Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29671 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 29/12/2011, (ud. 27/10/2011, dep. 29/12/2011), n.29671

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.L.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO

CESARE N. 21/23, presso lo studio dell’avvocato DE LUCA TAMAJO

RAFFAELE, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

BANCA DI CREDITO COOPERATIVO MONTE PRUNO DI ROSCIGNO E DI LAURINO, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio

dell’avvocato BOCCIA FRANCO RAIMONDO, rappresentata e difesa

dall’avvocato VISCONTI PASQUALE, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 237/2008 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 21/02/2008 R.G.N. 1163/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/10/2011 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

udito l’Avvocato PATERNO’ FEDERICA per delega RAFFAELE DE LUCA

TAMAJO;

udito l’Avvocato BOCCIA RAIMONDO per delega VISCONTI PASQUALE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio che ha concluso per improcedibilità in via

principale, in subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.L.M. esponeva al Tribunale di Vallo della Lucania di aver lavorato presso la Banca di Credito Cooperativo “Alto Cilento” di Laurino dal 26 gennaio 1998 al 30 giugno 2003, formalmente con vari contratti di lavoro autonomo (dapprima quale borsista, quindi collaboratore coordinato e continuativo) ma in realtà con vincolo di subordinazione.

Di essere stato da ultimo assunto, ai sensi dell’art. 31 del c.c.n.l.

di categoria del 10 maggio 2002, per sei mesi con contratto a tempo determinato e parziale il 20 giugno 2002, prorogato senza soluzione di continuità per ulteriori sei mesi.

Che la clausola appositiva del termine di tale ultimo contratto era senz’altro nulla ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, con conseguente conversione del contratto in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ex tunc; che in ogni caso ciò conseguiva dalla precedente effettiva subordinazione stante la fittizietà delle tipologie contrattuali autonome sopra menzionate. Lamentava infine che egli risultava creditore di somme varie a titolo di differenze retributive maturate nel corso di tutto il rapporto di lavoro.

Si costituiva la Banca di Credito Cooperativo Monte Pruno di Roscigno e Laurino, succeduta alla Banca di Credito Cooperativo Alto Cilento di Laurino con atto di fusione per incorporazione del 18 luglio 2005 con la Banca di Credito Cooperativo di Monte Pruno di Roscigno; che pertanto nulla poteva rivendicare il D.L. nei suoi confronti, essendo cessato il suo rapporto di lavoro il 30 giugno 2003.

Il Tribunale di Vallo della Lucania rigettava la domanda del D. L. per tale riferita ragione.

La Corte d’appello di Salerno, con sentenza depositata il 21 febbraio 2008, respingeva il gravame proposto dal D.L., escludendo l’operatività dell’art. 2112 c.c. per essere il rapporto di lavoro cessato assai prima della fusione societaria, ritenendo comunque la legittimità del contratto a termine L. n. 56 del 1987, ex art. 23.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il D.L., affidato a tre motivi, poi illustrati con memoria.

Resiste la Banca di Credito Cooperativo Monte Pruno di Roscigno e Laurino con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 230 del 1962, art. 2 della L. n. 56 del 1987, art. 23 della L. n. 196 del 1997, art. 1 dell’art. 2 del c.c.n.l. per i quadri, gli impiegati e gli ausiliari delle banche di credito cooperativo, casse rurali ed artigiane del 7.12.2000, art. 31 nella sua articolazione del 10.5.2002; degli artt. 99, 112, e 420 c.p.c., dell’art. 1419 c.c., comma 2, violazione e falsa applicazione degli artt. 2112, 2504 bis e 2560 c.c., degli artt. 3 e 24 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Lamenta il D.L. che la corte territoriale ritenne legittima l’assunzione a termine in base all’art. 31 del c.c.n.l. di categoria, stipulato ai sensi della L. n. 56 del 1987, art. 23 senza considerare che la causale indicata non era contenuta nel predetto art. 31; che esso ricorrente aveva richiesto, sotto tale profilo, di provare sia il suo inserimento nell’ordinario ciclo produttivo ed organizzazione del lavoro della Banca, sia lo svolgimento di un orario di lavoro a tempo pieno, e che la corte di merito non aveva ammesso alcuna prova senza minimamente motivare sul punto.

2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia conseguentemente:

violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 112, 420 c.p.c.;

dell’art. 2094 c.c.; del D.Lgs. n. 280 del 1997, art. 1. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, con riferimento alla ritenuta insussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dal primo contratto di lavoro, formalmente autonomo, stipulato tra le parti.

Lamenta il ricorrente di aver tempestivamente richiesto di provare l’assunto, senza che il primo giudice, nè la corte d’appello investita del gravame, avessero ammesso le prove. Che, nonostante il D.Lgs. n. 280 del 1997, art. 1 escluda l’instaurarsi di un rapporto di lavoro subordinato con riferimento alle borse di lavoro, e nonostante le collaborazioni coordinate e continuative siano da considerare in astratto di lavoro autonomo, su entrambe le figure contrattuali doveva prevalere, sul nomen iuris, il concreto ed effettivo atteggiarsi del rapporto.

3. -Con il terzo motivo il ricorrente denuncia in particolare la violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 112, 324, 329, 346, 420, 433 e 434 c.p.c. oltre che dell’art. 2909 c.c. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere la corte territoriale ritenuto che “l’implicito rigetto della originaria domanda inerente le differenze retributive aveva valore di giudicato per non essere stato formulato sul punto alcun motivo di impugnazione nè alcuna doglianza”.

Lamentava la ricorrente che il Tribunale si era limitato ad affermare l’insussistenza della responsabilità solidale dell’incorporante per fusione, ritenendo ogni altra questione assorbita, sicchè “alcuna censura poteva essere mossa sotto tale profilo alla pronunzia del primo giudice” (pag. 36 ricorso), ritenendo, ed in tal senso il quesito di diritto, che non vi è alcun rigetto implicito della domanda allorchè il giudice, ritenendo tutte le questioni assorbite da quella che è valutata come questione preliminare e pregiudiziale, decide solo su tale questione, omettendo tutte le altre in quanto assorbite dalla prima”.

4. -I motivi, che stante la loro connessione possono essere congiuntamente trattati, risultano in parte inammissibili, sotto il profilo della censurata illegittimità del contratto a tempo determinato, e per il resto fondati.

Il ricorrente, infatti, pur dolendosi della mancata valutazione della legittimità o meno del contratto a tempo determinato stipulato in base alle pattuizioni sindacali di cui al c.c.n.l. di categoria (L. n. 56 del 1987, ex art. 23), non allega il detto c.c.n.l., nè indica la sua ubicazione negli atti processuali in contrasto con gli artt. 366 e 369 c.p.c. (cfr. per tutte, Cass. sez. un., ordinanza 25 marzo 2010 n. 7161).

La conclusione è rafforzata dalla inammissibilità del relativo quesito di diritto (del tutto omesso quanto alla disciplina di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001), che si limita a sottoporre alla Corte puramente e semplicemente se nella specie vi sia stata violazione di norme di diritto, senza minimamente “compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito;

b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie” (Cass. 17 luglio 2008 n. 19769).

5. – Per il resto si osserva.

Il ricorrente lamenta che il principio, affermato dalla corte territoriale, per cui non sussisterebbe alcuna responsabilità della azienda cessionaria per non essere in corso da tempo il rapporto di lavoro, doveva escludersi considerando che, prima della fusione per incorporazione, il D.L. aveva già proposto e notificato alla Banca di Credito Cooperativo “Alto Cilento” di Laurino il ricorso introduttivo della lite, stabilendo l’art. 2504 bis c.c., comma 1, che “la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione”.

Evidenzia che l’operatività, anche in caso di fusione, dell’art. 2112 c.c. non mutava i termini della questione, aggiungendo alla responsabilità del cedente quella del cessionario.

6. – La censura è fondata.

Deve infatti osservarsi che le domande non esaminate perchè ritenute assorbite, non possono costituire oggetto di motivo d’appello, ma devono semplicemente essere riproposte ai sensi dell’art. 346 c.p.c. (cfr. da ultimo Cass. 9 giugno 2010 n. 13855).

Nella specie, avendo l’appellante D.L. censurato la sentenza di primo grado per avere erroneamente ritenuto preclusa dalla pregressa cessazione del rapporto qualsivoglia responsabilità della convenuta, ed avendo riproposto tutte le domande formulate in prime cure, nessun giudicato implicito poteva essersi formato sul punto.

Deve quindi rilevarsi che, applicandosi nella specie l’art. 2504 bis c.c. nel testo novellato dal D.Lgs. 28 dicembre 2004, n. 310, art. 23, comma 1, secondo cui la società che risulta dalla fusione o quella incorporante “assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti”, e che dunque la fusione tra società si risolve in una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità (Cass. sez. un. 17 settembre 2010 n. 19698; Cass. 5 febbraio 2011 n. 4740), le domande relative all’effettiva esistenza del rapporto di lavoro subordinato e delle conseguenti richieste differenze retributive dovevano essere esaminate dal giudice di merito (che ne ha escluso il rilievo in base al presupposto della mancata prosecuzione del rapporto), rispondendone, se accertate, la società incorporante.

7. – La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio, anche per le spese, ad altro giudice, in dispositivo indicato, per l’ulteriore esame della controversia quanto all’effettiva pregressa subordinazione del D.L. nel periodo durante il quale fu legato alla società da vari contratti di lavoro formalmente autonomi, previa valutazione della rilevanza ed ammissibilità delle prove sul punto richieste, e delle eventuali differenze retributive reclamate, attenendosi al seguente principio di diritto: In caso di fusione societaria, regolata dall’art. 2504 bis c.c. nel testo novellato ad opera del D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 e quindi dal D.Lgs. 28 dicembre 2004, n. 310, art. 23, comma 1, la prosecuzione dei rapporti deriva direttamente dalla norma citata, considerato che la fusione si risolve in una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo per quanto concerne la illegittimità del contratto a termine stipulato con la Banca di Credito Cooperativo “Alto Cilento” di Laurino il 20 giugno 2002, e lo accoglie per il resto unitamente al secondo e terzo motivo. Cassa la sentenza impugnata relativamente ai motivi accolti, e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Napoli.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 27 ottobre 2011 e del 17 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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