Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29694 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 29/12/2011, (ud. 13/12/2011, dep. 29/12/2011), n.29694

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.C.P., elettivamente domiciliato in Roma, Via S.

Tommaso d’Aquino n. 75, presso lo studio dell’Avv. Mario Lacagnina,

rappresentato e difeso dall’Avv. Franco Carinci del foro di Bologna

come da procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CAMICERIA PANCALDI & B S.r.l. (incorporata da IN.PRO.DI –

INGHIRAMI

PRODUZIONE DISTRIBUZIONE S.p.A.), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via

degli Scipioni 281/283, presso lo studio dell’Avv. Giampiero Proia,

che la rappresenta e difende, unitamente all’Avv. Maria Teresa Noro

del foro di Milano, come da procura in calce al ricorso;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 500/07 della Corte di Appello di

Bologna dell’11.10.2007/11.01.2008 nella causa iscritta al n. 32 R.G.

dell’anno 2004.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13.12.211 dal Cons. Dott. Alessandro De Renzis;

udito l’Avv. Franco Carinci per il ricorrente e l’Avv. Mauro

Petrassi, per delega dell’Avv. Giampiero Proia, per la

controricorrente;

sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. MATERA

Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso, depositato il 7.11.2000, G.C.P. impugnava dinanzi al Tribunale di Bologna il licenziamento intimatogli dalla CAMICERIA PANCALDI il 31 luglio 2000, perchè ritenuto responsabile di avere strattonato la dipendente C. in data 20 luglio 2000 e di avere utilizzato carta intestata aziendale per inviare alla stessa dipendente, senza averne i poteri, una lettera di contestazione.

Al riguardo eccepiva l’illegittimità del provvedimento risolutorio, in quanto privo di giusta causa e/o giustificato motivo in considerazione dell’infondatezza degli addebiti contestatati.

La convenuta costituendosi contestava le avverse deduzioni e chiedeva il rigetto del ricorso.

All’esito dell’istruzione il Tribunale di Bologna con sentenza n. 991 del 2002 accoglieva il ricorso e dichiarava la nullità del licenziamento, con le conseguenti statuizioni.

Tale decisione, appellata dalla società, è stata riformata dalla Corte di Appello di Bologna con sentenza n. 500 del 2007, che ha respinto le domande proposte da G.C..

La Corte ha in particolare ritenuto plausibile, anche sulla base delle dichiarazioni dei testi escussi, la versione resa dalla lavoratrice circa lo strattonamento subito ad opera dello G. C. e ha rilevato che la lettera di contestazione da quest’ultimo inviata alla dipendente C. – dopo l’incontro avuto con l’amministratore della società Thiella – rappresentava una indebita pressione sullo stesso.

Ciò era tanto più grave, per avere agito il ricorrente in carenza di poteri.

G.C. ricorre per cassazione con tre motivi.

La società IN.PRO.DI – Inghirami Produzioni Distribuzione S.p.A., incorporante della Camiceria Pancaldi, resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. con riguardo alla plausibilità della versione resa dalla C., la cui testimonianza avrebbe potuto e dovuto essere ritenuta del tutto inattendibile e menzognera dalla Corte territoriale, dovendosi escludere, sulla base delle dichiarazioni dei testi escussi, che esso ricorrente avesse in qualche modo strattonato la C. o provocato lesioni alla stessa.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione circa la ricostruzione fattuale dell’episodio occorso il 20 luglio 2000 tra il dott. G. e la C., nonchè violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., art. 2119 c.c..

Al riguardo il ricorrente rileva che il giudice di appello, pur non mettendo in dubbio la veridicità del contenuto delle testimonianze rese dalle tre colleghe della C., ne ha completamente svuotato la portata, errando e contraddicendosi rispetto alle circostanze chiaramente riferite dalle tre testi, le quali tutte avrebbero riferito di avere sentito la C. gridare allo G. di non toccarla, due di loro hanno confermato che i due contendenti avevano una mano appoggiata agli estremi opposti del carrello, mentre una di loro ha precisato che la C. tirava il carrello per portarlo allo spaccio e lo G. dal lato opposto spingeva per accelerare l’operazione.

I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente perchè connessi, sono privi di pregio e vanno disattesi. Invero il giudice di appello ha fatto buongoverno del suo potere di individuare le fonti del proprio convincimento e pertanto anche di valutare le prove, controllare la loro attendibilità e concludenza, di scegliere- tra le risultanze probatorie- quelle ritenute idonee ad accertare i fatti oggetto della controversia, privilegiando in via logica taluni –H mezzi di prova e disattendendone altri, in ragione del loro ” spessore probatorio, con l’unico limite dell’adeguata e con-grua motivazione del criterio adottato (ex plurimis Cass. sentenza n. 9834 del 1995; Cass. sentenza n. 10896 del 1998).

La Corte territoriale nel caso di specie ha fatto corretta applicazione del richiamato orientamento giurisprudenziale, dando conto, delle dichiarazioni delle testi S., B., T., oltre che di quelle della C., e ritenendo, proprio sulla base di tali risultanze, plausibile la versione della lavoratrice di essere stata strattonata dallo G., anche solo mediante lo spostamento repentino del carrello o dei movimenti posti in essere dallo stesso ricorrente per impossessarsene di un estremo.

La stessa Corte ha aggiunto che dalla certificazione del soccorso, cui la C. si recò lo steso giorno, terminato il lavoro, risulta che le fu riscontrato un trauma indiretto da stiramento della spalla sinistra, i cui esiti sono stati confermati dall’INAIL ai fini dell’indennizzo dell’inabilità temporanea conseguitane.

Il ricorrente da parte sua ha chiesto una riesame delle risultanze delle prove testimoniali rispetto alla valutazione del giudice di appello, sorretta da congrua e logica motivazione anche con riferimento all’attendibilità della C. sentita come teste, e quindi non censurabile in sede di legittimità.

2. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 e art. 2697 cod. civ., avuto riguardo alla pretesa sussistenza della giusta causa nella lettera inviata dallo G. alla C. il 21 luglio 2000.

Il ricorrente rileva che il giudice di appello non ha colto il significato della lettera anzidetta, cui non si sarebbe potuto attribuire alcun rilievo disciplinare, e ciò alla luce del suo contenuto e del colloquio avuto il giorno prima dall’Amministratore T. con la lavoratrice da lui convocata.

Anche questo motivo non è fondato.

Le censure del ricorrente non fanno che sollecitare un diverso apprezzamento delle circostanze di fatto, relative all’invio dell’anzidetta lettera da parte dello G. alla lavoratrice senza averne i poteri, già verificate dal giudice di appello e ritenute, in base ad adeguata e coerente motivazione, tali da configurare giusta causa di licenziamento.

3. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

Le spese di giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 50,00, oltre Euro 3000/00 per onorari ed oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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