Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29673 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 29/12/2011, (ud. 09/11/2011, dep. 29/12/2011), n.29673

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IANNIELLO Antonio – Presidente –

Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EMILIO

FAA’ DI BRUNO 4, presso lo studio dell’avvocato CRISTINA VARANO,

rappresentato e difeso dall’avvocato AMATO ORONZO, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

CIANE ANAPO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. BERTOLONI 41, presso lo

studio dell’avvocato GUANCIOLI GIUSEPPE, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato BOZZO RODOLFO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

CALISA S.P.A., OTTAVIO NOVELLA S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 856/2008 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 12/05/2008 R.G.N. 55/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/11/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;

udito l’Avvocato ORONZO AMATO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ROMANO Giulio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso depositato il 9 aprile 1997 L.G., dipendente di società Ciane Anapo S.p.A., otteneva dal giudice adito la reintegrazione nel posto di lavoro in via di urgenza ex art. 700 c.p.c. con ordinanza del 13.3.1997.

A seguito di transazione giudiziale del gennaio 1995 riguardante un pregresso licenziamento da lui impugnato, detta società lo aveva reimbarcato sulle proprie navi con rapporto a tempo indeterminato e secondo la turnazione dei turni particolari, licenziandolo successivamente con lettera del 26.9.1996 una volta alienata a terzi la nave “Strale”, a bordo della quale, con equipaggio di almeno sedici uomini, aveva da ultimo, fino allo sbarco del 29.6.1996, svolto le mansioni di operaio meccanico. Il licenziamento, motivato dalla circostanza che l’unica nave rimasta in proprietà dell’armatore (la “Curzola”) non prevedesse nella tabella di armamento la figura professionale dell’operaio meccanico, era illegittimo – sosteneva ricorrente – atteso che non solo con la transazione predetta nulla si era stabilito circa la qualifica e la mansione cui il lavoratore sarebbe dovuto essere adibito ma che, successivamente al suo licenziamento, era stato assunto tale B. F., fornito all’imbarco della sola qualifica di operaio meccanico.

Ciò premesso, chiedeva dichiararsi l’illegittimità dell’intimato licenziamento con contestuale ordine rivolto alle società convenute in solido, ovvero alla sola Ciane Anapo S.p.A., di reintegrazione nel posto di lavoro e conseguente condanna al risarcimento del danno nella misura di legge.

Con la memoria di costituzione la convenuta Ciane Anapo S.p.A. chiedeva il rigetto del ricorso, contestando in radice le argomentazioni del ricorrente ed evidenziando che questi, una volta ridottasi la flotta aziendale alla nave “Curzola”, era stato cancellato dal turno particolare previa comunicazione del 26.9.1995 con la quale gli si comunicava l’impossibilità di reimbarcarlo con mansioni da lui ricopribili secondo la tabella di armamento della nave, mentre l’imbarco nell’ottobre 1996 di B.F., adibito ad interventi tecnici particolari, era giustificato dalla qualifica del medesimo di operaio polivalente in soprannumero.

Con distinte comparse di costituzione, Calisa S.p.A. ed Ottavio Novella S.p.A. chiedevano dichiararsi il loro difetto di legittimazione passiva perchè estranee al rapporto dedotto in giudizio.

Con sentenza emessa in data 13 ottobre 2000 il Tribunale di Trani rigettava la domanda sul presupposto che il rapporto di lavoro a tempo indeterminato non in continuità, contratto dal ricorrente, si fosse legittimamente risolto all’atto dello sbarco in Venezia, cui aveva fatto seguito la cancellazione dal turno particolare a rapporto ormai concluso, con la conseguente inammissibilità della richiesta tutela reintegratoria, ritenuta anche nel merito infondata per non essere inclusa la qualifica del ricorrente in quelle di cui alla tabella di armamento della nave “Curzola”.

2. Con ricorso depositato in data 12 febbraio 2001 dinanzi alla Corte di Appello di Bari, L.G. chiedeva la riforma dell’impugnata sentenza, deducendo in particolare che sulla M/N Strale erano all’epoca imbarcate 18 persone con differenti mansioni rispetto alla relativa tabella di armamento.

Con sentenza n. 245/01, emessa in data 31 maggio 2001, La Corte di Appello di Bari rigettava l’appello rilevando che la tutela reintegratoria doveva ritenersi confinata all’ipotesi di rapporto di lavoro marittimo in regime di continuità cd. convenzionale, mentre nella specie il rapporto consisteva in imbarchi avvicendati nel tempo, ognuno dei quali costituiva autonomo rapporto a tempo determinato a durata coincidente con quella del singolo imbarco.

3. Con atto depositato il 4 luglio 2002 L.G. proponeva ricorso dinanzi a questa Corte di cassazione avverso la sentenza della Corte di Bari, affidandosi a cinque articolati motivi.

Con sentenza n. 492 del 19 novembre 2004, questa Corte di cassazione accoglieva il ricorso, cassando la sentenza di secondo grado, con rinvio alla Corte d’appello di Lecce, enucleando il seguente principio: “nel lavoro nautico, qualora sia configurabile un rapporto di lavoro a tempo indeterminato (per volontà delle parti, ovvero per l’operare dei limiti alla stipulazione di contratti di arruolamento a viaggio o a termine posti dall’art. 326 cod. nav.), trovano applicazione, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 96 del 1987, le norme limitative dei licenziamenti di cui alla L. 15 luglio 1966, n. 604 e la tutela reale di cui alla L. 20 maggio 1970 n. 300, art. 18, senza che sia necessaria a tal fine l’applicabilità allo specifico rapporto del regime di continuità del rapporto di lavoro introdotto da talami contratti collettivi”.

4. Con ricorso in riassunzione ex art. 392 c.p.c., depositato l’11 gennaio 2006 L.G. richiamava la suindicata sentenza e le già proposte argomentazioni nel giudizio d’appello coi relativi motivi di censura alla sentenza del Tribunale di Trani, concludendo per l’accoglimento dell’appello e quindi della domanda come proposta col ricorso introduttivo.

Con la memoria di costituzione Ciane Anapo S.p.A., richiamando anch’essa i principi statuiti dalla Suprema Corte e riportandosi comunque all’eccepito giustificato motivo oggettivo del recesso datoriale a causa dell’insussistenza nella tabella di armamento della nave “Curzola” del profilo professionale del ricorrente, chiedeva fosse rigettato l’appello e, in subordine, detratto da quanto eventualmente dovuto l’importo di Euro 44.243,42, erogato al L. in esecuzione del provvedimento ex art. 700 c.p.c., nonchè l’aliunde perceptum costituito dalle retribuzioni medio tempore da questi incassate in occasione dei vari imbarchi effettuati presso altri armatori (in primis, la Tirrenia di Navigazione S.p.A. fino al suo pensionamento.

Con distinte memorie di costituzione le altre due società appellate ribadivano il proprio difetto di legittimazione passiva attesa la loro estraneità al rapporto di lavoro in questione.

La Corte d’appello di Lecce con sentenza del 28 aprile 2008 accoglieva l’appello parzialmente e, per l’effetto, dichiarava l’illegittimità del licenziamento e quindi condannava la società Ciane Anapo S.p.A. al pagamento, in favore del L.G., della somma di Euro 31.252,75 in totale; oltre rivalutazione ed interessi dalla data di maturazione dei singoli diritti al soddisfo, nonchè al pagamento delle spese di giudizio.

5. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione il L. con quattro motivi.

Resiste con controricorso la parte intimata. Ciane Anapo s.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è articolato in quattro motivi.

Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione della L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 4. Sostiene che nel lavoro nautico, qualora sia configurabile un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, trovano applicazione le norme limitative di licenziamenti di cui alla legge n. 604 del 1966 e la tutela reale di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18. Conseguentemente l’indennità risarcitoria di cui all’art. 18 citato ha natura retributiva e deve essere commisurata alla retribuzione globale di fatto e quindi in essa devono essere incluse tutte le voci stipendiali ordinariamente corrisposte al lavoratore subordinato, compresa l’indennità di navigazione, l’indennità di navigazione su navi cisterna, lo straordinario feriale, lo straordinario notturno festivo, i riposi compensativi.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia in ordine alla richiesta di risarcimento del danno morale per licenziamento ingiurioso.

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ancora la violazione dell’art. 112 c.p.c. per mancata pronuncia in ordine alla richiesta di ricostituzione della posizione previdenziale.

Con il quarto motivo il ricorrente si duole del regolamento delle spese.

2. Il ricorso è nel suo complesso infondato.

2.1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per genericità atteso che il ricorrente non allega che le indennità, del cui mancato computo ai fini del risarcimento del danno si duole, erano state da lui percepite – ed avrebbe continuato a percepirle – in modo stabile e continuativo. Questa corte (ex plurimis Cass., sez. lav., 16 settembre 2009, n. 19956) ha più volte affermato che in tema di risarcimento dei danni da licenziamento illegittimo, l’indennità risarcitoria di cui alla L. L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, deve essere liquidata in riferimento alla retribuzione globale di fatto spettante al lavoratore al tempo del licenziamento, comprendendo nel relativo parametro di computo non soltanto la retribuzione base, ma anche ogni compenso di carattere continuativo che si ricolleghi alle particolari modalità della prestazione in atto al momento del licenziamento (con esclusione, quindi, dei soli emolumenti eventuali, occasionali od eccezionali), in quanto altrimenti verrebbero ad essere addossate al lavoratore le conseguenze negative di un illecito altrui.

E’ quindi vero – come sostiene il ricorrente – che l’indennità risarcitoria di cui alla L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, comma 4, ha natura retributiva e deve essere commisurata alla retribuzione globale di fatto sì che deve includere tutte le voci stipendiali che siano corrisposte in modo continuativo al lavoratore illegittimamente licenziato. Nella specie però non risulta che le indennità, della cui mancata inclusione della retribuzione globale di fatto si duole il ricorrente (quali l’indennità di navigazione, l’indennità di navigazione su navi cisterna, compenso che straordinario feriale, compenso per l’straordinario notturno, compenso del lavoro festivo, il compenso per riposi compensativi) siano state effettivamente percepite in ragione delle mansioni svolte dal ricorrente. Non risulta in particolare che il ricorrente abbia svolto lavoro straordinario feriale, lavoro straordinario notturno, lavoro festivo, lavoro nei giorni di riposo settimanali. Quanto poi all’indennità di navigazione tout court e all’indennità di navigazione su navi cisterna, la deduzione del ricorrente è del tutto generica e non circostanziata.

2.2. Inammissibile è anche il secondo motivo atteso che il tema del danno morale da licenziamento ingiurioso è nuovo, non essendo stato compreso nell’originario thema decidendum fissato con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado. Deve parimenti considerarsi che dalle risultanze processuali, come apprezzate dai giudici di merito, non emerge alcun demansionamento e quindi comunque manca il presupposto del rivendicato danno morale ove anche riferito al mutamento di posizione lavorativa.

2.3. La stessa ragione di inammissibilità che inficia anche il terzo motivo, riguardante la rivendicata contribuzione previdenziale sulle retribuzioni non erogate in ragione dell’illegittimità del licenziamento; contribuzione che comunque rimane dovuta all’INPS in favore del ricorrente. Da una parte deve considerarsi che è dell’INPS il credito avente ad oggetto la contribuzione previdenziale sulle retribuzioni spettanti al lavoratore illegittimamente licenziato con riferimento al periodo di estromissione dall’azienda.

Il lavoratore però ha diritto all’integrità della sua posizione previdenziale e quindi può domandare la condanna del datore di lavoro al pagamento della contribuzione in favore dell’Inps; ciò che non ha fatto il ricorrente il quale lamenta, inammissibilmente, la mancata condanna in suo favore al pagamento dei contributi.

2.4. Infondato è infine il quarto motivo avente ad oggetto le spese processuali che correttamente la corte territoriale ha regolamentato sulla base della soccombenza. Invece manca di elementi di fatto la deduzione del ricorrente secondo cui la liquidazione delle spese avrebbe violato i minimi tariffari.

3. Il ricorso va quindi rigettato.

Sussistono giustificati motivi (in considerazione dell’evoluzione giurisprudenziale sulle questioni dibattute e del complessivo esito del giudizio che nella precedente fase di legittimità ha visto vittorioso il ricorrente) per compensare tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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