Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29685 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 29/12/2011, (ud. 29/11/2011, dep. 29/12/2011), n.29685

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Presidente –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLA DI

RIENZO 180, presso lo studio dell’avvocato MARCHETTI ALBERTO,

rappresentato e difeso dall’avvocato PAJNO ANGELO, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI, RASPANTI RITA,

che lo rappresentano e difendono giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1391/2007 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 12/01/2008 r.g.n. 23/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/11/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;

udito l’Avvocato PAJNO ANGELO;

udito l’Avvocato LUCIA PUGLISI per delega LA PECCERELLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso depositato il 22 maggio 1998 S.B. adiva il pretore di Barcellona P.G. e, premettendo di essere titolare di rendita per inabilità permanente da malattia professionale (silicosi polmonare) in misura pari al 50%, lamentava che l’Istituto resistente aveva provveduto alla riduzione di tale rendita con decorrenza 1 febbraio 1998 a seguito di presunto miglioramento dei postumi inabilitanti che -secondo l’Istituto – avevano comportato una diminuzione del grado di inabilità al lavoro dal 50% al 20%.

Chiedeva pertanto l’accertamento giudiziale del diritto al mantenimento dell’originaria rendita e quindi al suo ripristino nella misura del 50%.

Con sentenza n. 1563/03 il Giudice unico del lavoro del tribunale di Barcellona P.G. accoglieva il ricorso presentato dallo S. e condannava l’INAIL al pagamento della rendita per una percentuale invalidante del 50% già riconosciutagli, ma ridotta a seguito di revisione ad un grado di invalidità del 20%, oltre interessi e rivalutazione sulle differenze dei ratei tra quanto dovuto e quanto corrispostogli.

2. Contro tale decisione proponeva appello l’INAIL con atto depositato il 9 gennaio 2004 assumendo che il giudice nel valutare i postumi delle malattie per le quali era stato originariamente riconosciuto all’appellato una rendita del 50%, poi portata al 20%, a seguito di revisione, per miglioramenti intervenuti, aveva valutato come patologie professionali anche limitazioni funzionali che non erano tecnopatiche e non erano mai state denunciate come tali. E non aveva adeguatamente motivato come a seguito delle conseguenze evidenziate dal c.t.u. e sulla base delle tabelle valutative allegate al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, fosse giunto a una valutazione superiore a quella riconosciutagli e comunque che la valutazione fatta nella consulenza di primo grado era eccessiva. Concludeva chiedendo la riforma della sentenza impugnata con il rigetto della domanda del lavoratore, con vittoria di spese e compensi di entrambi i gradi del giudizio.

Si costituiva l’appellato deducendo che i motivi dedotti in appello dall’Inail erano generici e chiedeva la conferma della sentenza impugnata con condanna dell’Inail al pagamento delle spese giudiziali.

La Corte di appello di Messina, dopo aver rinnovato la consulenza tecnica, pronunciava la sentenza n. 1391/2007, resa in data 13 dicembre 2007 – 12 gennaio 2008, con cui accoglieva l’appello dell’lNAIL rigettando la domanda dell’originario ricorrente.

3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione lo S. con un solo motivo.

Resiste con controricorso l’INAIL che ha depositato anche memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, con riferimento all’art. 112 c.p.c., deducendo la nullità della sentenza e del procedimento di secondo grado..

In particolare si duole del fatto che la sentenza impugnata non avrebbe fatto applicazione del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 9.

Conseguentemente – deduce il ricorrente – è mancata la pronuncia circa l’applicabilità del disposto di cui al D.L. n. 115 del 2005, art. 14 viciesquater.

In sostanza sostiene il ricorrente che l’Inail ha fatto riferimento alla revisione ordinaria per miglioramento di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 146, laddove si trattava di un’ipotesi di revisione per errore e quindi trovava applicazione il D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 9. Trattandosi di revisione per miglioramento operava il termine di decadenza di dieci anni che nella specie era ampiamente decorso.

2. Il ricorso è infondato.

2.1. Lo stesso ricorrente espone nel ricorso che l’Inail aveva provveduto alla riduzione della rendita (dal 50% al 20%) in ragione del presunto miglioramento dei postumi di inabilità, miglioramento che avrebbe comportato una riduzione del grado di inabilità al lavoro.

Su tale circostanza si fonda l’argomentazione difensiva sviluppata dall’Inail nel controricorso. Pertanto può ritenersi che si tratti di una circostanza di fatto pacifica tra le parti.

Ciò posto, il richiamo che il ricorrente fa alla disciplina derogatoria ed eccezionale introdotta dal D.L. 30 giugno 2005, n. 115, art. 14 viciesquater, convertito in L. 17 agosto 2005, n. 168, è del tutto incongruo e privo di rilevanza. Si tratta infatti di una disposizione diretta a conservare il trattamento di rendita anche nel caso di rettifiche intervenute oltre il termine di decadenza di dieci anni prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38.

L’applicazione retroattiva di tale termine di decadenza prevista dal D.Lgs. 38 del 2000 cit., art. 9 è stata rimossa a seguito di pronuncia di incostituzionalità (C. cost. n. 91 del 2005). Questa eccezionale salvezza degli effetti della decadenza prevista retroattivamente dall’art. 9 del D.Lgs. citato riguarda quindi la fattispecie della rettifica dell’errore e non già quella della revisione. Infatti, proprio perchè nella specie si tratta di revisione, il pregresso trattamento di rendita non è posto in discussione dall’Inail.

E’ quindi privo di rilevanza l’argomento svolto dal ricorrente che invoca la menzionata disciplina transitoria di conservazione della rendita pregressa.

2.2. Altresì è privo di fondamento il richiamo che la difesa del ricorrente fa all’art. 9 del citato D.Lgs. n. 38 del 2000. Infatti dopo la citata dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 9, commi 5, 6 e 7, il termine di decadenza di dieci anni per la rettifica degli errori compiuti dall’Inail nel riconoscimento di inabilità non corrispondenti alla situazione di fatto opera soltanto dopo l’entrata in vigore della D.Lgs. n. 38 del 2000. Nella specie si tratta invece di un provvedimento dell’Inail con decorrenza dal 1 febbraio 1998. Pertanto, ove anche fosse da qualificare come rettifica di errore e non già come revisione della rendita per miglioramento dell’inabilità, in ogni caso non troverebbe applicazione il termine di decadenza di dieci anni invocato dal ricorrente.

3. Il ricorso quindi – che peraltro non contesta la valutazione fatta dalla corte d’appello del grado di inabilità accertato dal consulente tecnico – va rigettato.

Non occorre provvedere sulle spese di lite ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ., nuovamente vigente a seguito di C. cost. n. 134 del 1994, non trovando applicazione ratione temporis il D.L. 30 settembre 2003 n. 269, art. 42, comma 11, conv. in L. 24 novembre 2003 n. 326.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, il 29 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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