Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29670 del 28/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 28/12/2020, (ud. 30/09/2020, dep. 28/12/2020), n.29670

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 455-2020 proposto da:

E.K.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI OTTAVI

9, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO SCARINGELLA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABIO LOSCERBO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, anche per la COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BOLOGNA, presso la

PREFETTURA, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI

12, ope legis;

– resistente con mandato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositata il 05/11/2019

r.g.n. 2879/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/09/2020 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. il Tribunale di Bologna, con decreto del 5.11.2019, respingeva il ricorso in opposizione proposto da E.K.N., cittadino marocchino, avverso la decisione di diniego della Commissione Territoriale, riferita sia alla domanda di riconoscimento della protezione internazionale, sia a quella di protezione umanitaria;

2. il Tribunale evidenziava come le ragioni per le quali il ricorrente aveva lasciato il Marocco erano estranee alle fattispecie in tema di protezione, in quanto ascrivibili a motivazioni di tipo economico; che non sussistevano, in particolare, fattori di persecuzione, che non era stato paventato il rischio di subire, in caso di rientro, una delle forme di danno grave alla persona per il riconoscimento della protezione sussidiaria e che la situazione del Paese di origine, in base all’esame delle fonti più aggiornate e accreditate, era tale da escludere situazioni di violenza generalizzata ed indiscriminata;

3. quanto alla domanda di permesso per ragioni umanitarie, doveva escludersi la condizione di vulnerabilità da tutelare, in mancanza di specifici fattori indicatori di necessità di protezione, dal punto di vista sia soggettivo che oggettivo; nè il ricorrente aveva dedotto problematiche di salute o ulteriori specifici profili di vulnerabilità;

4. di tale decisione domanda la cassazione EI Ka. Na., affidando l’impugnazione a cinque motivi;

5. il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo, il ricorrente denunzia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, con contestuale vizio di motivazione in ordine alla mancata considerazione della credibilità delle dichiarazioni rese ed all’omessa attivazione dei doveri informativi officiosi, sostenendo che il Tribunale avrebbe dovuto ritenere credibile la narrazione dei fatti fornita ed attivare i poteri istruttori d’ufficio per l’acquisizione di aggiornate informazioni sul paese di provenienza di esso istante;

2. con il secondo motivo, il richiedente la protezione lamenta violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 11 e 17 contestando nuovamente la ritenuta non credibilità e non attendibilità delle dichiarazioni dallo stesso rese e rilevando come sia stata omessa la valutazione dei requisiti necessari per la concessione dei due tipi di protezione, collegati allo status di rifugiato o alla presenza dei presupposti di quella sussidiaria;

3. il terzo motivo ascrive alla decisione impugnata omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia relativamente alla mancata indicazione del riferimento di legge;

4. con il quarto motivo, il ricorrente si duole dell’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, relativamente alla domanda di protezione umanitaria;

5. con il quinto motivo, si deducono violazione o falsa applicazione di legge ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione relativamente al permesso di soggiorno per motivi umanitari, con riferimento anche ad una L.R. Emilia Romagna 30 luglio 2014, n. 14 che, all’art. 2, definisce la categoria delle persone in condizioni di fragilità e vulnerabilità a rischio di povertà;

6. il primo motivo è inconferente, perchè il Tribunale si è limitato ad osservare che, sulla base delle dichiarazioni dell’interessato, la ragione a fondamento della richiesta di protezione era solo economica e che pertanto non sussistevano i requisiti per la domanda azionata;

6.1. tale osservazione è sufficiente ad escludere in radice la concedibilità della protezione umanitaria – così come della protezione internazionale – in quanto i c.d. migranti economici possono avere ingresso nel nostro Paese attraverso l’applicazione della diversa disciplina basata sulla periodica regolamentazione dei flussi migratori (vedi, per tutte: Cass. 17 maggio 2019, n. 13444);

7. in ordine al secondo motivo, la valutazione ritenuta omessa è stata effettuata e la decisione è conforme a legge, in quanto è stata motivatamente e correttamente esclusa la sussistenza dei presupposti normativamente previsti per ciascun tipo di tutela;

8. il terzo motivo è mal dedotto con riguardo alla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, e sconta la mancanza di coerenza con la motivazione fornita, fondata su corretta disamina della fattispecie alla luce del compendio normativo di riferimento;

9. anche il quarto motivo, come il precedente, è inammissibile e comunque, diversamente da come dedotto, la motivazione non è apparente: va evidenziata la preclusione, nel giudizio di cassazione, dell’accertamento dei fatti, ovvero della loro valutazione a fini istruttori, ostativi ad una valutazione della motivazione insufficiente o contraddittoria, salvo che essa non risulti apparente nè perplessa o obiettivamente incomprensibile (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2498; Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439): ciò che non si verifica nel caso di specie, in cui il percorso argomentativo della pronuncia del giudice del gravame è chiaramente e sufficientemente esposto in maniera idonea a supportare il decisum sul piano della compiuta ed esaustiva valutazione della sussistenza dei presupposti per la protezione invocata;

9.1. inoltre, la protezione umanitaria, nel regime applicabile nella specie “ratione temporis”, tutela situazioni di vulnerabilità – anche con riferimento a motivi di salute – da riferire ai presupposti di legge ed in conformità ad idonee allegazioni da parte del richiedente, mentre non è ipotizzabile porre a fondamento di tale forma di protezione l’impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di “estrema difficoltà economica e sociale”, in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico (Cass. 7 febbraio 2019, n. 3681);

10. con riguardo al quinto motivo, la normativa regionale richiamata rileva, evidentemente, a fini del tutto diversi, ossia ai fini della presa in carico da servizi – socio sanitari nell’ambito delle politiche regionali, altro essendo la valutazione dei requisiti di vulnerabilità dello straniero ai fini del riconoscimento del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, da effettuar, unicamente con riferimento a normativa statale;

10.1. questa Corte ha chiarito (v. Cass. n. 4455 del 2018 e, da ultimo, Cass. S.U. n. 29459, n. 29460 e n. 29461 del 13.11.2019) che il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza;

10.2. tanto premesso, va rilevato che la Corte di appello non ha affatto negato, come pare ritenere l’istante, che la protezione umanitaria potesse trovare, in astratto, uno spazio applicativo: ha invece escluso che potesse essere in concreto riconosciuta, ritenendo non allegate specificamente ed indimostrate specifiche situazioni soggettive di vulnerabilità riferibili al richiedente, all’infuori di ragioni economiche, come sopra detto non rilevanti ai fini considerati;

10.3. nel censurare l’apprezzamento compiuto dal giudice di merito, il ricorrente non è in grado di evidenziare circostanze di fatto sottoposte al dibattito processuale e trascurate dalla sentenza impugnata, ma si limita a sollecitare una nuova valutazione del materiale probatorio, non consentita dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il quale, nel testo modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, circoscrive le anomalie motivazionali denunciabili con il ricorso per cassazione alla pretermissione di un fatto storico, principale o secondario, che abbia costituito oggetto del dibattito processuale e risulti idoneo ad orientare in senso diverso la decisione, nonchè a quelle che si convertono in violazione di legge, per mancanza del requisito di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4, escludendo pertanto da un lato la possibilità di estendere il vizio in esame al di fuori delle ipotesi, nella specie neppure prospettate, in cui la motivazione manchi del tutto sotto l’aspetto materiale e grafico, oppure formalmente esista come parte del documento, ma risulti meramente apparente, perplessa, o costituita da argomentazioni talmente inconciliabili da non permettere di riconoscerla come giustificazione del decisum, e tale vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo del provvedimento (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. Un., n. 8053 e 8054 del 2014);

11. pertanto, il ricorso va dichiarato complessivamente inammissibile;

12. nulla va statuito sulle spese del presente giudizio di legittimità, non avendo il Ministero svolto alcuna attività difensiva;

13. le controversie in materia di riconoscimento

della protezione internazionale non sono annoverate tra quelle esentate dal contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 9 e 10 sicchè al rigetto o, come nella specie, all’inammissibilità del corrispondente ricorso per cassazione consegue il raddoppio di detto contributo (cfr. Cass. 8.2.2017 n. 3305).

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 30 maggio 2002 art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del citato D.P.R., art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2020

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