Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29725 del 29/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 29/12/2020, (ud. 10/09/2020, dep. 29/12/2020), n.29725

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5558/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

S.G., C.A. e C.S., tutti con

l’avv. Mario Piccolo, nel domicilio eletto presso lo studio

dell’avv. Francesco Oliveti, in Roma, alla via Cunfida, n. 20;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per la

Lombardia n. 33/44/13 depositata in data 01/03/2013 e non

notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 settembre

2020 dal Cons. Marcello M. Fracanzani.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

I contribuenti S.G. ed il coniuge C.V. erano attinti da distinti avvisi di accertamento all’esito di verifiche all’esito delle risposte a questionari loro inviati, nonchè ad altro inviato alla soc. Siland s.r.l., società di costruzioni di edifici residenziali e non, di cui essi coniugi detenevano ciascuno il 34% del capitale. Le dichiarazioni dei redditi esposti per gli anni di imposta 2003 e 2004 riferivano poco più di quattromila Euro per la moglie e zero per il marito, valori ritenuti incompatibili con cinque beni immobili mantenuti e mobili di cui avevano la disponibilità, nonchè con i versamenti fatti dai due coniugi verso la società, pari a Euro 2.247.524,00.

L’istanza di annullamento in autotutela dava esito negativo, così come il tentativo di accertamento con adesione, ritenendo l’Ufficio non adeguate le giustificazioni fornite dai contribuenti a dimostrazione della loro capacità patrimoniale.

Gli atti impositivi erano tempestivamente impugnati dai contribuenti con distinti ricorsi che, previa riunione, trovavano apprezzamento favorevole dal giudice di prossimità, mentre la sentenza di primo grado era riformata dalla CTR sull’appello proposto dall’Ufficio.

Più nel particolare, nel corso del giudizio di secondo grado veniva a mancare C.V. ed il giudizio riassunto ritualmente dagli eredi; altresì veniva prodotta sentenza della CTP relativa ad altra controversia e passata in giudicato, dove era annullato un avviso di accertamento “integrativo” (anche) per i medesimi anni di imposta, riferito al solo C.V.. Ritenendo tale accertamento “sostitutivo” di quello per gli anni 2003 e 2004, originariamente gravato, la CTR dichiarava improponibile l’appello nei confronti di C.V., affermando ormai definitivo quel rapporto con sentenza passata in giudicato, mentre in riforma dell’appellata sentenza confermava l’impianto impositivo per la ripresa tassazione nei confronti di S.G., compensando le spese in ragione della reciproca soccombenza. Avverso questa pronuncia propone ricorso l’Avvocatura generale dello Stato, affidandosi a due motivi di gravame, cui replica la parte contribuente con tempestivo controricorso e spiegando anche ricorso incidentale, affidato a due motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Dev’essere esaminato il ricorso principale, affidato a due motivi.

Con il primo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 5 per omesso esame di fatto decisivo, ove la CTR ha affermato che i due accertamenti annullati dalla sentenza CTP Milano n. 177/29/11, passata in giudicato fossero “sostitutivi” di quelli originariamente impugnati, senza accertare e motivare la sovrapponibilità dei titoli impositivi.

Con il secondo motivo si prospetta doglianza ex art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 29 e 41 bis e D.L. n. 656 del 1994, art. 2 quater, L. n. 241 del 1990, artt. 21 quater e 21 nonies nella sostanza lamentando che la CTR abbia falsamente applicato l’istituto della “sostituzione” a seguito di autotutela, in luogo della “integrazione” a seguito dell’emergere di nuovi fatti, istituto che non comporta l’annullamento dell’atto pregresso, ma a questo si affianca.

1.1 Il primo motivo di ricorso principale dell’Amministrazione finanziaria non risulta autosufficiente. Il ricorso si limita a riportare solo una piccola parte dei rispettivi avvisi di accertamento, laddove quanto ivi dedotto presuppone che la Corte sia messa in condizione di verificare integralmente, mediante trascrizione (ovvero mediante allegazione in copia) il contenuto degli accertamenti emessi nei confronti del C.V., onde poter valutare la natura sostitutiva o integrativa di quelli impugnati nel secondo giudizio rispetto a quelli oggetto d’impugnazione nel primo. Manca ogni riferimento ai fatti giustificativi della ripresa, che – come invece evidenziato dal contenuto della sentenza della CTP n. 177, pacificamente passata in giudicato, riportata nel controricorso sono i medesimi di quelli sugli accertamenti originari per gli anni 2003 e 2004 di cui al nostro giudizio.

Il motivo è dunque inammissibile.

2. In ossequio al principio di ragionevole durata del processo e di precedenza nell’esame al “motivo più liquido”, ovvero di pronta soluzione e dirimente per la soluzione della controversia, dev’essere esaminato il primo motivo del ricorso incidentale.

Con questo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 5 per motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria e art. 360, n. 3 per violazione art. 2909 c.c. e art. 112 c.p.c. per non aver considerato gli effetti del giudicato esterno formatosi sulla menzionata sentenza CTP Milano n. 177/29/11 che ha statuito sì nei confronti del solo C.V., ma sugli stessi fatti che riguardano anche la coniuge S.G., per cui la qui gravata sentenza avrebbe dovuto prendere atto dell’accertamento dei fatti ormai incontrovertibile e pronunciare in conformità.

Il motivo è fondato ove la sentenza una volta preso atto del giudicato, non ne scrutina le conseguenze anche per i profili esterni. In altre parole, il motivo è fondato in relazione alla dedotta violazione del giudicato esterno, secondo i principi di cui a Cass. SU n. 13916/06 e successiva giurisprudenza conforme, stante la natura permanente e quindi comune dei presupposti della ripresa (v., in particolare l’affermazione della CTP nella citata sent. 177, pag. 8 controricorso, righi 12-14).

3. L’accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale, comporta l’assorbimento del secondo motivo dello stesso ricorso incidentale, ove si profila censura ex art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 e dell’art. 116 c.p.c. per aver la gravata sentenza richiesto alle parti non solo la prova della disponibilità finanziaria per giustificare il tenore di vita rilevato col sistema del “redditometro”, ma anche la giustificazione della provenienza di quella disponibilità finanziaria, cioè una prova ulteriore che la norma non richiede.

Altresì, l’accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale comporta l’assorbimento dei rimanenti profili del primo motivo del ricorso principale e del secondo motivo del ricorso principale, come sopra indicato.

In definitiva, il primo motivo del ricorso incidentale è fondato e dev’essere accolto, il primo motivo del ricorso principale è inammissibile, per una parte, e per l’altra resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale, assieme al secondo motivo del principale ed al secondo motivo dell’incidentale.

Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso principale, accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, assorbito ogni restante motivo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie i ricorsi originari della contribuente S. per gli anni di imposta 2003 e 2004, compensa integralmente fra le parti le spese per i gradi di merito, condanna l’Agenzia delle entrate alla rifusione delle spese del giudizio per il grado di legittimità, che liquida in Euro cinquemilaseicento/00, oltre ad Euro 200,00 per esborsi; rimborso forfettario nella misura del 15%, oltre ad Iva e cpa, come per legge.

Così deciso in Roma, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2020

 

 

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