Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29695 del 29/12/2011
Cassazione civile sez. II, 29/12/2011, (ud. 21/09/2011, dep. 29/12/2011), n.29695
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
D.C.B. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA DARDANELLI 37, presso lo studio dell’avvocato CAMPANELLI
GIUSEPPE, rappresentata e difesa dall’avvocato MAROTTA FILIPPO giusta
mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
D.M.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CARLO POMA A, presso lo studio dell’avvocato BALIVA MARCO,
rappresentato e difeso dall’avvocato CANTONI ANGELO giusta procura
speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
D.M.D., B.T.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1669/2008 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA del
6/05/2008, depositata il 14/10/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
21/09/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;
udito l’Avvocato Marotta Filippo, difensore della ricorrente che si
riporta agli scritti;
udito il P.G. in persona del Dott. PATRONE Ignazio che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso.
Fatto
FATTO E DIRITTO
D.C.B. nel gennaio 1997 agiva nei confronti di D. M.P., rappresentante dei genitori D.M.D. e B.T., chiedendo che fosse accertata l’autenticità della sottoscrizione del contratto con il quale il mandatario le aveva alienato nel 1996 un lotto di terreno in (OMISSIS), contro pagamento del prezzo di L. 75 milioni.
Nel 2003 il tribunale di Modena accoglieva le eccezioni del convenuto e dichiarava la nullità del contratto per violazione della norma imperativa di cui all’art. 2744 c.c..
La Corte di appello di Bologna il 14 ottobre 2003 confermava tale sentenza.
D.C.B. ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 15 ottobre 2009, proponendo due complessi motivi, ciascuno articolato su più profili.
Il D.M. ha resistito con controricorso, eccependo tra l’altro l’inammissibilità del ricorso per vizi della individuazione della parte intimata e per violazione dell’art. 366 bis c.p.c.. Sono state depositate memorie.
Il ricorso, soggetto ratione temporis alla disciplina novellatrice di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, è inammissibile. I motivi denunciano rispettivamente:
1a) violazione e falsa applicazione dell’art. 61 c.p.c.; attt. 1392, 1396, 1710, 1711, 1713, 2699, 2700, 2744 c.c., art. 646 c.p., L. n. 89 del 1913, art. 59 e segg.; R.D.L. n. 1666 del 1937;
1b) violazione e falsa applicazione della normativa sugli assegni vigente all’epoca dei fatti: R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, artt. 32, 35, 46,60 e 62; R.D. n. 1669 del 1933, art. 68; D.P.R. n. 290 del 1975, art. 8; L. 15 dicembre 1990, n. 386, artt. 2, 3, 8, 8 bis, 9, 9 bis, e segg..
1c) violazione e falsa applicazione della normativa relativa al valore probatorio di atti pubblici ed alla opponibilità a terzi delle eventuali modifiche agli stessi (artt. 1392, 1396 c.c.; L. n. 15 del 1968; L. n. 89 del 1993 e successive modifiche artt. 2699 e 2700 c.c.).
2) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in particolare;
a) “circa la fondatezza e veridicità delle testimonianze rese dai due testi sentiti in primo grado, alla base della motivazione (della) sentenza emessa dalla Corte d’appello”.
b) “circa la fondatezza e veridicità della asserita difficoltà economico finanziaria del D.M.P.”.
c) “circa la domanda subordinata dell’appellante di correzione errore materiale rigettata dalla Corte d’appello di Bologna”;
d) “circa le spese legali liquidate in sentenza dalla Corte d’appello di Bologna alla controparte”.
Nessuno dei motivi si conclude con la formulazione del quesito di diritto che è indispensabilmente previsto, a norma dell’art. 366 bis c.p.c., a pena di inammissibilità, per l’illustrazione di ciascun motivo nei casi previsti dall’art. 360, comma 1, nn. 1), 2), 3), e 4).
Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (Cass. 19769/08).
Pertanto deve essere formulato, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una “regula iuris” da applicare nel caso concreto (Cass. 9477/09; SU 7433/09).
Quanto alla parte delle censure che espone omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360, n. 5, si rileva la mancata indicazione del fatto controverso su cui cadrebbe il vizio di motivazione.
In proposito la giurisprudenza (SU n. 20603/07; Cass. 4309/08;
16528/08) ha chiarito che la censura ex art. 360, n. 5 deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, per consentire una pronta identificazione delle questioni da risolvere. Il requisito concernente il motivo di cui al n. 5 del precedente art. 360 – cioè la “chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione della sentenza impugnata la rende inidonea a giustificare la decisione” – deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non e1 possibile ritenerlo rispettato allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366 bis, che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea sorreggere la decisione.
Anche questa omissione è sanzionata con l’inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c..
Giova rilevare che neanche il punto b) del secondo motivo soddisfa i requisiti di legge, poichè non vi è alcuna specificazione sintetica delle ragioni per cui il fatto ivi appena accennato (difficoltà economica finanziaria del D.M.) sarebbe controverso e rilevante in causa.
In relazione alla memoria di parte ricorrente va ribadito, in tema di quesito di diritto, che la L. n. 69 del 2009, art. 47, con il quale è stato abrogato l’art. 366 bis cod. proc. civ., si applica, per effetto della disposizione transitoria contenuta nell’art. 58, comma 5, della medesima legge, solo con riferimento alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione sia stato pubblicato successivamente alla data di entrata in vigore della legge (Cass. 26364/09), con la conseguenza che per quelli proposti antecedentemente (dopo l’entrata in vigore del d. lgs. n. 40 del 2006, come nella specie) tale norma e1 da ritenersi ancora applicabile (Cass. 7119/10). Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.
Mette conto aggiungere che con riferimento alla contestata legittimazione di D.M.D., asseritamente deceduto nelle more del giudizio di appello, e di B.T., asseritamente deceduta nelle more del giudizio di cassazione, non v’è luogo per procedere ad integrazione del contraddittorio con il litisconsorte D.M.P. (il quale era già parte costituita nel giudizio di appello). Vale infatti quanto stabilito da SU 6826/2010: “Nel giudizio di cassazione, il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza di un’evidente ragione d’inammissibilità del ricorso (nella specie, per la palese inidoneità del quesito di diritto), di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti di litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un’attività a processuale del tutto ininfluente sull’esito del giudizio.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite liquidate in Euro 3.000 per onorari, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile tenuta, il 21 settembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011