Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2969 del 07/02/2020

Cassazione civile sez. I, 07/02/2020, (ud. 08/10/2019, dep. 07/02/2020), n.2969

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22432/2018 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Ugo Ojetti n.

114, presso lo studio dell’avvocato Caputo Francesco Antonio,

rappresentato e difeso dall’avvocato Maradei Vincenzo;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno – Commissione Territoriale per il

Riconoscimento della Protezione Internazionale;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il

15/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/10/2019 dal Cons. Dott. GORJAN SERGIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

B.A. – cittadino della Nigeria – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Venezia avverso il provvedimento di rigetto della sua istanza di protezione internazionale emesso dalla Commissione territoriale di Verona.

Il ricorrente prospettava d’esser dovuto fuggire dal suo Paese poichè ricercato dalla Polizia per presunte attività illecite quali la pressione su altro ragazzo perchè aderisse al culto (OMISSIS), spari e ferimento di una persona durante un funerale e tafferugli davanti ad una discoteca.

All’esito del procedimento il Collegio lagunare ha rigettato il ricorso e confermato il provvedimento impugnato, osservando come il B. non appariva credibile, sia intrinsecamente che per incoerenza oggettiva del racconto, in relazione alle ragioni poste alla base della sua domanda di protezione internazionale in relazione a tutti gli istituti previsti.

Il B. ha proposto ricorso per cassazione articolando tre motivi.

L’Amministrazione degli Interni ritualmente evocata non s’è costituita a contraddire.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto dal B. s’appalesa siccome infondato.

Con il primo mezzo d’impugnazione sviluppato, il ricorrente deduce plurime censure e violazione della norma D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, nonchè omesso esame di fatto decisivo ed erronea valutazione delle prove.

L’omesso esame ex art. 360 c.p.c., n. 5, viene individuato nella statuizione dei Giudici serenissimi circa il difetto di prova che il ricorrente potesse esser in pericolo di vita se fosse rientrato in Nigeria, poichè un tanto affermato sebbene i Giudici non avessero proceduto all’integrazione ex officio della prova, siccome prescritto dalla speciale normativa in materia di protezione internazionale.

La violazione dei canoni di valutazione della prova ex artt. 115 e 116 c.p.c., viene correlata alla mancata valutazione del pericolo di persecuzione collegato al rientro in Patria, non solo in relazione ai fatti che determinarono la fuga,ma anche alla fuga stessa che, ex se, rende inviso il richiedente asilo alle Autorità del suo Paese d’origine, nonchè al mancato adeguato apprezzamento che le condizioni sociali e dell’ordine pubblico della Nigeria continuavano a mantenersi assai precarie con violenza diffusa.

L’articolata censura mossa, nonostante il richiamo formale a specifici vizi di legittimità prescritti dall’art. 360 c.p.c., in effetti si compendia nella mera contestazione delle valutazioni operate dal Collegio lagunare proponendo una lettura alternativa degli elementi fattuali e logici utilizzati per addivenire alla soluzione illustrata nel decreto impugnato.

Come chiaramente si deduce dallo stelo argomento critico svolto in ricorso, i Giudici veneti non hanno omesso di esaminare un fatto ma hanno ritenuto manchevole la prova dell’affidabilità delle dichiarazioni rese dal B. a supporto della sua richiesta di protezione internazionale.

Il Tribunale ebbe ad evidenziare puntualmente le ragioni fattuali che rendevano il racconto del ricorrente non credibile, poichè generico circa l’effettiva caratura del culto (OMISSIS) – che di certo non sarebbe ignota ad un affiliato quale egli si dichiarava – e contraddittorio circa il ferimento di una persona durante un funerale con spari in aria.

Inoltre il Collegio lagunare aveva ritenuto l’inesistenza di una situazione di violenza diffusa nella zona della Nigeria in cui il ricorrente abitava,sulla scorta di documentazione proveniente da Enti internazionali.

A fronte di detta specifica motivazione, fondata sulla valutazione di tutti i dati fattuali versati in atti, il ricorrente si limita a lamentare l’omessa attivazione della facoltà officiosa di assumere ulteriori elementi conoscitivi da parte del Collegio veneto.

Lamentela che si pone in contrapposizione astratta rispetto alla motivazione esposta dal Tribunale,il quale sottolinea come nulla era possibile ulteriormente indagare a fronte di dichiarazioni vaghe e non credibili ex se rese dal B.. Quanto poi alla valutazione della situazione politico-sociale della Nigeria, il B. opera generico riferimento alla situazione di violenza esistente nel Paese senza confrontarsi con la specifica valutazione del Tribunale afferente la specifica zona della Nigeria in cui egli risiedeva – Edo State -.

All’evidenza,poi, il cenno al generico pericolo – cui il ricorrente sarebbe esposto se rimandato in Patria – rappresentato dall’essersi allontanato dal suo Paese, appare fondato su ragionamento tautologico – esisterebbe sempre per la sola decisione di allontanarsi a prescindere dalla fondatezza delle ragioni addotte a giustificazione – e privo di ogni elemento di effettività.

Con la seconda ragione di doglianza il B. lamenta violazione o falsa applicazione delle norme D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 7 e 8, poichè il Tribunale veneto avrebbe violato le disposizioni richiamate.

L’argomentazione critica svolta si riduce all’apodittica affermazione che il Collegio lagunare ha violato la disposizione del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 7, comma 2 – descrittivo del concetto di atti persecutori – e la disposizione in tema di integrazione probatoria ex officio.

Pertanto,l’argomento critico svolto s’appalesa siccome astratto eppertanto generico con conseguente sua inammissibilità.

Con il terzo mezzo d’impugnazione il ricorrente rileva violazione delle norme in tema di protezione umanitaria, anche alla luce del principio del non refoulement desumibile dalla Convenzione Edu, in quanto il Tribunale veneto non si sarebbe allineato ai principi di diritto in materia ed all’insegnamento giurisprudenziale correlato.

Anche in relazione a tale doglianza il ricorrente si limita ad una ricostruzione astratta dell’istituto residuale della protezione umanitaria per apoditticamente affermare che il Collegio lagunare non s’è attenuto in concreto a quanto stabilito dalla normativa e giurisprudenza afferente la materia,senza però in effetti confrontarsi con la puntuale motivazione al riguardo pur esposta dal Tribunale nel provvedimento impugnato.

Al rigetto del ricorso non segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità,stante la mancata costituzione dell’Amministrazione.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per il pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso, nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello,ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza di Camera di consiglio, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2020

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