Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29665 del 16/11/2018

Cassazione civile sez. II, 16/11/2018, (ud. 11/10/2018, dep. 16/11/2018), n.29665

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORRENTI Vincenzo – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16742/2016 proposto da:

D.B.A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 110 SC: 1, int. 9, presso lo studio dell’avvocato NICOLA

D’IPPOLITO, rappresentato e difeso dall’avvocato FERNANDO GRECO

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.M.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA

2, presso lo studio dell’avvocato ALFREDO PLACIDI, rappresentata e

difesa dall’avvocato RUGGERO CORVASCE giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e

C.M.C.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 991/2015 della CORTE D’APPELLO d.B.,

depositata il 26/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/10/2018 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Lette le memorie di parte ricorrente.

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. A seguito del decesso di D.B.F. avvenuto in data (OMISSIS), succedevano ex lege il figlio minore D.B.A.A. ed il coniuge C.C.M., la quale accettava per conto del primo l’eredità paterna con beneficio di inventario, giusta autorizzazione del giudice tutelare del 25/10/1979.

Tra i beni caduti in successione vi era anche un complesso immobiliare costituito da capannone industriale con palazzina annessa e piazzali, sito in (OMISSIS) in catasto al foglio (OMISSIS), part. (OMISSIS).

In data 12 maggio 1988 D.B.A.A., a breve distanza dal conseguimento della maggiore età, rinunciava all’eredità, con dichiarazione inserita ai sensi dell’art. 519 c.c., e art. 52 disp. att. c.c., nel registro delle successioni tenuto all’epoca presso la Pretura di Barletta.

Nelle more la C., anche dopo il decesso del marito aveva continuato a gestire l’impresa del de cuius, che era entrata in crisi, venendo infine ammessa alla procedura di concordato preventivo, nell’ambito della quale P.M.S. aveva acquistato il detto complesso immobiliare.

Con successivo atto di citazione del 21 marzo 2007, D.B.A.A. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Trami la P. per sentire accertare che era proprietario della metà del complesso immobiliare acquistato dalla convenuta, onde poi pervenire alla divisione del bene, con la condanna della convenuta anche al rendiconto della quota di frutti medio tempore percepiti.

Assumeva l’attore che, avendo accettato l’eredità con beneficio di inventario, non era più possibile una successiva rinuncia, risultando quindi inefficace la rinuncia all’eredità compiuta poco dopo il raggiungimento della maggiore età.

Si costituiva la convenuta che contestava la fondatezza della domanda, ed in via riconvenzionale deduceva di essere divenuta proprietaria dell’intero bene ai sensi dell’art. 1159 c.c., chiedendo di essere autorizzata a chiamare in garanzia la C..

Autorizzata la chiamata in causa, si costituiva la C. che deduceva la propria estraneità alla vicenda.

Il Tribunale adito con la sentenza del 17 luglio 2012 riteneva condivisibile la tesi dell’invalidità della rinuncia successiva da parte dell’attore, ma riteneva che la P. fosse divenuta proprietaria esclusiva del bene in virtù di usucapione decennale abbreviata, avendo posseduto in buona fede e sulla base di un titolo astrattamente idoneo al trasferimento dell’intera proprietà.

Avverso tale sentenza ha proposto appello il D.B., assumendo l’inapplicabilità alla fattispecie della previsione di cui all’art. 1159 c.c., ed insistendo per l’accoglimento della domanda originaria.

Nella resistenza delle appellate, avendo la P. proposto altresì appello incidentale, la Corte d’Appello di Bari con la sentenza n. 991 del 26/6/2015 accoglieva l’appello incidentale e rigettava la domanda del D.B., con la conseguente condanna al rimborso delle spese del doppio grado.

Ad avviso dei giudici di appello, il minore può accettare l’eredità solo con beneficio di inventario, con la conseguenza che al raggiungimento della maggiore età può alternativamente procedere alla redazione dell’inventario, entro un anno, ovvero lasciarsi decadere dal beneficio non provvedendo a tanto, e divenendo quindi erede, oppure può rinunciare all’eredità.

Ne scaturiva quindi che la rinuncia all’eredità compiuta dall’appellante subito dopo il raggiungimento della maggiore età era perfettamente valida, con la conseguenza che la quota ereditaria della C. si era accresciuta, essendo quindi legittima la vendita in sede di concordato dell’intera proprietà del bene.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione D.B.A.A., sulla base di due motivi.

P.M.S. ha resistito con controricorso.

C.M.C. non ha svolto difese in questa fase.

2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 475,484,489 e 674 c.c..

Si rileva che la sentenza impugnata ha erroneamente applicato le previsioni codicistiche in tema di accettazione con beneficio di inventario da parte del minore, pervenendo quindi erroneamente alla conclusione circa l’accrescimento della quota ereditaria del coniuge del de cuius.

Ed, infatti, poichè all’epoca dell’apertura della successione il ricorrente era minore, questi non poteva che accettare con beneficio di inventario come imposto dall’art. 489 c.c..

La norma peraltro accorda un ulteriore vantaggio al minore prevedendo che, anche laddove non abbia in precedenza provveduto a redigere l’inventario, possa comunque predisporre tale atto nel termine di un anno dal raggiungimento della maggiore età, conservando quindi gli effetti e i vantaggi del beneficio.

La mancata redazione dell’inventario fa sì che il minore, pur a fronte della formale accettazione da parte dei suoi rappresentanti legali, conservi la qualità di chiamato, sicchè, sempre entro l’anno, potrebbe, in alternativa alla redazione dell’inventario ovvero alla sua omissione (il che lo renderebbe erede puro e semplice alla scadenza dell’anno), rinunciare anche all’eredità.

Ciò però presuppone che l’inventario non sia stato in precedenza predisposto, in quanto una volta intervenuto anche tale atto si perfeziona l’acquisto della qualità di erede in capo al minore, il quale è quindi impossibilitato ad una successiva rinuncia per effetto del principio semel heres, semper heres.

Nella fattispecie, emerge invece la prova che l’inventario è stato redatto allorquando il ricorrente era ancora minorenne con la conseguenza che non era più possibile rinunciare all’eredità, palesandosi in tal modo erronea la decisione del giudice di appello.

Il motivo è fondato.

Occorre ricordare che, a seguito dell’elaborazione della giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 11030/2003) si è precisato che nella procedura di accettazione con beneficio di inventario, la mancata redazione dell’inventario non è una causa di decadenza, come pur si era opinato in passato, ma impedisce il perfezionamento della fattispecie a formazione progressiva, essendo il beneficio della limitazione di responsabilità ricollegato al concorso sia dell’accettazione che della tempestiva redazione dell’inventario.

In relazione quindi alle eredità devolute a maggiorenni ed a soggetti capaci si è coerentemente affermato che (Cass. n. 16739/2005) se da un lato la dichiarazione di accettazione con beneficio d’inventario ha una propria immediata efficacia, determinando il definitivo acquisto della qualità di erede da parte del chiamato, che subentra perciò in “universum ius defuncti”, compresi i debiti del “de cuius”, d’altro canto essa non incide sulla limitazione della responsabilità “intra vires”, che è condizionata (anche) alla preesistenza o alla tempestiva sopravvenienza dell’inventario, in mancanza del quale l’accettante è considerato erede puro e semplice (artt. 485,487 e 488 c.c.) non perchè abbia perduto “ex post” il beneficio, ma per non averlo mai conseguito. Infatti, le norme che impongono il compimento dell’inventario in determinati termini non ricollegano mai all’inutile decorso del termine stesso un effetto di decadenza ma sanciscono sempre come conseguenza che l’erede viene considerato accettante puro e semplice, mentre la decadenza è chiaramente ricollegata solo ed esclusivamente ad alcune altre condotte, che attengono alla fase della liquidazione e sono quindi necessariamente successive alla redazione dell’inventario.

Tale principio subisce evidentemente delle deroghe per le diverse ipotesi in cui sia imposta come obbligatoria e necessitata l’accettazione con beneficio di inventario, come appunto è previsto per i minori e gli incapaci nonchè per i soggetti di cui all’art. 473 c.c..

In tal senso si è ribadito anche di recente che (cfr. Cass. n. 21456/2017) l’art. 471 c.c., disponendo che le eredità devolute ai minori e agli interdetti non si possono accettare se non con il beneficio di inventario, esclude che il rappresentante legale dell’incapace possa accettare l’eredità in modo diverso, sicchè l’eventuale accettazione tacita, fatta dal rappresentante con il compimento di uno degli atti previsti dall’art. 476 c.c., non produce alcun effetto giuridico nei confronti dell’incapace. Tuttavia, se a seguito dell’inefficace accettazione dell’eredità per suo conto fatta dal legale rappresentante, il soggetto già minore d’età non provvede – ai sensi dell’art. 489 c.c. – a conformarsi alle disposizioni dell’art. 484 c.c. e segg., entro l’anno dal raggiungimento della maggiore età, rimane ferma con pieni effetti l’accettazione pura e semplice già avvenuta nel suo interesse ed acquistano efficacia anche tutti gli atti inerenti all’eredità accettata posti in essere dal rappresentante legale del minore.

Coerentemente con l’affermazione secondo cui la redazione dell’inventario costituisce uno degli elementi costitutivi della fattispecie a formazione progressiva dell’accettazione con beneficio di inventario, si è altresì precisato che (cfr. Cass. n. 8832/1999) anche qualora il genitore esercente la potestà (ora responsabilità genitoriale) sul figlio minore chiamato all’eredità faccia l’accettazione prescritta dall’art. 471 c.c., da cui deriva l’acquisto da parte del minore della qualità di erede (artt. 470 e 459 c.c.), ma non compia l’inventario necessario per poter usufruire della limitazione della responsabilità – e questo non sia redatto neppure dal minore entro un anno dal raggiungimento della maggiore età, l’eredità resta acquisita da quest’ultimo, che però è considerato erede puro e semplice (art. 489 c.c.), mentre (cfr. Cass. n. 1267/1986) il mancato perfezionamento della procedura di accettazione beneficiata, mantiene il minore nella qualità di chiamato, sicchè una volta divenuto maggiorenne, potrà valutare se conservare o meno il beneficio ovvero rinunciare alla eredità.

Tuttavia, come precisato sempre da questa Corte (cfr. Cass. n. 9142/1993) la disposizione dell’art. 485 c.c., secondo cui il chiamato all’eredità che è qualunque titolo nel possesso dei beni ereditari, è considerato puro e semplice, ove non ottemperi alle disposizioni circa la compilazione dell’inventario nel termine prescritto, non è applicabile nell’ipotesi di eredità devolute ai minori, posto che nei confronti di tali soggetti la decadenza dal beneficio d’inventario non può avvenire, a norma dell’art. 489 c.c., se non al compimento di un anno dalla maggiore età, restando però escluso che, una volta che l’inventario sia stato eseguito, sia pure nel mancato rispetto del termine di cui all’art. 485 cit., ma in costanza della minore età del chiamato, questi debba reiterare, per conservare la posizione di erede beneficiario, un inventario già compiuto, entro l’anno dal raggiungimento della maggiore età.

Ne deriva che, una volta che si sia perfezionata, prima del raggiungimento della maggiore età, la procedura di accettazione beneficiata, con il realizzarsi degli elementi costitutivi previsti dalla legge, risulta ormai acquisita la qualità di erede, con la conseguenza che al minore, anche una volta divenuto maggiorenne, è preclusa in virtù del sopra richiamato principio dell’irretrattabilità della accettazione ereditaria, la possibilità di una successiva rinuncia.

A tali principi non risulta essersi conformata la decisione gravata, atteso che parte ricorrente ha puntualmente evidenziato, richiamando il documento prodotto nel corso del giudizio di primo grado, soddisfacendo così gli oneri di localizzazione ed individuazione di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, che il verbale di inventario era stato redatto dal notaio M. in data 9/12/1980 (documento di cui alla lettera e) della produzione di parte attrice), sottolineando altresì come la stessa convenuta nella comparsa conclusionale avesse contestato la valenza di tale documento, sul presupposto (peraltro erroneo) che non potesse tenersene conto in quanto predisposto oltre tre mesi dall’apertura della successione (senza quindi considerare il peculiare regime apprestato dal legislatore per le eredità devolute ai minori per i quali è preclusa ogni diversa forma di accettazione diversa da quella beneficiata, con evidenti deroghe anche quanto alla scansione cronologica degli adempimenti).

La redazione dell’inventario ha quindi fatto acquisire al ricorrente la qualità di erede, ancor prima del raggiungimento della maggiore età, con la conseguenza che la successiva rinuncia è del tutto priva di efficacia.

La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata con rinvio per nuovo esame dell’appello principale del ricorrente ad altra Sezione della Corte d’Appello di Bari.

3. Il secondo motivo di ricorso lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, rappresentato dall’accertamento del requisito della buona fede in capo alla convenuta al fine di invocare l’usucapione abbreviata.

Si sostiene che la Corte distrettuale avrebbe ritenuto infondato l’appello principale del ricorrente, volto appunto a contestare l’accoglimento della riconvenzionale della convenuta da parte del Tribunale, ma che ciò sarebbe privo di adeguata motivazione, mancando una qualsivoglia disamina delle ragioni poste a sostegno del gravame principale.

In realtà, ritiene la Corte che, ancorchè si faccia riferimento nell’esordio della motivazione della sentenza ad una infondatezza dell’appello principale, le doglianze mosse con l’atto di appello siano rimaste nella sostanza assorbite per effetto dell’accoglimento dell’appello incidentale della P.. Risulta, infatti, conseguenziale che, una volta ritenuto che l’attore avesse validamente rinunciato all’eredità paterna, come appunto ritenuto dalla Corte d’Appello, la quota del coniuge superstite si fosse accresciuta, sino a divenire unica proprietaria del cespite poi alienato alla P., essendo quindi superfluo verificare se ricorressero o meno le condizioni per la maturazione in suo favore dell’usucapione abbreviata, risultando invece evidente, nella logica del giudice di appello, che la stessa avesse validamente acquistato l’intera proprietà (cfr. rigo 20 e ss. della pag. 5 della sentenza gravata).

Ne deriva che, stante l’assorbimento dell’appello principale, il motivo in esame deve reputarsi inammissibile, atteso che la giurisprudenza di questa Corte ha reiteratamente affermato che (cfr. Cass. n. 22095/2017) in tema di giudizio di cassazione, è inammissibile per carenza di interesse il motivo di ricorso allorchè proponga censure che non sono dirette contro una statuizione della sentenza di merito bensì a questioni su cui il giudice di appello non si è pronunciato ritenendole assorbite (conf. ex multis Cass. n. 4130/2014; Cass. n. 4472/2016; Cass. n. 134/2017; Cass. n. 574/2016).

4. Al giudice del rinvio è rimessa anche la liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, dichiara inammissibile il secondo motivo, e cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Bari che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2018

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA