Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2971 del 10/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 10/02/2010, (ud. 17/12/2009, dep. 10/02/2010), n.2971

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, domiciliata in Roma,

Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che

la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.E., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Lazio 20/C,

presso l’avv. DOTTO Massimo Francesco, che lo rappresenta e difende

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia-Romagna n. 124/23/07 del 6/11/07.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che il Consigliere relatore, nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione scritta prevista dall’art. 380 bis c.p.c., nei termini che di seguito si trascrivono:

“L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione contro la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna che ha rigettato l’appello dell’Ufficio contro la pronuncia di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente contro il silenzio-rifiuto formatosi su istanze di rimborso IRAP. Il contribuente resiste con controricorso.

Il ricorso contiene tre motivi. Può essere trattato in camera di consiglio (art. 375 c.p.c., n. 5) e rigettato, per manifesta infondatezza, alla stregua delle considerazioni che seguono:

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, assumendo – nel quesito di diritto formulato ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ. – che il professionista avrebbe erogato compensi a terzi.

Il mezzo è inammissibile, in quanto il quesito di diritto si fonda su una circostanza di fatto contraria a quanto risulta dalla sentenza, ove si afferma che il contribuente “non ha corrisposto compensi a terzi”.

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta ancora la violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, assumendo – nel quesito di diritto formulato ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ. – che il contribuente avrebbe la disponibilità di uno studio, come risulterebbe dalle sue stesse controdeduzioni in appello.

Anche il secondo motivo è inammissibile, in quanto l’Ufficio ha sostenuto in appello – come risulta dalla sentenza – la tesi secondo cui sarebbero esenti dall’IRAP solo le attività dei collaboratori coordinati e continuativi.

Con il terzo motivo l’Agenzia in sostanza contesta, sotto il profilo del vizio di motivazione, l’esattezza della sentenza quanto all’asserito difetto dei presupposti per l’assoggettamento ad IRAP del professionista.

Il terzo motivo è inammissibile, risolvendosi nella richiesta di una nuova valutazione delle circostanze di fatto valutate dal giudice tributario”;

che le parti non hanno presentato memorie;

che il collegio condivide la proposta del relatore;

che pertanto il ricorso va rigettato;

che la ricorrente va condannata al pagamento delle spese, liquidate in Euro 900,00, di cui Euro 700,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 900,00, di cui Euro 700,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 17 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2010

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