Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29700 del 14/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 14/11/2019, (ud. 26/06/2019, dep. 14/11/2019), n.29700

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16487-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

P.C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’Avvocato

LUCIO MODESTO MARIA ROSSI;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 10073/16/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 29/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

DELL’ORFANO ANTONELLA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, indicata in epigrafe, che aveva respinto l’appello contro la decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Caserta n. 4834/2015, con cui era stato accolto il ricorso proposto da P.C. (legale rappresentante e socia della (OMISSIS) S.r.L., dichiarata fallita con sentenza n. 105/2011 del Tribunale di S. Maria C.V.) avverso avviso di accertamento IRPEF 2007 relativo a maggiori redditi, accertati in capo alla società a titolo di maggiori entrate rispetto a fatture relative ad operazioni inesistenti, e conseguentemente al socio, nella misura percentuale della sua partecipazione societaria;

la contribuente resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato, affidato ad unico motivo, ed ha depositato memoria difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. in esito a sollecitazione della memoria della controricorrente, questo Collegio condivide il principio, già reso da questa Corte (cfr. Cass. n. 5371/2017), per cui “il nuovo rito camerale di legittimità “non partecipato”, quale tendenziale procedimento ordinario per il contenzioso non connotato da valenza nomofilattica, è ispirato ad esigenze di semplificazione, snellimento e deflazione del contenzioso in attuazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost. e art. 6 CEDU, nonchè di quello di effettività della tutela giurisdizionale.”; così come “la previsione di una proposta di trattazione camerale da parte del relatore, in ragione della ravvisata esistenza di ipotesi di decisione del ricorso di cui all’art. 375 c.p.c. in luogo della relazione (o cd. “opinamento”) depositata in cancelleria, secondo la formulazione del previgente art. 380-bis c.p.c. – appartiene anch’essa all’esercizio della discrezionalità del legislatore in ambito processuale e non è tale da vulnerare il diritto di difesa, giacchè trattasi di esplicitazione interlocutoria di mera ipotesi di esito decisorio, non affatto vincolante per il Collegio e che, di per sè, ove rimanga confinata nell’alveo del thema decidendum segnato dai motivi di impugnazione, neppure è idonea a sollecitare profili attinenti allo stesso principio del contraddittorio” (cfr. Cass. n. 395/2017);

1.2. va inoltre respinta la richiesta della ricorrente di riunione del presente procedimento a quello iscritto al n. R.G. 19364/2017, non essendo quest’ultima imposta dall’art. 335 c.p.c., avendo i due ricorsi, come affermato dalla stessa ricorrente, unicamente ad oggetto la stessa questione di diritto;

2.1 con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, nullità della sentenza impugnata per “motivazione apparente e/o apodittica” avendo la CTR respinto l’appello dell’Ufficio senza esaminare gli “elementi specificamente indicati nel processo verbale di constatazione”, escludendo apodittica mente che la contribuente avesse “poteri gestori e…(avesse)… condiviso la distribuzione di utili”;

2.2. la censura è infondata atteso che dal complessivo contenuto della decisione gravata di ricorso per cassazione si scorge appieno la ratio decidendi posta a base della stessa, collegata alla mancanza di idonei elementi probatori dell’Ufficio (“presentazione della dichiarazione dei redditi, sottoscrizione della contabilità, rapporti diretti con il notaio”), che potessero escludere la “qualità fittizia di legale rappresentante e socia della S.r.L. oggetto di accertamento”;

2.3. tanto è sufficiente per escludere che la sentenza impugnata possa rientrare nello stigma delle sentenze nulle per omissione della motivazione, motivazione apparente, manifesta e irriducibile contraddittorietà, motivazione perplessa o incomprensibile, alla stregua di quanto affermato da Cass., S.U. nn. 8053/2014 e 8054/2014;

3.1. con il secondo motivo di ricorso la ricorrente censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, denunciando, in rubrica, “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1417 e 2725 c.c., del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, nonchè degli artt. 2263,2697,2727 e 1729 c.c.” perchè, secondo l’Agenzia delle Entrate, la CTR avrebbe confermato la sentenza appellata ritenendo condivisibile la ratio del Giudice di prime cure, secondo cui la contribuente era solo fittiziamente legale rappresentante e socia della S.r.L. oggetto di accertamento, mentre in realtà era una mera “testa di legno nelle mani di… soci ed amministratori di fatto”;

3.2. il motivo è fondato, in quanto correttamente l’Ufficio aveva recuperato le imposte nei confronti della contribuente, quale soda di s.r.l. a ristretta compagine sociale;

3.3. occorre preliminarmente evidenziare, quanto alla pretesa natura fittizia della qualità di socio della S.r.L., che il consolidato orientamento di questa Corte, a cui si ritiene di dover dare continuità, esclude l’ipotizzabilità della simulazione del contratto sociale, sia in considerazione delle inderogabili formalità che assistono la creazione e la stessa organizzazione dell’ente, sia in relazione alla tassatività delle cause di nullità della società previste dall’art. 2332 c.c. nel testo modificato per dare attuazione alla direttiva CE n. 68/151, la cui clausola di chiusura esclude, al di fuori dei casi previsti, l’assoggettamento della società a cause di nullità assoluta o relativa, d’inesistenza o d’annullabilità (cfr. Cass. nn. 6100/2003, 3666/1997);

3.4. per l’effetto la reale volontà dei contraenti, dopo la nascita dell’ente, non può più influire su atti ed iniziative tipiche di tale nuovo autonomo soggetto giuridico, che opera, coinvolgendo terzi, a prescindere da quella volontà effettiva;

3.5. iscritta nel registro delle imprese, la società di capitali vive, dunque, di vita propria ed opera compiendo la propria attività per realizzare il proprio scopo sociale, quale che sia stato l’intento preordinato dei suoi fondatori;

3.6. l’atto di costituzione dell’ente non può perciò essere interpretato secondo la comune intenzione dei contraenti, restando consacrato secondo la volontà che risulta iscritta ed in tal modo portata a conoscenza dei terzi (cfr. Cass. nn. 13234/2011, 10970/1996);

3.7. non è quindi conforme a diritto quanto affermato dalla CTR circa la partecipazione meramente fittizia della contribuente alla S.r.l.;

3.8. occorre poi richiamare il consolidato orientamento secondo cui, in materia di imposte sui redditi, nell’ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale – come quella in giudizio -, è legittima la presunzione di distribuzione pro quota ai soci di utili extracontabili accertati nei confronti della società, che deriva proprio dalla ristrettezza dell’assetto societario, che implica, normalmente, un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale, nonchè un elevato grado, da parte loro, di compartecipazione e di conoscenza degli affari sociali, salva, in ogni caso, la facoltà del socio di fornire la prova del fatto che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma accantonati dalla società o da essa reinvestiti (v. da ultimo Cass. n. 15824 del 29/07/2016; Cass. n. 27778/2017; Cass. n. 18042/2018; Cass. n. 32959/2018), elementi che la CTR ha ritenuto insussistenti sul solo presupposto della natura fittizia della qualità di socio della controricorrente;

4.1. con il ricorso incidentale la contribuente censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 denunciando violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, commi 1 e 3, per “inapplicabilità dell’istituto del “raddoppio dei termini”” nei suoi confronti, poichè non le sarebbe stato contestato alcuno dei reati di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000 nè ella aveva commesso alcuna violazione che comportasse l’obbligo di denuncia ex art. 331 c.p.p., mai proposta verso la medesima, rilevando inoltre che la contestazione era inerente ad imposta evasa di importo inferiore ad Euro 50.000, ai di sotto quindi della soglia minima prevista quale elemento costitutivo del reato di “omessa dichiarazione di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000;

4.2. la censura è infondata atteso che l’addebito fiscale nei confronti della contribuente, socia e legale rappresentante della società in base a quanto iscritto nel Registro delle Imprese, consegue all’accertamento legittimamente effettuato nei confronti della società, ed alla stessa notificato anche nella qualità di legale rappresentante della società (ovvero il soggetto in possesso della qualifica normativa alla cui sussistenza il legislatore subordina il venire in essere del dovere di dichiarazione o di versamento dell’imposta), con imposta evasa da parte della società oltre la soglia di punibilità di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5, come correttamente affermato nella sentenza impugnata, con conseguente infondatezza delle contrarie argomentazioni della ricorrente incidentale, circa la ricorrenza di un’ipotesi di reato di omessa dichiarazione, laddove, secondo quanto riportato nell’avviso di accertamento a carico della società, ritualmente trascritto nel ricorso principale, risultava presentata la dichiarazione dei redditi per l’annualità 2007 in contestazione, e dovendo parimenti evidenziarsi la mancanza di specifiche indicazioni, da parte della ricorrente incidentale, circa l’importo dell’imposta applicata alla società in misura differente da quella indicata in sentenza (Euro 309.590,00);

4.3. è opportuno evidenziare, quanto all’applicazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5, nei confronti della controricorrente, che, indiscutibile come tale disposizione preveda un “reato proprio”, nel caso di un contribuente persona giuridica il reato è necessariamente consumabile dal legale rappresentante, di diritto o anche di fatto della medesima, come nella fattispecie (cfr. Cass. Pen. 35527/2016 in motiv.; per fattispecie assimilabile di omessa presentazione di dichiarazione IVA cfr. anche Cass. Pen. 3240/1999);

5. sulla scorta di quanto sin qui illustrato va accolto il secondo motivo di ricorso principale, respinto il primo motivo ed il ricorso incidentale condizionato, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio per nuovo esame alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione, cui resta demandata anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso principale, respinto il primo ed il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione, cui demanda di pronunciare anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sesta Sezione, il 26 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2019

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