Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29693 del 14/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 14/11/2019, (ud. 20/06/2019, dep. 14/11/2019), n.29693

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22689-2018 proposto da:

F.B., F.G.T., G.E.,

D.C.N., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato ENRICO

FORGHIERI;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 250/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 18/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GRASSO

GIUSEPPE.

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che la Corte d’appello di Bologna con la sentenza di cui in epigrafe, per quel che qui ancora rileva, rigettata l’impugnazione avanzata da F.B., D.C.N., F.G.T. e G.E., confermò la sentenza di primo grado, la quale, accogliendo la domanda proposta da Equitalia Nord, alla quale in appello era subentrata l’Agenzia delle Entrate Riscossioni, creditrice, sulla base di cartelle esattoriali, per oltre tre milioni di Euro, aveva, ai sensi dell’art. 2901 c.c., dichiarato la inefficacia nei confronti dell’attrice di una pluralità di donazioni, attraverso le quali la F. si era spogliata in favore di congiunti del proprio patrimonio immobiliare sito nel territorio nazionale;

ritenuto che avverso la decisione d’appello gli appellanti propongono ricorso per cassazione sulla base di unitaria censura, ulteriormente illustrata da memoria, e che l’Agenzia delle Entrate Riscossioni resiste con controricorso;

ritenuto che l’esposto motivo, con il quale i ricorrenti prospettano violazione dell’art. 2901 c.c., assumendo non sussistere il presupposto della scientia fraudis, stante che gli atti di liberalità erano stati compiuti dalla F., non al fine di sottrarsi alle pretese del Fisco (contestate in sede giudiziaria), ma allo scopo di liberarsi di tutti gli immobili goduti in proprietà in Italia in favore di congiunti, nei confronti dei quali aveva voluto esprimere la propria gratitudine, in occasione dello scioglimento per divorzio del proprio matrimonio, avendo da tempo deciso di vivere all’estero (prima nel Principato di Monaco e poi in Svizzera), è, prima che manifestamente infondato, inammissibile per difetto di specificità:

– esso, infatti, solo apparentemente contrasta la motivazione della sentenza impugnata, la quale non risulta essere stata in alcun modo effettivamente attinta a riguardo della ratio decidendi, peraltro, quanto mai scontata, la quale partendo dal constatato radicale impoverimento patrimoniale, causato dagli atti di liberalità (la prova, in un simile caso del contrario deve essere posta a carico del debitore donante – cfr., ex multis, Sez. 2, n. 1902, 3/2/2015 -), afferma sussistere l’ulteriore presupposto della scientia fraudis (trattavasi di donazioni successive all’accertata conoscenza dell’insorgere del credito) in capo alla disponente, dovendo per legge escludersi che una tale consapevolezza dovesse riguardare anche i donatari (art. 2901 c.c., comma 1, n. 2);

– non risulta, inoltre, porsi in correlazione con i motivi d’appello, il cui contenuto risulta analiticamente riportato nella sentenza impugnata (alle pagg. 6 e 7), senza che i ricorrenti abbiano mosso rilievo a riguardo della loro corretta sintesi da parte della Corte locale;

considerato che le spese legali debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi, in favore della controricorrente, siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle attività espletate;

che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte della ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2019

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