Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29679 del 28/12/2020

Cassazione civile sez. II, 28/12/2020, (ud. 22/09/2020, dep. 28/12/2020), n.29679

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19801-2019 proposto da:

K.T., rappresentata e difesa dall’avvocato LIVIO NERI e

domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO e COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE MILANO;

– intimati –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO depositato il 19/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/09/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano respingeva l’istanza della ricorrente, volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale od umanitaria, ritenendo insussistenti i presupposti per il riconoscimento dell’invocata tutela.

Il Tribunale di Milano, con il decreto impugnato, respingeva il ricorso avverso detto provvedimento reiettivo.

Propone ricorso per la cassazione della decisione di rigetto K.T. affidandosi a due motivi.

Il Ministero dell’interno, intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 perchè il Tribunale non avrebbe considerato la situazione reddituale e abitativa della ricorrente, la sua conoscenza della lingua italiana, la sua integrazione sociale e le referenze della sua datrice di lavoro.

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19, art. 10 Cost. e art. 8 della Convenzione E.D.U. perchè il giudice di merito avrebbe erroneamente denegato il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Le due censure, che meritano un esame congiunto, sono infondate. Dal decreto impugnato risulta che la ricorrente aveva dichiarato di essere giunta in Italia per seguire il marito, dal quale aveva poi deciso di separarsi; che aveva trovato un impiego prima come badante e poi come domestica, con contratto a tempo indeterminato; che saltuariamente svolgeva anche le funzioni di interprete russo/italiano in fiera o in occasione di incontri commerciali (cfr. pagg. 3 e 4 del decreto). Dette circostanze risultano considerate dal giudice di merito, che ne ha dato conto alle pagine 3 e 4 del provvedimento impugnato. Tuttavia il Tribunale di Milano ha ritenuto che “La vicenda narrata dal ricorrente, così come ricostruita, permette, altresì, di escludere la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto alla protezione per motivi umanitari. La domanda è stata rigettata per ritenuta insussistenza dei motivi di inclusione… La difesa in relazione a questa forma di protezione evidenzia che la ricorrente ha seguito un corso di italiano ottenendo il livello 81 e che ha in essere un rapporto di lavoro domestico a tempo indeterminato, dal dicembre 2017. In conclusione, non si rinvengono, anche all’esito della valutazione comparativa indicata da Cass. n. 4455/2018, cause di effettivo impedimento al rimpatrio, non potendosi escludere una ricollocazione lavorativa nel Paese di origine” (cfr. pagg.7 e 8 del decreto impugnato). Il passaggio motivazionale evidenzia che il giudice ambrosiano, dopo aver succintamente dato atto delle allegazioni difensive relative al radicamento della richiedente in Italia, le ha apprezzate nell’ambito della valutazione comparativa tra le condizioni di vita in Italia e nel Paese di provenienza, non ritenendo sussistente il rischio di compromissione dei diritti fondamentali dell’individuo che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4455 del 23/02/2018, Rv.647298) avrebbe potuto legittimare il riconoscimento della tutela umanitaria.

Nulla per le spese, in difetto di svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero intimato nel presente giudizio di legittimità.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2020

 

 

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