Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29673 del 22/10/2021

Cassazione civile sez. III, 22/10/2021, (ud. 03/02/2021, dep. 22/10/2021), n.29673

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31139-2018 proposto da:

FINLAY ITALIANA DI P.S. & C SAS, elettivamente

domiciliata in ROMA VIA DEGLI SCIPIONI, 153, presso lo studio

dell’avvocato FABIO BLASI, rappresentata e difesa dall’avvocato

ANDREA ARGENTA;

– ricorrente –

contro

EUROSUD DI G.S., in persona del titolare e legale

rappresentante G.S., rappresentata e difesa

dall’avvocato FRANCESCO FURNARI, e dall’avvocato SALVATORE

SCARAVILLI, elettivamente domiciliata nello studio di quest’ultimo

in CATANIA, PIAZZA A. LINCOLN;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 622/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 16/3/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

3/2/2021 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 16/3/2018 la Corte d’Appello di Catania, ha respinto il gravame interposto dalla società Finlay Italiana di P.S. & C. s.a.s. in relazione alla pronunzia Trib. Catania 6/7/2017, di accoglimento della domanda in origine monitoriamente azionata dal sig. G.S., titolare dell’impresa individuale denominata Eurosud, di pagamento di somma a titolo di corrispettivo “per il nolo a freddo di mezzi di cantiere”.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società Finlay Italiana di P.S. & C. s.a.s. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi.

Resiste con controricorso il G., nella qualità.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo la ricorrente denunzia “violazione e/o falsa applicazione” degli artt. 1218,1460 c.c., artt. 112,113,115,345 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che il giudice del merito abbia ritenuto inammissibile per novità l’eccezione di compensazione ex art. 1460 c.c., laddove “sin dall’atto di citazione in opposizione a decreto del 18 settembre 2012… ha dedotto specificamente e documentato puntualmente in giudizio che il macchinario noleggiato non era funzionante, avanzando quindi una chiara eccezione di inadempimento x art. 1460 c.c.”.

Con il 2 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” dell’art. 2909 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che la corte di merito abbia “erroneamente statuito in merito all’accertamento dell’inadempimento di Eurosud”, pur essendo stata depositata la sentenza Trib. Savona n. 653/2017 che “ha accertato la effettiva sussistenza dei guasti del mezzo noleggiato ed ha, conseguentemente, condannato Eurosud al rimborso delle relative spese sostenute da Finlay s.a.s. ed agli interventi di riparazione indicati nelle fatture n. (OMISSIS)), prodotte anche nel presente giudizio”.

Lamenta che la “Eurosud, con l’atto di appello avverso la detta sentenza del Tribunale di Savona… ha espressamente specificato di non impugnare la citata sentenza n. 653/2017… in relazione al suddetto importo ed alle sopra citate fatture”, sicché “e’ passato in giudicato (c.d. esterno) il fatto accertato dal Tribunale di Savona, ovvero che il mezzo oggetto di noleggio non funzionasse al momento della consegna alla Finlay s.a.s.”.

Si duole che la produzione della suindicata sentenza Trib. Savona n. 653/2017, effettuata con la conclusionale di 2 grado, sia stata dalla corte di merito ritenuta tardiva, laddove essa “e’ stata prodotta successivamente al passaggio in giudicato proprio al fine di far valere tale passaggio in giudicato (c.d. giudicato esterno)”, e “in ogni caso, il giudicato esterno è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo”.

Con il 3 motivo denunzia “violazione e/o falsa applicazione” dell’art. 24 Cost., art. 244 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che la corte di merito non abbia escusso i testi, pur ammessi, su capitoli di prova decisivi, e ritenendo poi non provate proprio “quelle circostanze capitolate”.

Il ricorso è sotto plurimi profili inammissibile.

Va anzitutto osservato che esso risulta formulato in violazione specifico requisito di contenuto-forma del ricorso previsto all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, il quale deve consistere in una esposizione tale da garantire a questa Corte di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (v. Cass.; Sez. Un., 18/5/2006, n. 11653, e, da ultimo, Cass., 2/8/2016, n. 16103).

La prescrizione del requisito risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti – sostanziali e o processuali – di causa e di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (v. Cass., Sez. Un., 20/2/2003, n. 2602).

Giusta massima consolidata il ricorso per cassazione deve pertanto contenere la chiara esposizione dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le posizioni processuali delle parti con l’indicazione degli atti con cui sono stati formulati causa petendi e petitum, nonché degli argomenti dei giudici dei singoli gradi, non potendo tutto questo ricavarsi da una faticosa o complessa opera di distillazione del successivo coacervo espositivo dei singoli motivi, perché tanto equivarrebbe a devolvere alla S.C. un’attività di estrapolazione della materia del contendere, che è invece riservata al ricorrente, non essendo pertanto il requisito adempiuto laddove i motivi di censura si articolino in un’inestricabile commistione di elementi di fatto, riscontri di risultanze istruttorie, riproduzione di atti e documenti incorporati nel ricorso, argomentazioni delle parti e frammenti di motivazione della sentenza (v., da ultimo, Cass., 28/5/2018, n. 13312 e Cass., 3/11/2020, n. 24432).

Orbene, nella specie il ricorso contiene un’esposizione del fatto connotata come segue.

A partire dalle ultime sei righe della pagina 3 e sino alla terzultima della pagina 6 il riferimento all’opposizione a decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Catania non risulta compendiata dall’indicazione della ragione di credito per cui è stato bensì sollevate eccezioni formulate in termini non ben comprensibili.

Nell’operato riferimento al contenuto della conclusionale del giudizio di 1 grado viene infatti omessa qualsivoglia precisazione dei fatti costitutivi della domanda monitoria e delle relative difese svolte con l’opposizione nonché di quelle svolte dalla parte creditrice.

Da pagina 6 (ultime due righe) sino alla metà di pagina 10 viene fatto riferimento ad altro ricorso monitorio proposto dall’odierna resistente avanti al medesimo tribunale senza indicare la relativa ragione creditoria e riproducendosi (dopo la sola premessa che “anche con riferimento all’opposizione avverso il decreto ingiuntivo” in questione “la odierna esponente eccepiva l’inesistenza di qualsivoglia residua ragione creditoria di parte ingiungente”) solo una parte del contenuto della conclusionale di primo grado.

Dalla seconda metà della pagina 9 e sino alle prime cinque della pagina 13 risulta meramente indicato: che contro i due decreti è stata proposta opposizione; che i relativi giudizi sono stati riuniti; che è stata negata la provvisoria esecutività dei decreti; che la causa è stata istruita con interrogatorio formale e assunzione di prova testimoniale.

Risultano altresì indicate le conclusioni precisate all’udienza del 22 febbraio 2017 e il dispositivo della sentenza di primo grado.

Dalla restante parte della pagina 13 fino alla metà della pagina 17 viene riferito dell’interposizione del gravame da parte della ricorrente nonché riprodotto parte del contenuto dell’atto di appello.

Orbene, al termine della lettura delle diciassette pagine dedicate all’esposizione del fatto non risulta invero dato evincere con chiarezza quale sia la materia del contendere, né quanto alla causa petendi delle due domande monitorie né quanto alle difese svolte dall’attuale ricorrente con le due opposizioni a decreto ingiuntivo.

Ancora nulla si dice relativamente alle difese svolte dall’opposta, allo svolgimento delle difese nel corso del giudizio di 1 grado, alle ragioni della sentenza di prime cure.

Risulta di conseguenza non ben comprensibile altresì quanto dell’atto di appello riprodotto.

Senza sottacersi che difetta qualsivoglia riferimento al tenore della difesa di controparte in sede di gravame.

Le cennate carenze non consentono nemmeno di apprezzare la congruenza ed il significato dell’illustrazione dei motivi. Se di essi si potesse procedere all’esame, emergerebbe quanto segue, cioè con l’inammissibilità degli stessi.

Nel dolersi che l’eccezione di inadempimento è stata formulata sin dalla “citazione in opposizione a decreto del 18 settembre 2012”, l’odierna ricorrente non precisa se si tratti del primo o del secondo decreto, né fornisce puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157. V. altresì Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34469; Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701, ove si precisa che la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile), né indica come, quando e dove abbia formulato la dedotta eccezione di inadempimento.

Va per altro verso sottolineato come l’odierna ricorrente inammissibilmente riproponga in termini di mera contrapposizione le proprie tesi difensive già sottoposte al vaglio del giudice del gravame e dal medesimo ritenute infondate (cfr., da ultimo, Cass., 10/6/2021, n. 16414).

Deve porsi altresì in rilievo (con particolare riferimento al 1 motivo) che, nel dolersi “del mancato completamento dell’istruttoria testimoniale, nonostante la iniziale ammissione da parte del Tribunale e l’assenza di revoca motivata del provvedimento istruttorio”, risulta dall’odierna ricorrente non idoneamente censurata l’affermazione della corte di merito secondo cui si è nella specie trattato di una non consentita decisione implicita al riguardo non comportante alcuna “lesione del diritto di difesa” in ragione della ravvisata ininfluenza della “prosecuzione della prova orale in primo grado, così come la richiesta di escussione dei testimoni in appello”, ai fini della “definizione del caso da decidere tenuto conto del contenuto degli articolati”, trattandosi di circostanze generiche o irrilevanti e di escussione testimoniale pertanto “inutile”, in quanto volta a provare circostanze “documentali”.

Ancora (con particolare riferimento al 2 motivo), come la corte di merito abbia nell’impugnata sentenza affermato che “la società Finlay si è limitata a proporre domanda riconvenzionale al fine di far valere un proprio credito da portare in compensazione con il credito ingiunto… senza dunque contestare la fondatezza del credito di controparte portato dal decreto ingiuntivo n. 216 né tanto meno ha sollevato alcuna eccezione di inadempimento della controparte, limitandosi a richiedere la compensazione delle spese anticipate” nel legittimo esercizio del proprio potere di interpretazione della domanda (v. Cass., 27/1/2016, n. 1545; Cass., 31/7/2006, n. 17451).

Del pari deve dirsi relativamente alla declaratoria di “improcedibilità delle domande riconvenzionali proposte dalla Finlay attesa la pendenza di altro giudizio, non censurata “sotto il profilo della pendenza di altro giudizio innanzi ad altro giudice”, e che “in assenza di alcuna contestazione da parte dell’appellante in ordine al credito vantato dall’appellato oggetto dell’ingiunzione n. 216 il motivo… non si confronta con la statuizione censurata che ha negato di poter valutare la fondatezza della domanda riconvenzionale stante il disposto dell’art. 39 c.p.c…. né rileva ai fini dell’ammissibilità dell’eccezione di inadempimento quanto tardivamente dedotto per la prima volta con la comparsa conclusionale”.

Ancora, avuto riguardo al rilievo che “in questa sede l’appellante non ha più riproposto l’eccezione di compensazione sicché essa va intesa come rinunciata… Ne consegue che… nella specie la tardività degli atti prodotti solo con la comparsa conclusionale… escludono (recte, esclude) la possibilità… di operare anche d’ufficio un siffatto accertamento occorrendo verificare attraverso la produzione di atti tardivi la parte di credito divenuta irrevocabile”.

Con particolare riferimento al 3 motivo deve ulteriormente osservarsi che non risulta idoneamente censurata la statuizione secondo cui “la prosecuzione del contratto di nolo ed il conseguente obbligo di pagare il corrispettivo fissato in data 18.7.2011 in assenza della restituzione del mezzo e non già la cessazione del rapporto con il venir meno dell’obbligo di pagamento dei canoni, come asserisce l’appellante, per una presunta sospensione della fatturazione, espressione alquanto generica e non comprensibile”.

Senza sottacersi, avuto in particolare riferimento alla lamentata mancata considerazione del giudicato esterno, che non risulta dall’odierna ricorrente (che ne invoca l’autorità: v. Cass., 19/9/2013, n. 21469; Cass., 24/11/2008, n. 27881; Cass., Sez. Un., 16/6/2006, n. 13916) invero indicato dove, come e quando abbia prodotto la necessaria relativa attestazione di cancelleria ex art. 124 disp. att. c.p.c. in ordine all’intervenuto relativo passaggio in giudicato (v. Cass., Sez. Un., 2/3/2017, n. 5302; Cass., Sez. Un., 14/3/2016, n. 4909; Cass., 14/7/2015, n. 14646; Cass., 3/4/2014, n. 7768; Cass., 19/9/2013, n. 21469. E, da ultimo, Cass., 29/11/2018, n. 30838).

Emerge evidente, a tale stregua, come l’odierna ricorrente inammissibilmente prospetti in realtà una rivalutazione del merito della vicenda comportante accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimità, nonché una rivalutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, non potendo in sede di legittimità riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, atteso il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.800,00, di cui Euro 5.600,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore della controricorrente.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2021

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