso da sè medesimo e

dall’avvocato Flavio Brusciano, elettivamente domiciliato in Roma,

Via Ennio Quirino Visconti 11, presso lo studio dell’avvocato Angela

Fiorentino;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1154/2017 della Corte d’appello di Napoli,

depositata il 13 marzo 2017;

letta la proposta formulata dal Consigliere relatore ai sensi degli

artt. 376 e 380-bis c.p.c.;

letti il ricorso e il controricorso;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 31 gennaio 2019 dal Consigliere Dott. Cosimo

D’Arrigo.

Fatto

RITENUTO

C.L. intimava a F.F. il pagamento di Euro 19.516,44 a titolo di compensi professionali a lui spettanti in quanto difensore distrattario in un giudizio svoltosi innanzi al Tribunale di Napoli, definito con sentenza n. 278/2012, in esito al quale era stata rigettata la domanda di condanna del Comune di Afragola al pagamento dell’importo di Lire 1.731.448.111 a titolo di contributo ex L. n. 219 del 1981.

Successivamente, il creditore procedeva a pignoramento presso terzi ai danni del F.. Il debitore esecutato proponeva opposizione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., a fronte della quale il giudice dell’esecuzione accoglieva l’istanza di sospensione ed assegnava un termine per l’introduzione del giudizio di merito.

Introdotto il giudizio nel merito, il Tribunale di Benevento rigettava l’opposizione.

Le doglianze del F. erano basate sull’asserzione che egli non aveva agito nei confronti del Comune di Afragola in proprio, bensì quale delegato dei proprietari del fabbricato di (OMISSIS). Il Tribunale, invece, rilevava che dalla sentenza costituente titolo esecutivo non emergeva alcun elemento che suffragasse la tesi dell’opponente.

Il F. appellava la decisione, ribadendo di aver agito come mandatario con rappresentanza dei proprietari dell’immobile presso il quale dovevano essere eseguiti i lavori oggetto di finanziamento. La Corte d’appello di Napoli dichiarava inammissibile il gravame, rilevando che l’appellante avrebbe dovuto spiegare le ragioni per le quali riteneva errata la sentenza del Tribunale ed invece si era limitato a riprodurre, senza alcun rapporto dialettico con la decisione impugnata, le ragioni poste a fondamento dell’opposizione all’esecuzione.

Tale decisione è stata fatta oggetto di ricorso per cassazione da parte del F. basato su un unico motivo.

Il C. ha resistito con controricorso.

Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c. (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata, conformemente alle indicazioni contenute nelle note del Primo Presidente di questa Corte del 14 settembre 2016 e del 22 marzo 2011.

Il ricorso è inammissibile.

Esso, infatti, si esaurisce nella testuale riproduzione dei motivi di appello, esattamente negli stessi termini in cui essi emergono dalla sentenza della Corte d’appello.

Anche in questo caso, come già aveva fatto in secondo grado, il F. non ha formulato alcuna specifica censura nei confronti della decisione impugnata, limitandosi a ribadire che la sentenza n. 278/2012, posta a fondamento dell’azione esecutiva del C.,

aveva correttamente accertato che egli stesse operando quale mandatario con rappresentanza dei proprietari del fabbricato interessato dalla richiesta di finanziamento.

Ovviamente, in questo caso il ricorrente avrebbe dovuto relazionarsi con la sentenza qui impugnata, ossia con quella d’appello, non già con quella di primo grado. In particolare, poichè la sentenza di appello aveva dichiarato inammissibile quel gravame per violazione dell’art. 342 c.p.c., il ricorrente per cassazione avrebbe dovuto dedurre la violazione o la falsa applicazione di tale norma.

Tanto non è stato fatto e, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.

Non può darsi corso alla richiesta di distrarre in favore dei procuratori del controricorrente (difeso, oltre che da sè medesimo, anche dal Flavio Brusciano) le spese di giudizio e gli onorari, non essendosi resa, ritualmente la prescritta dichiarazione di avere anticipato le prime e di non avere ricevuto i secondi, ai sensi di cui all’art. 93 c.p.c., la quale poteva e doveva farsi con riferimento al (OMISSIS).

Ricorrono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione da lui proposta.

Sussistono, inoltre, i presupposti perchè il ricorrente sia condannato d’ufficio al pagamento in favore della controparte – ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3 – di una somma, equitativamente determinata nella misura indicata in dispositivo in base al valore della controversia, in quanto egli ha agito in giudizio senza adoperare la normale diligenza e comunque senza compiere alcun apprezzabile sforzo interpretativo, deduttivo o argomentativo per sostenere l’impugnazione proposta.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge, nonchè al pagamento in favore della controparte, della ulteriore somma di Euro 3.000,00, ai sensi dell’art. 96 c.p.c..

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2019

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