Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29688 del 19/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 19/11/2018, (ud. 19/07/2018, dep. 19/11/2018), n.29688

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSTO Lucia – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14761-2017 proposto da:

AUTO CARACCIOLO SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ARCHIMEDE 175, presso lo

studio dell’avvocato MANFREDONIA PIERLUIGI, rappresentata e difesa

dagli avvocati MOTTA CATALDO, GALASSI VALERIA;

– ricorrente –

contro

D.G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

AUGUSTO RIBOTY 3, presso lo studio dell’avvocato ZANGRILLI PAOLA,

rappresentato e difeso dall’avvocato DE MITRI DONATO;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

AUTO CARACCIOLO SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ARCHIMEDE 175, presso lo

studio dell’avvocato MANFREDONIA PIERLUIGI, rappresentata e difesa

dagli avvocati MOTTA CATALDO, GALASSI VALERIA;

– controricorrente al ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 2404/2016 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 21/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/07/2018 dal Consigliere Dott. DE MARINIS NICOLA.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza del 21 dicembre 2016, la Corte d’Appello di Lecce, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Lecce, accoglieva, solo relativamente al periodo novembre 1997/marzo 2004, la domanda proposta da D.G.M. nei confronti della AutoCaracciolo S.r.l., avente ad oggetto il riconoscimento della natura subordinata del rapporto intrattenuto con la Società dapprima senza alcuna formalizzazione e successivamente con l’assegnazione di un incarico formale di procacciatore occasionale di affari e la condanna della Società al pagamento delle differenze retributive maturate con riferimento alle varie voci retributive indirette e differite mai corrisposte;

che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto provato lo svolgimento in via continuativa da parte del D.G. dell’attività di vendita in favore della Società, idoneo ad escludere la qualificazione del rapporto come mero incarico di procacciatore d’affari, non qualificabile, stante il difetto di forma scritta, neppure come rapporto d’agenzia, con caratteristiche tali da rifletterne la natura subordinata, di conseguenza, dovute, ma nei limiti derivanti dall’applicazione del parametro della giusta retribuzione ex art. 36 Cost., le differenze retributive risultanti dalla detrazione degli importi lordi e non netti, per omogeneità dei relativi elementi, recati dalle fatture pagate al ricorrente, e, di contro, non dovuto il risarcimento del danno da omessa contribuzione, non risultando la stessa provata;

che per la cassazione di tale decisione ricorre la Società, affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, il D.G., il quale, a sua volta, propone ricorso incidentale, articolato su due motivi, cui resiste, con controricorso, la Società;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il primo motivo, la Società ricorrente principale, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 2094 c.c., imputa alla Corte territoriale la sopravvalutazione dell’elemento della continuità della prestazione ai fini di escludere la qualificazione del rapporto quale incarico di procacciatore di affari e la valorizzazione di meri elementi indiziari nel giudizio circa la ricorrenza nella specie della subordinazione;

che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., la Società ricorrente principale imputa alla Corte territoriale l’error in iudicando, derivante dall’omesso esame della documentazione contabile, attestante, in ragione della discontinuità della numerazione delle fatture, lo svolgimento di attività da parte del D.G. anche a favore di terzi;

che, dal canto suo, il D.G., ricorrente incidentale, con il primo motivo, contesta la quantificazione delle differenzè retributive operata dalla Corte territoriale, deducendo che il diverso importo della condanna non deriverebbe, come affermato in motivazione, dalla necessità di comparare al lordo tanto il minuendo che il sottraendo, ma dalla considerazione in sede di CTU di ulteriore documentazione contabile che non vi avrebbe dovuto avere ingresso in quanto l’originaria documentazione e l’importo da essa risultante non era stato fatto oggetto di contestazione da parte della Società;

che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 2116 c.c., il ricorrente incidentale censura la pronunzia resa dalla Corte territoriale in ordine al rigetto della domanda di risarcimento del danno da omissione contributiva, deducendo, anche a fronte della riconosciuta inattualità del danno, destinato a verificarsi al raggiungimento dell’età pensionabile, l’ammissibilità della pronunzia di accertamento dell’azionato diritto;

che, entrambi i motivi del ricorso principale, i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, devono ritenersi inammissibili, risolvendosi entrambe le censure mosse nella mera confutazione del convincimento cui, nel suo libero apprezzamento del materiale istruttorio, perviene la Corte territoriale;

che parimenti inammissibili si appalesano i due motivi del ricorso incidentale, risultando il primo del tutto generico, non dandosi conto dell’effettività della dedotta causale della ridotta quantificazione delle differenze retributive spettanti, imputata dalla Corte territoriale alla necessità di considerare al lordo gli importi delle fatture originariamente prodotte dal D.G. e non contestate dalla Società ed il secondo insuscettibile di inficiare la ratio decidendi posta a base della decisione della Corte territoriale, non risultando qui censurato il rilievo per cui la dedotta omissione contributiva non risulterebbe provata;

che, pertanto condividendosi la proposta del relatore, entrambi i ricorsi vanno dichiarati inammissibili con compensazione tra le parti delle spese di lite in ragione della reciproca soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale ed il ricorso incidentale e compensa tra le parti le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2018

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