Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29698 del 29/12/2020

Cassazione civile sez. II, 29/12/2020, (ud. 21/07/2020, dep. 29/12/2020), n.29698

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24283/2019 proposto da:

E.K., rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPINA

MARCIANO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, PROCURA GENERALE PRESSO CORTE DI CASSAZIONE;

– intimati –

avverso il decreto n. 6490/2019 del TRIBUNALE di MILANO, depositato

il 08/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/07/2020 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. E.K., nato in (OMISSIS), ricorre per la cassazione del decreto del Tribunale di Milano pubblicato e comunicato in data 8 agosto 2019, che ha rigettato l’opposizione avverso il provvedimento della Commissione territoriale di diniego della protezione internazionale e del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie.

2. Il Tribunale ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, avuto riguardo alla situazione esistente nell’area di provenienza del richiedente – Edo State.

Con riferimento alla domanda di protezione per ragioni umanitarie, il Tribunale ha osservato che, pur risultando la presenza in Italia della moglie del richiedente e della figlia minore, occorresse considerare la presenza in Nigeria di altri due figli minori del richiedente, anch’essi parte del nucleo familiare e bisognosi di tutela, essendo stati affidati ai nonni che non sarebbero in grado di allevarli adeguatamente.

In esito della valutazione comparativa, il Tribunale ha escluso che il rimpatrio del richiedente e dell’intero nucleo familiare possa risultare pregiudizievole, tenuto conto che il richiedente risulta ancora inserito in un centro di accoglienza con moglie e figlia minore, è privo di autosufficienza economica e di legami esterni al nucleo familiare.

3. Il ricorso per cassazione è articolato in tre motivi. Non ha svolto difese in questa sede il Ministero dell’interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è denunciata violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 10 e 11, art. 46, par. 3 direttiva 2013/32/UE, art. 47 CDFUE, artt. 6 e 13 CEDU, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3,D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e si contesta la violazione dei principi di cooperazione istruttoria e di attenuazione dell’onere della prova in riferimento alla mancata audizione del richiedente, che gli avrebbe impedito di far emergere fatti non dichiarati dinanzi alla Commissione territoriale nè indicati nel ricorso, e di chiarire le imprecisioni e lacune del racconto fatto dinanzi alla Commissione.

2. Con il secondo motivo è denunciato omesso esame di un fatto decisivo costituito dall’effettiva situazione esistente nel Paese d’origine, avuto riguardo in particolare alla pericolosità sociale della Nigeria. Il Tribunale si sarebbe limitato a richiamare notizie risalenti al 2017, a fronte della situazione risultante dal sito (OMISSIS) del MAE dell’aprile 2019.

3. Con il terzo motivo è denunciata violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, nonchè omesso esame di fatto decisivo ai fini del riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Si lamenta che il Tribunale avrebbe omesso di effettuare la comparazione tra la situazione attuale del richiedente con quella vissuta prima della partenza dal Paese d’origine, ai fini del giudizio di comparazione. In particolare, non sarebbe stato considerato il fatto che il richiedente, nonostante la posizione lavorativa nel Paese d’origine e la presenza di due figli minore, sia stato costretto ad allontanarsi per la propria incolumità.

4. I primi due motivi sono infondati.

4.1. Il Tribunale ha fissato l’udienza D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, comma 11, ritenendo peraltro di non procedere all’audizione sul rilievo che non fosse necessaria.

Secondo l’orientamento di questa Corte, che non v’è ragione di disattendere, ove manchi la videoregistrazione del colloquio, all’obbligo del giudice di fissare l’udienza, non consegue automaticamente quello di procedere all’audizione del richiedente, purchè sia garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni, o davanti alla Commissione territoriale o, se necessario, innanzi al Tribunale. Ne deriva che il Giudice può respingere una domanda di protezione internazionale che risulti manifestamente infondata sulla sola base degli elementi di prova desumibili dal fascicolo e di quelli emersi attraverso l’audizione o la videoregistrazione svoltesi nella fase amministrativa, senza che sia necessario rinnovare l’udizione dello straniero (ex plurimis, Cass. 28/02/2019, n. 5973; Cass. 05/07/2018, n. 17717, che richiama Corte di giustizia dell’Unione Europea, 26 luglio 2017, Moussa Sacko contro Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano).

4.2. Il Tribunale ha escluso, sulla base di fonti ufficiali (rapporto EASO 2018; Human Rights Watch Report 2018), sia la credibilità del racconto del richiedente con riferimento al dichiarato coinvolgimento nel cult indicato, sia la pericolosità dell’area di provenienza, così pervenendo al diniego motivato dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, e tale giudizio non può essere riesaminato alla luce della fonte richiamata nell’odierno ricorso.

Come chiarito da questa Corte, per contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle cd. fonti privilegiate, di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, il motivo di ricorso per cassazione deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del cd. dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate (ex plurimis, Cass. 18/02/2020, n. 4037), laddove il sito (OMISSIS) del MAE non costituisce fonte qualificata avendo scopo e funzione non coincidenti, se non in parte, con quelli perseguiti nei procedimenti di protezione internazionale (Cass. 12/05/2020, n. 8819).

5. Il terzo motivo di ricorso è, invece, fondato.

Nel giudizio di comparazione effettuato ai fini della decisione sulla domanda di protezione umanitaria, il Tribunale ha valorizzato il fatto che il richiedente abbia altri due figli minori, rimasti in Nigeria presso i nonni (nel villaggio di (OMISSIS)), ritenendolo “fattore assolutamente dirimente nella valutazione da effettuarsi ai fini del riconoscimento di una forma di tutela a norma dell’art. 8 CEDU”.

Si tratta di valutazione che non può essere condivisa nella parte in cui assegna prevalenza all’interesse proprio dei figli minori rimasti in Nigeria all’unità del nucleo familiare, senza considerare l’interesse del richiedente, il quale ha domandato di rimanere in Italia con moglie e figlia minore, così allegando l’esistenza di un nucleo familiare nel Paese di accoglienza, che deve essere valutato ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1.1, ultimo periodo.

Diversamente da quanto affermato dal Tribunale, l’interesse dei figli minori che vivono in Nigeria non può costituire elemento dirimente ai fini della decisione sulla domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie.

5. All’accoglimento del ricorso segue la cassazione del decreto impugnato con rinvio al giudice designato in dispositivo, il quale provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati i rimanenti, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2020

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