Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29712 del 15/11/2019

Cassazione civile sez. III, 15/11/2019, (ud. 20/09/2019, dep. 15/11/2019), n.29712

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15576-2018 proposto da:

EUROVITA SPA, in persona dell’Amministratore Delegato Dott.

S.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VITTORIO VENETO N 7,

presso lo studio dell’avvocato FILIPPO PINGUE, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MASSIMINO LO CONTE;

– ricorrente-

contro

P.G.W., BANCO BPM SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4816/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 17/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/09/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE ALESSANDRO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato FILIPPO PINGUE.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Eurovita Spa ricorre, affidandosi a tre motivi, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Milano che, respingendo l’impugnazione proposta anche dal Banco BPM Spa, aveva confermato la pronuncia del Tribunale con la quale, in accoglimento della domanda risarcitoria di P.G.W. relativa alla stipula di un contratto assicurativo con tipologia “index linked”, era stata accertata la responsabilità contrattuale della compagnia e della banca per violazione degli obblighi informativi e di verifica dell’adeguatezza dell’operazione, con condanna a corrispondere all’attore la somma che aveva complessivamente investito.

2. Le parti intimate non si sono difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I tre motivi devono essere congiuntamente esaminati per l’intrinseca connessione logica e la parziale sovrapponibilità degli stessi.

La ricorrente, infatti, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deduce:

a. la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 1, comma 1, lett. wbis), artt. 23 e 25bis, (da ora TUF) e dell’art. 30 Reg. Consob 11522/1998 in quanto la Corte territoriale aveva qualificato il contratto come uno strumento finanziario ed aveva dichiarato, su tale presupposto, la responsabilità contrattuale della compagnia, assumendo come violati gli obblighi informativi e quelli relativi alla verifica dell’adeguatezza dell’operazione riservata ai prodotti finanziari in applicazione della L. 28 dicembre 2005, n. 262 (poi modificata dalla L. n. 303 del 2006), entrata in vigore, però, successivamente alla stipula della polizza, avvenuta il 24.3.2005 (primo motivo);

b. la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. e dell’art. 1, comma 2, lett. R, art. 23, comma 1 e art. 100 TUF e del D.Lgs. n. n. 303 del 2006, artt. 3 ed 8 per errata interpretazione del contratto: lamenta che la Corte territoriale aveva ignorato il principio tempus regit actum, applicando erroneamente alla polizza in oggetto gli artt. 21 e segg. TUF (secondo motivo);

c. la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998 (TUF), art. 1, comma 1, lett. wbis), artt. 23 e 25bis, e dell’art. 30 Reg. Consob 11522/1998 in quanto era stato ritenuto applicabile il TUF e la normativa CONSOB, accertando la responsabilità contrattuale della Compagnia per aver violato gli obblighi informativi e non aver verificato l’adeguatezza dell’operazione nonostante che la normativa ratione temporis applicabile non prevedesse tali obblighi (terzo motivo).

2. Tutti i motivi – incentrati su un’unica ratio, declinata in più aspetti della invocata violazione di legge – sono inammissibili.

2.1 Questa Corte, infatti, ha avuto modo di chiarire – anche in relazione ai contratti di assicurazione sulla vita stipulati prima dell’entrata in vigore della L. 28 dicembre 2005, n. 262 e del D.Lgs. 29 dicembre 2006, n. 303 – che, nel caso in cui sia stabilito che le somme corrisposte dall’assicurato a titolo di premio vengano versate in fondi d’investimento interni o esterni all’assicuratore-, alla scadenza del contratto o al verificarsi dell’evento in esso dedotto, l’assicuratore sarà tenuto a corrispondere all’assicurato sotto forma di una somma pari al valore delle quote del fondo mobiliare al momento stesso (polizze denominate unit linked), il giudice di merito, al fine di stabilire se l’impresa emittente, l’intermediario ed il promotore abbiano violato le regole di leale comportamento previste dalla specifica normativa e dall’art. 1337 c.c., deve interpretare il contratto, e tale interpretazione non è censurabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivata, al fine di stabilire se esso, al di là del “nomen iuris” attribuitogli, sia da identificare come polizza assicurativa sulla vita (in cui il rischio avente ad oggetto un evento dell’esistenza dell’assicurato è assunto dall’assicuratore) oppure si concreti nell’investimento in uno strumento finanziario (in cui il rischio di “performance” sia per intero addossato all’assicurato).” (cfr. Cass. 6061/2012) 2.2. Nel caso in esame la Corte territoriale, confermando la sentenza del Tribunale, ha ritenuto che:

a. le caratteristiche del contratto denominato “polizza assicurativa” – non contestate – dovevano essere ricondotte all’investimento di un prodotto finanziario in quanto “il rischio delle performance era per intero addossato all’assicurato” contrariamente a ciò che accade nella polizza assicurativa in cui il rischio, riguardante l’assicurato, viene addossato per intero all’assicuratore. La motivazione risulta congrua, logica ed al di sopra della sufficienza costituzionale, oltre che adesiva alla pronuncia di primo grado: essa, pertanto, deve ritenersi insindacabile in sede di legittimità, tenuto anche conto che l’attività di interpretazione del contratto è riservata al giudice di merito (cfr. Cass.15471/2017; Cass. 28319/2017; Cass. 16987/2018; Cass. 10612/2018);

b. il principio “tempus regit actum” invocato risulta del tutto inconferente caso in esame in quanto il percorso argomentativo della Corte territoriale si sviluppa sull’interpretazione del contratto che, come statuito da Cass. 6061/2012 sopra richiamata – anche per i casi antecedenti all’entrata in vigore della L. n. 262 del 2005 – è svincolata dal principio della successione della legge nel tempo, attenendo alla natura (finanziaria o assicurativa) del negozio giuridico ed alla sua qualificazione complessiva (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata): la Corte ha condiviso l’interpretazione del contratto articolata dal Tribunale senza alcuna contraddizione logica e, pertanto, tale decisione è insindacabile in sede di legittimità (cfr. Cass.6319/2019);

c. la censura (che è stata esaminata al cpv 4 della sentenza impugnata) ricusa la affermata sussistenza degli obblighi informativi anche in capo alla compagnia di assicurazione che sono stati, invece, ritenuti sussistenti sulla base delle premesse di cui ai punti 1 e 2, in ragione della equiparazione della posizione di Eurovita a quella di un intermediario finanziario: il motivo è sostanzialmente assorbito dalle argomentazioni sviluppate al punto 1, ma vale comunque la pena osservare che le censure prospettate reiterano questioni di fatto già esaminate dalla Corte ed oggetto di motivate argomentazioni di condivisione della sentenza di primo grado.

3. In conclusione, il ricorso deve dichiararsi inammissibile.

Nessuna decisione sulle spese in ragione della mancata difesa delle parti intimate.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis.

PQM

La Corte,

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2019

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