Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29669 del 28/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 28/12/2020, (ud. 24/07/2020, dep. 28/12/2020), n.29669

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 813-2020 proposto da:

F.U., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARIA CRISTINA ROMANO;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DELLA PROVINCIA DI COMO, QUESTURA DELLA PROVINCIA DI COMO,

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimati –

avverso l’ordinanza n. 288/2019 del GIUDICE DI PACE di COMO,

depositata il 15/11/2019 R.G.N. 3403/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/7/2020 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. il Giudice di Pace di Como, con provvedimento del 15.11.2019, rigettava il ricorso in opposizione proposto da F.U., cittadino pakistano, avverso il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Como il 30.9.2019;

2. osservava che il provvedimento era legittimo per essere carente un valido permesso di soggiorno in capo al ricorrente, presente sul territorio dello Stato da diversi anni e già destinatario di un diniego di protezione internazionale, provvedimento neanche impugnato dall’interessato;

3. rilevava che non era stata proposta domanda di protezione reiterata e che non sussistevano comprovate ragioni cautelari per sospendere l’efficacia del provvedimento, tenuto conto di quanto motivato nel decreto opposto in ordine alla mancanza dei requisiti per la permanenza nel territorio dello Stato, per essere lo straniero privo di documenti per proseguire la sua permanenza, per essere mancata ogni prova circa la disponibilità di un alloggio e per avere il predetto dichiarato espressamente di non volere rientrare nel suo paese, in tal modo essendo evidente il rischio di fuga di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13;

4. di tale decisione domanda la cassazione F.U., affidando l’impugnazione a cinque motivi;

5. le parti destinatarie della notificazione sono rimaste intimate.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

6. con il primo motivo, è denunziata violazione dell’art. 112 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 per omessa pronuncia sul motivo di illegittimità del decreto di espulsione di cui al paragrafo II del ricorso giudiziale;

7. con il secondo motivo, si lamenta la violazione dello stesso articolo per omessa pronuncia sui motivi di illegittimità del decreto enunciati al paragrafo III del ricorso;

8. con il terzo, è dedotta analoga violazione per l’omessa pronuncia sui vizi del decreto questorile conseguente all’espulsione di cui al paragrafo IV del ricorso;

9. con il quarto motivo, ci si duole dell’omessa valutazione delle circostanze documentate in relazione alla manifestata volontà di richiedere protezione internazionale ed in ordine alle circostanze dedotte circa i rischi in caso di rimpatrio, in relazione ai documenti asseritamente prodotti;

10. con il quinto motivo, è ascritta alla decisione violazione e/o falsa applicazione degli artt. 6-7-9 e 10 Dir. 2013/32/UE e del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 3, 67-8-26 e 29, dell’art. 33 della Convenzione di Ginevra e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 in materia di non refoulement;

11. con riguardo al primo motivo, ove si assume che nessuna motivazione per il rigetto delle censure prospettate è contenuta nell’ordinanza impugnata, adducendosi che nel caso di specie era stata omessa ogni valutazione attuale sulla situazione del paese di provenienza del ricorrente e che lo stesso era originario del Pakistan, zona di Sialjkot, in Punjab, che nell’ultimo anno era stato teatro di scontri tra India e Pakistan degenerati in conflitto, è sufficiente osservare che la deduzione fa rinvio a documentazione di cui non si indica la sede di produzione specificamente riferita anche alla fase del giudizio dinanzi al giudice di Pace e che, comunque, la stessa, per come esposto, non ha riguardo a situazioni discriminatorie che rinviino allo status di rifugiato;

11.1. con riferimento anche ai successivi motivi, non si tratta di omessa pronuncia, peraltro “in tema di “errores in procedendo”, non è consentito alla parte interessata di formulare, in sede di legittimità, la censura di omessa motivazione, spettando alla Corte di cassazione accertare se vi sia stato, o meno, il denunciato vizio di attività, attraverso l’esame diretto degli atti, indipendentemente dall’esistenza o dalla sufficienza e logicità dell’eventuale motivazione del giudice di merito sul punto” (cfr. Cass. 10.11.2015 n. 22952, Cass. 12.1.2016 n. 321);

12. in relazione al secondo motivo, si assume che non sia stata valutata la illegittimità del provvedimento prefettizio in ordine all’esclusione, asseritamente dedotta, della possibilità di concedere al ricorrente un termine per la partenza volontaria;

12.1. anche tale censura è inammissibile, posto che l’ordinanza impugnata ha riguardo alla sussistenza di un pericolo di fuga ed alle ipotesi riferite alla possibilità di disporre l’accompagnamento alla frontiera, ai sensi dell’art. 13 t. u. immigrazione, in particolare menzionando il caso di cui al comma 4bis richiamato;

12.2. il motivo è mal prospettato, laddove riferito, peraltro, alla mancanza di motivazione non dell’ordinanza ma del provvedimento della P.A. in ordine alla omessa concessione del termine per la partenza volontaria ed attiene, come il secondo, al provvedimento del Questore;

13. anche il terzo motivo è inammissibile in quanto generico laddove si riferisce ad omessa pronunzia su vizi autonomi del decreto questorile conseguente all’espulsione, ma non trascrive i termini in cui una doglianza sul punto è stata prospettata dinanzi al Giudice di Pace;

14. l’omesso esame di fatti decisivi dedotto nel quarto motivo con riguardo alla documentazione comprovante la volontà di chiedere la protezione internazionale da parte del ricorrente è relativo a circostanza ritenuta non decisiva, essendosi il Giudice di Pace limitato ad osservare come il ricorrente fosse stato già destinatario di un diniego di protezione internazionale, provvedimento neanche impugnato dall’interessato, e peraltro l’omesso esame della documentazione asseritamente a supporto di una reiterazione di domanda o sull’esistenza di prova di disponibilità di un alloggio non integra il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 dedotto, nella nuova formulazione; non va mancato, poi, di osservare che “L’opposizione all’espulsione D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 19, comma 1, deve fondarsi su ragioni umanitarie nuove o diverse da quelle già oggetto del procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale, dovendosi valutare la “novità” non solo in senso oggettivo, ma anche – ove i fatti o i fattori di rischio siano stati appresi “medio tempore” – in senso soggettivo, con la conseguenza che integrano il suddetto requisito non soltanto i fatti cronologicamente sopravvenuti alla decisione di rigetto non impugnata, ma anche quelli ignorati in sede di valutazione della commissione territoriale perchè non allegati dal richiedente e non accertati officiosamente dal giudice di pace il quale è tenuto, al pari del giudice della protezione internazionale, all’obbligo di cooperazione istruttoria” (Cass. 16 dicembre 2019, n. 33166);

15. il quinto motivo si collega alle deduzioni avanzate nel quarto e contesta l’interpretazione di norme che presuppongono che una reiterazione di domanda di protezione vi sia stata e che non sia stata ricevuta dall’Amministrazione, circostanza che è dedotta unicamente in tale sede, con evidenti profili di novità della allegazione, che comportano l’inammissibilità della censura;

16. il ricorso va, per quanto detto, dichiarato complessivamente inammissibile;

17. nulla va statuito sulle spese del presente giudizio di legittimità, essendo le parti destinatarie di rituale notifica rimaste intimate;

18. il ricorrente non è tenuto al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, in quanto, in tema di controversie in materia di espulsione dei cittadini di Stati che non sono membri dell’Unione Europea (D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18) e di opposizione al diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonchè agli altri provvedimenti dell’autorità amministrativa in materia di diritto all’unità familiare (D.Lgs. n. 150 cit., art. 20), è espressamente stabilito che “Gli atti del procedimento sono esenti da imposta di bollo e di registro e da ogni altra tassa” (cfr. Cass. 3305/2017).

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso. Nulla per le spese. Rilevato che dagli atti il processo risulta esente non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 24 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2020

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA