Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29728 del 29/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 29/12/2020, (ud. 24/09/2020, dep. 29/12/2020), n.29728

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21664/2015 R.G. proposto da:

T.R., con l’avv. Enrico Paratore e con elezione di

domicilio digitale all’indirizzo

enricoparatore.pec.studioparatore.it;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, ed ivi domiciliata in via dei Portoghesi, n.

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per la

Calabria – Catanzaro, sezione staccata di Reggio Calabria, n.

2223/05/2014, pronunciata il 28 novembre 2014 e depositata l’01

dicembre 2014, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 settembre

2020 dal Cons. Marcello M. Fracanzani.

 

Fatto

RILEVATO

1. Il ricorrente, professionista abilitato alla tenuta di scritture contabili, era attinto da un avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 1985 con cui era stato elevato il suo reddito IRPEF per L. 65.515.000 (Euro 33.835,67), corrispondenti ad una maggior imposta pari a L. 17.340.000 (Euro 8.955,36) e per ILOR pari a L. 1.400.000 (Euro 723,04). In particolare, l’Ufficio elevava il reddito del contribuente tenuto conto del numero dei soggetti assistiti, del valore degli affari seguiti e delle tariffe applicabili.

Insorgeva con ricorso il contribuente, il quale contestava l’accertamento induttivo perchè carente di motivazione non illustrando i motivi per cui i redditi dichiarati dovevano ritenersi inattendibili. Lamentava poi la circostanza che l’accertamento poggiasse su presunzioni non aventi i requisiti della gravità, della precisione e della concordanza. Infine, stigmatizzava anche l’erronea quantificazione operata dall’Amministrazione, ritenendo non dovuto l’ILOR.

La CTR accoglieva il ricorso promosso dal contribuente, ritenendo insufficiente la motivazione addotta sia in ordine ai presupposti legittimanti l’accertamento induttivo, sia in ordine alle ragioni sottese al calcolo in rettifica, avendo fondato l’avviso di accertamento su elementi non riscontrabili.

Interponeva così appello l’Amministrazione finanziaria, affermando di aver assolto all’obbligo di motivazione previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e ribadendo la sussistenza dei presupposti previsti dall’art. 39 D.P.R. citato, ossia degli elementi gravi, precisi e concordanti individuati nell’incongruenza del volume d’affari dichiarato in relazione al numero e alla rilevanza dei contribuenti assistiti. Il contribuente non si costituiva ma veniva purtuttavia ammesso alla discussione previa presentazione di istanza di pubblica udienza.

La CTR accoglieva l’appello proposto dall’Ufficio richiamando alcune pronunce di questa Corte, secondo cui l’accertamento induttivo mediante presunzione ben può principiare da un fatto noto e non controverso, onerando il contribuente di fornire la prova contraria, ovvero delle circostanze modificative o estintive dei fatti stessi. In merito all’ILOR, il Giudice d’appello rilevava come fosse onere del contribuente dimostrare la prevalenza dell’attività prestata all’interno della società rispetto a quella libero-professionale, concretando detta circostanza anche l’elemento legittimante la deduzione. Onere rimasto però inadempiuto.

Insorge con ricorso il contribuente affidandosi a due motivi di ricorso, cui replica l’Amministrazione finanziaria con tempestivo controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

2. Con il primo motivo di ricorso il contribuente lamenta la violazione di legge, l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia e la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 e all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5.

In disparte la rubrica, il ricorrente censura la sentenza di appello sotto il profilo della carenza di motivazione per aver il Giudice di secondo grado compiuto un mero richiamo ai principi espressi da questa Corte, senza però valutare gli elementi di fatto addotti dal contribuente e avallando acriticamente le argomentazioni presentate dall’Ufficio.

3. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente censura la violazione di legge e l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia oggetto di discussione tra le parti in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 nonchè la violazione e falsa applicazione del D.M. 17 dicembre 1987 e del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38, 39 e 42 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5.

In tesi, afferma che la CTR avrebbe errato nel qualificare come indizi gravi, precisi e concordanti alcuni elementi, quali il numero di soggetti di cui il contribuente era depositario delle scritture contabili e il valore degli affari complessivi di questi ultimi indicati dal D.M. 17 dicembre 1987: detti elementi costituivano, infatti, solo il presupposto per l’avvio della procedura di accertamento. In buona sostanza l’Ufficio avrebbe dovuto desumere le proprie presunzioni da fatti ulteriori e diversi rispetto a quelli anzidetti, anzichè limitarsi ad un vuoto richiamo delle norme. In tale contesto, si duole ancora il ricorrente, l’Ufficio avrebbe anche omesso di valutare le deduzioni offerte dal privato, limitandosi ad offrire una motivazione apparente e, financo, inesistente.

4. Con pronunce n. 15108/2018 e n. 17488/2016, questa Corte ha già definito identici ricorsi promossi dal contribuente per le annualità 1986 e 1987, con accoglimento del primo motivo ed assorbimento del secondo.

4.1 In quella sede è stato statuito che la sentenza impugnata, nell’accoglimento del gravame proposto dall’Amministrazione finanziaria, si è limitata a richiamare principi giurisprudenziali ritenuti acquisiti in tema di riparto dell’onere della prova in relazione ad accertamento induttivo, omettendo di formulare alcuna specifica valutazione sui fatti rilevanti di causa e, dunque, senza ricostruire la fattispecie concreta ai fini della sua sussunzione in quella astratta.

Ciò comporta che, in una situazione di tal tipo, il sillogismo che distingue il giudizio finisca per essere monco della premessa minore e, come tale, privo della sua conclusione razionale (cfr. Cass. sez. 5, 27 maggio 2011, n. 11710; Cass. sez. 5, 30 ottobre 2015, n. 22242; Cass. sez. 6-5, ord. 10 gennaio 2017, n. 378), con ciò incorrendo pertanto la sentenza impugnata in difetto assoluto di motivazione.

4.2. In applicazione di detto principio questa Corte (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 1 settembre 2016, n. 17488), ha d’altronde già definito analoga controversia tra le stesse parti relativa ad impugnazione riferita ad accertamento induttivo ai fini IRPEP ed ILOR per la precedente annualità d’imposta, cassando per il medesimo vizio la sentenza della CTR, di contenuto sostanzialmente identico a quella qui in esame. In conformità a tali principi la sentenza impugnata va pertanto cassata per difetto assoluto di motivazione in accoglimento del primo motivo, assorbito il secondo, con conseguente rinvio per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale della Calabria – sezione staccata di Reggio Calabria – in diversa composizione.

Il giudice di rinvio provvederà altresì sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR per la Calabria – Reggio Calabria, cui demanda anche la regolazione delle spese del presente grado del giudizio.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2020

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