Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29677 del 28/12/2020

Cassazione civile sez. II, 28/12/2020, (ud. 03/07/2020, dep. 28/12/2020), n.29677

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20596-2019 proposto da:

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 33/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 07/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/07/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza pubblicata il 7 gennaio 2019, accoglieva il ricorso proposto da I.A., cittadino del Pakistan, avverso il provvedimento con il quale il Tribunale di Bologna aveva rigettato l’opposizione avverso la decisione della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che, a sua volta, aveva rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato, di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. La Corte d’Appello richiamata la normativa in materia, dava atto delle dichiarazioni del richiedente che aveva narrato di essere fuggito dal proprio paese di origine per il timore di essere ucciso dopo che la cognata era stata aggredita e violentata da due uomini, uno dei quali appartenente a una ricca famiglia del suo villaggio, e la sua denuncia alla polizia era rimasta inascoltata e i due violentatori lo avevano minacciato e aggredito.

A parere della Corte d’Appello il giudizio di attendibilità del racconto non poteva essere riesaminato in quanto non contestato nel giudizio di primo grado. Pertanto, sulla scorta di tali dichiarazioni doveva ritenersi sussistente il pericolo per il richiedente di subire un grave danno nel caso di ritorno nel paese di origine. La vicenda narrata infatti rientrava in quella prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) posto che il rientro in Pakistan avrebbe comportato il rischio per il ricorrente di essere ucciso o di subire un trattamento inumano degradante ad opera di soggetti privati, in assenza di adeguata tutela da parte dell’autorità di polizia, in ragione dell’appartenenza famiglia ricca e potente dei soggetti dai quali provenivano le minacce.

3. Il Ministero dell’Interno ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di un motivo di ricorso

4. I.A. è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. L’unico motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c), ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

A parere del ricorrente nessuna fonte internazionale segnala una situazione di guerra civile generalizzata in Pakistan paese di provenienza del richiedente asilo. Non ricorrerebbero, pertanto, i presupposti di cui all’art. 14, lett. c), del suddetto decreto.

2. Il ricorso è inammissibile.

Il ricorrente fa riferimento esclusivamente alla condizione di violenza generalizzata di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e, dunque, non si confronta con la sentenza impugnata la quale ha accolto la domanda di protezione sussidiaria del richiedente, ritenendo integrati i presupposti di cui al suddetto art. 14, lett. b) che, a differenza della successiva lett. c) non richiede la presenza di una situazione di violenza indiscriminata e di conflitto armato, quanto piuttosto il rischio di pericolo di vita in caso di rientro.

3. In conclusione il ricorso è inammissibile. Nulla sulle spese per

non aver svolto attività difensiva la parte intimata.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2 Sezione civile, il 3 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2020

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