Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29682 del 22/10/2021

Cassazione civile sez. III, 22/10/2021, (ud. 27/04/2021, dep. 22/10/2021), n.29682

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31196-2019 proposto da:

O.L., domiciliato ex lege in Roma, presso la cancelleria della

Corte di Cassazione rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE

LUFRANO;

– ricorrenti –

nonché contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE ROMA (OMISSIS) SEZIONE ANCONA;

– intimati –

nonché contro

MINISTERO DELL’INTERNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– resistenti –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositata il 24/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/04/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. O.L., cittadino della (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

La Commissione territoriale rigettò l’istanza.

2. Avverso tale provvedimento O.L. propose ricorso dinanzi il Tribunale di Venezia, che con ordinanza del 11367/2019, pubblicata il 24/09/2019, ha rigettato il reclamo.

11 Tribunale ha ritenuto:

a) infondata la domanda per il riconoscimento dello status di rifugiato, perché il richiedente non aveva dedotto alcun fatto di persecuzione grave e personale;

b) infondata la domanda per il riconoscimento della protezione sussidiaria, perché nella regione di provenienza non era in atto un conflitto armato;

c) infondata la domanda per il riconoscimento della protezione umanitaria, poiché l’istante non aveva ne allegato, ne provato, alcuna circostanza di fatto, diversa da quelle poste a fondamento delle domande di protezione “maggiore” (e ritenute inveritiere), di per se dimostrativa d’una situazione di vulnerabilità. Inoltre, i giudici di merito hanno rilevato che la domanda presentata dal richiedente fosse “reiterata”, sussistendo già un precedente diniego amministrativo intervenuto in data 06/06/2016 confermato dal Tribunale di Ancona.

3. Avverso tale pronuncia O.L. propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.

Il Ministero dell’Interno si costituisce senza presentare alcuna difesa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la “violazione, falsa applicazione errata interpretazione del D.Lgs. n. 13 del 2017, degli artt. 1 e 2 nonché dell’art. 276 c.p.c. laddove il Giudice avanti al quale si è tenuta la discussione e che si è riservato la decisione risulta un GOT non facente parte della sezione specializzata e non facente parte del collegio giudicante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e 4)”. Secondo il ricorrente i componenti del Collegio giudicante sarebbero stati tutti differenti dal giudice che ha assistito all’udienza di comparizione delle parti e di discussione, determinando perciò la nullità della pronuncia.

4.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. la “violazione e falsa applicazione in relazione al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c) per aver escluso l’esistenza nel Paese di provenienza di una situazione di violenza indiscussa e incontrollata”, in quanto il Tribunale avrebbe rigettato la domanda di protezione sussidiaria non tenendo conto delle informazioni circa la situazione attuale presente in (OMISSIS).

4.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 5, per non aver ritenuto sussistenti le condizioni di vulnerabilità del ricorrente, in caso di rientro forzoso in patria”. Il Tribunale non avrebbe tenuto in adeguata considerata la situazione di particolare vulnerabilità del richiedente e del rischio in cui egli incorrerebbe se tornasse nel paese d’origine.

Il ricorso e inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3 in quanto l’esposizione del fatto in esso contenuta e del tutto inidonea allo scopo. Il Collegio rileva che il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1 n. 3, che, essendo considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso, deve consistere in una esposizione che deve garantire alla Corte di cassazione, di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. sez. un. 11653 del 2006). La prescrizione del requisito risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass. sez. un. 2602 del 2003). Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3 e necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si e fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle ed in fine del tenore della sentenza impugnata. Il ricorso, nell’esposizione del fatto, non rispetta tali contenuti ed e pertanto inammissibile.

5. L’indefensio degli intimati non richiede la condanna alle spese.

6. Infine, poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2021

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