Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29730 del 15/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 15/11/2019, (ud. 31/01/2019, dep. 15/11/2019), n.29730

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21566-2017 R.G. proposto da:

METROQUADRO s.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore pro

tempore, rappresentata a difeso dall’avvocato Rita Ciciarello ed

elettivamente domiciliata in Roma, Via Sabotino 12, presso lo studio

dell’avvocato Graziano Pungì;

– ricorrente –

contro

ADER AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, in persona del Direttore

pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi

12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e

difende ope legis;

– intimata –

avverso la sentenza n. 180/2017 della Corte d’appello di Catanzaro,

depositata il 6 febbraio 2017;

letta la proposta formulata dal Consigliere relatore ai sensi degli

artt. 376 e 380-bis c.p.c.;

letti il ricorso e le memorie difensive;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 31 gennaio 2019 dal Consigliere Dott. Cosimo

D’Arrigo.

Fatto

RITENUTO

La Metroquadro S.r.l. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Catanzaro, l’agente di riscossione Equitalia Sud s.p.a., deducendo che questa aveva illegittimamente operato l’iscrizione al PRA di un preavviso di fermo amministrativo su un veicolo commerciale di proprietà dell’attrice, in forza di cartelle di pagamento in parte riferibili ad altra società (la Metroquadro s.a.s.), in parte saldate ed in parte annullate. Chiedeva quindi la condanna dell’agente di riscossione al risarcimento dei danni subiti, consistito nel noleggio di un veicolo sostitutivo per circa un anno.

Il Tribunale accoglieva la domanda e condannava l’agente di riscossione al risarcimento del danno causato alla parte attrice, liquidato in Euro 12.840,00 oltre rivalutazione, interessi e spese di lite.

La sentenza veniva appellata da Equitalia Sud s.p.a. e la Corte d’appello di Catanzaro, in parziale accoglimento del gravame, riduceva l’entità del risarcimento del danno ad Euro 6.700,00 e compensava in ragione di un terzo le spese di entrambi i gradi di giudizio.

Questa decisione è fatta oggetto di ricorso per cassazione da parte della Metroquadro S.r.l. in liquidazione. La Agenzia delle Entrate Riscossione, succeduta ex lege ad Equitalia Sud s.p.a., non ha svolto attività difensiva.

Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c. (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.

La Metroquadro s.r.l. ha depositato memorie difensive ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata, conformemente alle indicazioni contenute nelle note del Primo Presidente di questa Corte del 14 settembre 2016 e del 22 marzo 2011.

Anzitutto, va rilevato che l’Agenzia delle Entrate Riscossione non risulta ritualmente costituita nel presente giudizio. Infatti, il deposito in cancelleria, per il tramite dell’Avvocatura dello Stato, di un generico atto di costituzione non rispetta i requisiti di forma imposti, a pena di inammissibilità, dall’art. 370 c.p.c.

Venendo all’esame del ricorso, lo stesso deve essere dichiarato inammissibile.

La società ricorrente, infatti, ha prospettato, a fondamento di tutti i motivi di ricorso, la “falsa ed errata percezione della realtà processuale”. Si tratta di un vizio non previsto dalla legge e, poichè quello di cassazione è un giudizio a critica vincolata, deve essere dichiarato inammissibile il ricorso che prospetti censure non inquadrabili in alcuna delle ipotesi previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1

Nell’ambito dei medesimi motivi, la società ricorrente ha reiteratamente denunciato la “violazione o falsa applicazione delle norme di diritto”, senza alcuna indicazione delle stesse, in aperta violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4.

E’ vero che – come osservato dalla ricorrente nelle memorie difensive – questa Corte ha ritenuto che, ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione non è necessaria l’adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle ipotesi previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1 (Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013, Rv. 627268 – 01). Ma l’effettiva portata di tale principio è stata travisata dalla ricorrente, in quanto, pur nel rispetto della libertà delle forme, il ricorso per cassazione deve essere comunque articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla legge e risulta, pertanto, inammissibile il gravame che si limiti ad affermare la non condivisibilità della motivazione o ad argomentare in astratto sulla sola violazione di legge, senza ricondurre tale violazione ad un vizio specifico della sentenza impugnata

Nel caso di specie, la società ricorrente in realtà sollecita l’integrale revisione degli elementi fattuali emersi nel corso dei giudizi di merito, senza articolare, a prescindere dall’intestazione dei motivi ed all’omessa indicazione delle norme di legge violate, alcuna effettiva censura di legittimità. Per tali ragioni non è possibile procedere alla riqualificazione giuridica dei motivi del ricorso che, in ogni caso, avrebbero dovuto prospettare censure riconducibili all’art. 360 c.p.c. e possono essere circoscritti a soli apprezzamenti in fatto. Per le medesime ragioni, risulta inappropriato il richiamo – contenuto nelle citate memorie difensive – al principi stabiliti dalla CEDU. Il principio di effettività della tutela giurisdizionale non può dirsi violato per il caso di un ricorso di cassazione che, non prospettando alcuna effettiva censura di legittimità, si limiti a postulare la revisione del giudizio nel merito. Non viene qui in rilievo alcun eccesso di formalismo, bensì l’assoluta inidoneità del ricorso – anche dopo ogni tentativo di riqualificazione alla luce dei principi posti dalla citata Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013 – di ingaggiare questa Corte sul piano di un giudizio di legittimità.

Ricorre, peraltro, un’ulteriore ragione di inammissibilità dei motivi in esame: essi non ottemperano in alcun modo all’onere di indicazione specifica degli atti e documenti di cui discorrono, omettendo di localizzarli in questo giudizio di legittimità e prima ancora nelle fasi di merito e di riprodurli direttamente od indirettamente, in questo secondo caso indicando la parte dell’atto oggetto di indiretta riproduzione (Sez. U, Sentenza n. 28547 del 02/12/2008, Rv. 605631 – 01, nonchè, ex multis, Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 7455 del 25/03/2013, Rv. 625596 – 01).

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Non si fa luogo alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, stante l’irritualità della costituzione in giudizio della parte intimata.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2019

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