Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29700 del 29/12/2020

Cassazione civile sez. II, 29/12/2020, (ud. 21/07/2020, dep. 29/12/2020), n.29700

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24212/2019 proposto da:

R.A.M., rappresentato e difeso dall’avvocato MAURIZIO

SOTTILE, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

eletlivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 5888/2019 di rigetto del TRIBUNALE di MILANO,

depositato il 06/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/07/2020 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. R.A.M., nato in (OMISSIS), ricorre per la cassazione del decreto del Tribunale di Milano pubblicato il 6 luglio 2019, che ha rigettato l’opposizione avverso il provvedimento della Commissione territoriale di diniego della protezione internazionale.

2. Il Tribunale ha ritenuto non credibile il racconto del richiedente, ed ha quindi escluso che lo stesso fosse oggetto di atti persecutori nel Paese d’origine da parte di presunti creditori, evidenziando, inoltre, che il richiedente non aveva allegato fatti o elementi dai quali desumere il rischio di condanna a morte o di subire un trattamento inumano o degradante in caso di rimpatrio. Sotto altro profilo, il Tribunale ha rilevato che la situazione del Paese d’origine del richiedente non risultava caratterizzata da violenza generalizzata, nel senso richiesto ai fini della protezione sussidiaria, ed ha escluso, infine, la condizione di vulnerabilità del richiedente ai fini della protezione umanitaria.

3. Il ricorso per cassazione è articolato in tre motivi ai quali ha resistito, con controricorso, il Ministero dell’interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è denunciata violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 2, 3, 4,5,6,14, D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 8 e 27, artt. 2 e 3 CEDU, nonchè difetto di motivazione, travisamento dei fatti e omesso esame di fatti decisivi. Il ricorrente contesta la valutazione di non credibilità del racconto e lamenta che il Tribunale non avrebbe assolto il dovere di cooperazione istruttoria.

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14, nonchè omesso esame di fatti decisivi, e si lamenta che il Tribunale avrebbe valutato erroneamente sia la situazione socio-politica del Paese d’origine, il Bangladesh, sia la situazione soggettiva del richiedente, che era stato oggetto di atti di persecuzione e minaccia di morte.

3. Con il terzo motivo è denunciata violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, art. 19, nonchè “errato e omesso esame dei fatti decisivi in riferimento alla integrazione socio-lavorativa in Italia”, e si contesta il giudizio del Tribunale in merito alla condizione di vulnerabilità del richiedente.

4. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente perchè connessi, sono privi di fondamento.

4.1. Il Tribunale ha argomentato il giudizio di non credibilità del racconto del richiedente, evidenziando lacune ed incongruenze, oltre alla mancanza di riscontri di qualsiasi genere dell’esistenza del debito asseritamente contratto nel Paese d’origine.

Si tratta di giudizio formulato alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, che non è censurabile in questa sede sotto il profilo della violazione di legge, neppure con riferimento alla mancanza di attività istruttoria officiosa, giacchè il dovere di cooperazione in capo al giudice neppure sorge in caso di ritenuta inattendibilità soggettiva del racconto (ex plurimis, con richiami ai precedenti, Cass. 11/08/2020, n. 16925).

Non risultano indicati dal ricorrente fatti storici decisivi che il Tribunale non avrebbe esame, sicchè non sussiste il vizio di motivazione denunciato, mentre è inammissibile la censura di travisamento dei fatti, che attinge il merito delle valutazioni del Tribunale.

4.2. La valutazione della situazione politico-sociale del Paese d’origine è stata condotta, dal Tribunale, alla stregua delle informazioni reperite da fonti ufficiali datate 2017-2018, e il ricorso non contiene richiami a fonti qualificate più recenti e di segno contrario (Cass. 18/02/2020, n. 4037).

4.3. Priva di motivazione, e come tale inammissibile, è la censura riguardante il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria.

4.4. Infondata è anche la doglianza relativa al mancato riconoscimento della protezione per ragioni umanitarie.

Il Tribunale ha formulato il giudizio nel rispetto dei principi enucleati dalla giurisprudenza di questa Corte (per tutte, Cass. 23/02/2018, n, 4455), avendo evidenziato che il richiedente non presenta profili di vulnerabilità in quanto, per un verso, non risulta avere raggiunto integrazione sociale in Italia – dove ha frequentato un corso di lingua nel 2017, senza peraltro avere acquisito padronanza della lingua, ed ha svolto occasionali attività lavorative alle dipendenze di connazionali e, per altro verso, con riferimento alla sua condizione nel Paese d’origine, si è limitato ad allegare il proprio stato di insolvenza, con conseguente rischio di subire ripercussioni da parte dei creditori, allegazione già ritenuta non plausibile alla luce della vaghezza e genericità del racconto, mentre la prospettata generale condizione di povertà diffusa nel Paese d’origine, anche connessa al fenomeno dell’emergenza ambientale (frequenti alluvioni) non risulta collegata in alcun modo alla vicenda personale, come narrata dallo stesso ricorrente.

5. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, nella misura indicata in dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del Ministero dell’interno, che liquida in complessivi Euro 2.100,00, oltre spese prenotate e prenotande a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2020

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