Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29682 del 14/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 14/11/2019, (ud. 05/06/2019, dep. 14/11/2019), n.29682

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4341-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE 13756881002, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato NICCOLO’ LUCCHI CLEMENTE;

– ricorrente –

contro

P.G.M., INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

SOCIALE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 88/2017 della CORTE D’APPELLO di CAGLIAR I

SEZIONE DISTACCATA di SASSARI, depositata il 22/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCA

SPENA.

Fatto

RILEVATO

Che:

con sentenza in data 22 marzo 2017 numero 88 la Corte d’Appello di Cagliari – sezione distaccata di Sassari confermava la sentenza del Tribunale di Tempio Pausania, che aveva accolto l’opposizione proposta da P.G.M. nei confronti di EQUITALIA SARDEGNA S.p.A. e dell’INPS per l’impugnazione del preavviso di fermo notificato in data 8.7.2011, in relazione al recupero dei crediti previdenziali di cui alle cartelle esattoriali n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS), notificate in date 11.9.2001 e 23.4.2002;

che a fondamento della decisione la Corte territoriale osservava che le cartelle esattoriali risultavano notificate e non opposte; tuttavia dopo la notifica delle cartelle era decorso il termine di prescrizione. Era infondata la deduzione di applicabilità del termine decennale di prescrizione- in luogo del termine quinquennale previsto dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9 e ss., – in conformità al principio enunciato dalla Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, nell’arresto del 17 novembre 2016 numero 23397.

Il termine quinquennale era integralmente decorso alla data di notifica della comunicazione di fermo, anche successivamente al sollecito di pagamento del 9 marzo 2006.

che avverso la sentenza ha proposto ricorso AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, ente pubblico economico subentrato ex lege alle società del gruppo EQUITALIA; P.G.M. e l’INPS sono rimasti intimati;

che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti-unitamente al decreto di fissazione dell’udienza- ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

la parte ricorrente ha dedotto con l’unico motivo- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione dell’art. 2946 c.c..

Ha assunto che con la trasmissione del ruolo all’Agente della riscossione si determinerebbe un effetto novativo dell’obbligazione posta in riscossione: le singole obbligazioni per contributi, sanzioni, accessori e spese- dovute a separate ragioni di credito- verrebbero inglobate in un unico credito, senza che sia possibile scorporarne le voci; con la conseguenza che la prescrizione non seguirebbe il regime originario dei crediti contributivi portati dal ruolo.

Ferma la inapplicabilità dell’art. 2953 c.c. (come enunciata da Cass., SU, sentenza n. 23397/2016), il diritto ad azionare il credito da parte dell’Agente della riscossione, in assenza di disposizioni speciali, sarebbe dunque soggetto alla generale prescrizione di cui all’art. 2946 c.c.

A riscontro della rinnovata natura della obbligazione la parte ricorrente ha indicato vari indici normativi, tra i quali il riferimento ai “debiti della medesima specie” operato al D.P.R. n. 603 del 1972, art. 31, o il richiamo al “credito per cui si procede” contenuto nel D.P.R. n. 602 del 1973, art. 76, comma 2 e art. 77, comma 1.

Ha aggiunto che il D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 39, indica l’Agente della riscossione come autonomo legittimato passivo della impugnazione proposta dal debitore nonchè responsabile in proprio in caso di mancata chiamata dell’ente creditore nelle controversie riguardanti anche il merito della pretesa.

Ha dedotto che una univoca indicazione nel senso dell’applicazione ai crediti esattoriali della prescrizione ordinaria si trarrebbe dal D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, a tenore del quale l’ente creditore, dopo il discarico dell’Agente della riscossione per inesigibilità del credito iscritto, può riaffidarlo in riscossione ove individui significativi elementi reddituali e patrimoniali riferibili ai debitori, a condizione che non sia decorso il termine di prescrizione “decennale”. La norma era applicabile alla generalità dei crediti da iscriversi a ruolo e da essa emergeva la individuazione in dieci anni del termine di prescrizione dopo l’affidamento del ruolo all’agente della riscossione. Il legislatore delle leggi esattoriali si era ispirato al criterio dell’adozione di una disciplina uniforme della riscossione a mezzo ruolo e quando aveva inteso limitare l’ambito di applicazione di talune disposizioni alle sole entrate tributarie -ovvero alle imposte sui redditi- lo aveva previsto espressamente.

Da ultimo la Agenzia ricorrente ha osservato, secondo un criterio di ragionevolezza, che la riscossione era svolta dall’agente in modo unitario, agendo nei confronti del debitore per tutti i carichi iscritti a ruolo, cumulativamente (il credito per cui si procede, secondo il testo del D.P.R. n. 602 cit., artt. 76 e 77). Di qui l’efficacia e l’economicità della azione di riscossione, che evitava la pluralità delle azioni di ciascun ente creditore; sarebbe stato irrazionale pretendere dall’agente di riscossione di frazionare la azione avendo riguardo al regime di prescrizione dei singoli crediti.

Divenuta irretrattabile la pretesa, con la notifica della cartella di pagamento, il termine di prescrizione sarebbe dunque unico, riferibile al diritto alla riscossione, come unica è l’azione affidata all’agente della riscossione.

che ritiene il Collegio si debba dichiarare il ricorso inammissibile a mente dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1;

che le censure svolte con l’unico motivo non pongono in discussione il principio, enunciato dalle sezioni Unite di questa Corte nell’arresto del 17 novembre 2016 n. 23397, secondo cui la scadenza del termine per proporre opposizione avverso la cartella esattoriale non determina la conversione del termine di prescrizione breve (nella specie quinquennale, L. n. 335 del 1995, ex art. 3, commi 9 e 10,) in termine decennale, secondo il regime dell’art. 2953 c.c.; si assume, piuttosto, che lo stesso effetto derivi dalla novazione della obbligazione prodotta dalla iscrizione a ruolo, in ragione della disciplina prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973.

L’assunto non è condivisibile.

Questa Corte si è già pronunciata in relazione ad analoghi ricorsi proposti dalla medesima Agenzia con ordinanze del 4.12.2018 n. 31352 e 6.12.2018 n. 31658 e successivamente con ordinanze numeri 6888, 10025, 10595,10796,10797 del 2019; il ricorso non offre elementi per la rimeditazione dei principi ivi espressi.

Non si individuano, in primo luogo, tratti di novità nella disciplina del credito iscritto a ruolo tali da far ritenere la estinzione del credito originario e la costituzione di un nuovo credito avente titolo nel ruolo.

Il legislatore individua i crediti per cui si procede come “credito” iscritto a ruolo a meri fini descrittivi, che non attestano alcun effetto giuridico.

Il preteso effetto di novazione “ex lege” dovrebbe trovare riscontro in una diretta disposizione normativa o, comunque, in una disposizione inequivoca,nella specie carente.

Le deduzioni svolte dalla parte ricorrente, in riferimento alla disciplina del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, comma 6 – nella parte in cui prevede il riaffidamento della riscossione del credito “a condizione che non sia decorso il termine di prescrizione decennale” – non valgono a porre in dubbio quanto già osservato in riferimento alla norma dalle Sezioni Unite di questa Corte nell’arresto n. 23397/2016.

Invero- anche a voler ammettere, come sostiene parte ricorrente, la applicabilità della procedura di discarico alla riscossione dei crediti previdenziali e la sua rilevanza anche esterna ai rapporti tra ente impositore ed agente della riscossione- resterebbe preclusivo il rilievo (cfr. sentenza citata, in motivazione, punto 19.6 e 19.7) che la norma fa riferimento al termine di prescrizione decennale, con espressione ellittica, unicamente in quanto trattasi del termine che si applica ordinariamente per la riscossione delle imposte, senza alcun possibile riferimento all’art. 2953 c.c., ed, a maggior ragione, ad un effetto novativo derivante dalla iscrizione a ruolo dei crediti (fiscali e previdenziali).

Da ultimo, l’effetto di novazione della obbligazione previdenziale non può farsi discendere dai principi di efficienza ed economicità della azione amministrativa, perchè tali principi si prestano, all’opposto, a sorreggere la ratio acceleratoria sottesa alla fissazione del termine breve di prescrizione oltre che alla generalizzazione per i crediti degli enti pubblici previdenziali del regime della riscossione mediante ruolo;

che, pertanto, essendo condivisibile la proposta del relatore, il ricorso deve essere respinto con ordinanza in camera di consiglio, ex art. 375 c.p.c.;

che non vi è luogo alla refusione delle spese, per la mancata costituzione degli intimati;

che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 non sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte dichiara la inammissibilità del ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 5 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2019

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