Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29664 del 16/11/2018

Cassazione civile sez. II, 16/11/2018, (ud. 21/09/2018, dep. 16/11/2018), n.29664

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIUSTI Alberto – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 10813/’17) proposto da:

P.D., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, in forza

di procura speciale apposta a margine del ricorso, dall’Avv.

Alessandro Mario Travia ed elettivamente domiciliato presso lo

studio dell’Avv. Marcella Zappia, in Roma, piazza Capranica, n. 95;

– ricorrente –

contro

CONSIGLIO NOTARILE DEI DISTRETTI RIUNITI DI (OMISSIS), (C.F.:

(OMISSIS)), in persona del Presidente e legale rappresentante p.t.,

rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale allegata al

controricorso, dall’Avv. Enrico Mario Ambrosetti ed elettivamente

domiciliato presso lo studio dell’Avv. Roberto Puglisi, in Roma, v.

G. Nicotera, n. 29;

– controricorrente –

e

PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI

VENEZIA;

– intimato –

Avverso l’ordinanza della Corte di appello di Venezia n. cronol.

4078/2016 nel procedimento iscritto al n. R.G. 1220/2016, depositata

il 24 ottobre 2016 (e non notificata);

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21 settembre 2018 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del

ricorso;

udito l’Avv. Lorena Puccetti (per delega) nell’interesse del

controricorrente Consiglio notarile.

Fatto

FATTI DI CAUSA

A seguito di verifica degli atti da parte del Conservatore dell’Archivio notarile di Vicenza riferita al biennio 2011-2012 nei confronti del notaio P.D. il Consiglio notarile dei Distretti riuniti di Vicenza e Bassano del Grappa deliberava l’apertura di un procedimento disciplinare a carico del suddetto notaio per violazione della L. n. 89 del 1913, art. 147, lett. a), (c.d. Legge Notarile) in ordine alla condotta del predetto professionista assunta come consistita nel compimento di alterazioni apportate a determinati atti mediante l’apposizione di postille postume aggiunte con caratteri grafici diversi rispetto a quelli utilizzati per la formazione dei medesimi atti, richiedendo l’irrogazione della sanzione disciplinare della sospensione per sei mesi dall’esercizio della professione.

Intrapresa l’azione disciplinare da parte della competente CO.RE.DI., all’esito dell’inerente procedimento, la suddetta Commissione, con decisione del 18 settembre 2015 (depositata il 3 novembre 2015), respinte le eccezioni preliminari dell’incolpato, riteneva sussistente la violazione allo stesso ascritta e, per l’effetto, gli infliggeva la sanzione disciplinare della sospensione dalle funzioni notarili per un mese.

Sul reclamo avanzato dal notaio P. ai sensi della L. n. 89 del 1913, art. 158 e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 26 nella costituzione del menzionato Consiglio notarile, l’adita Corte di appello di Venezia, con ordinanza del 24 ottobre 2016, rigettava l’impugnazione e condannava il reclamante alla rifusione delle spese giudiziali.

A sostegno dell’adottata decisione la Corte veneta respingeva, innanzitutto, tutte le eccezioni pregiudiziali di rito e preliminari attinenti allo svolgimento del procedimento disciplinare e, con riferimento al merito, riteneva sussistente la violazione attribuita al notaio P. sulla base delle constatazioni dei fatti accertati e sulla scorta dei rilievi logici compiuti dalla CO.RE.DI., che erano risultati coerenti con il quadro probatorio delineato nella pronuncia oggetto di reclamo, procedendo all’esame dei singoli atti a cui erano state apposte illegittimamente postille postume, rigettando, altresì, la censura del reclamante circa la dedotta irrilevanza degli atti e della statuizione conclusiva emessa nella forma del decreto penale – nel giudizio penale celebratosi a suo carico e negando, inoltre, che tra le norme di cui agli artt. 53 e 147 Legge Notarile intercorresse un rapporto di specialità.

Avverso la suddetta ordinanza ex art. 702-ter c.p.c. della Corte territoriale ha proposto ricorso per cassazione il notaio P.D., articolato in cinque motivi, al quale ha resistito con controricorso il solo intimato Consiglio notarile dei Distretti riuniti di Vicenza e Bassano del Grappa. Il difensore del ricorrente ha anche depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, con particolare riferimento ai suoi artt. 1,7 e 21, nonchè dell’art. 97 Cost., avuto riguardo all’assunta nullità dell’instaurato procedimento disciplinare per non aver il Consiglio notarile consentito preliminarmente la sua audizione circa i fatti contestatigli, impedendogli di esercitare compiutamente il suo diritto di difesa.

2. Con la seconda censura il ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 153, comma 3 c.d. Legge Notarile e della L. n. 241 del 1990, art. 3 in ordine agli atti contestati e alla mancata indicazione della norma che era stata assunta come violata.

3. Con la terza doglianza il ricorrente ha prospettato la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c.oltre che dell’art. 460 c.p.p., comma 5 e art. 653 c.p.p., unitamente all’omessa valutazione di un punto decisivo della controversia, asserendo che la Corte di appello di Venezia aveva illegittimamente desunto argomenti di prova solo dal fatto che egli aveva utilizzato una macchina da scrivere per apportare le correzioni con le postille ed aveva attribuito rilevanza probatoria agli accertamenti acquisiti nel procedimento penale svoltosi a suo carico ma definito con decreto penale di condanna.

4. Con il quarto mezzo di impugnazione il ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 147 e 53 c.d. Legge Notarile, sul presupposto che – diversamente da quanto ritenuto dalla Corte veneta – la violazione del citato art. 53 si sarebbe dovuta considerare assorbente di quella prevista dal successivo art. 147.

5. Con la formulazione della deduzione di cui al n. 5) del ricorso (che non risulta, tuttavia, riferita ad alcuna specifica violazione) il ricorrente ha inteso far rilevare che, in ogni caso, nella fattispecie, si sarebbe dovuta ritenere sussistente l’ipotesi del falso non punibile, poichè le postille assunte come aggiunte posteriormente alla redazione degli atti di riferimento erano da ritenersi attinenti a correzioni di meri errori materiali.

6. Rileva, in via pregiudiziale, il collegio che deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità dedotta dal controricorrente Consiglio notarile poichè il ricorso risulta sufficientemente specifico sia con riferimento all’esposizione sommaria dei fatti di causa sia con riguardo alla proposizione univoca dei motivi sui quali esso si fonda, con la precisa indicazione (salvo che per il quinto motivo, per quanto si dirà in seguito) delle norme assunte come violate e con il corrispondente sviluppo del percorso argomentativo di supporto.

7. Tanto premesso, osserva il collegio che il primo motivo è infondato e va, perciò, rigettato.

La giurisprudenza di questa Corte ha statuito che nella fase preliminare al promovimento dell’azione disciplinare nei confronti di un notaio a quest’ultimo non deve essere data preventiva comunicazione dell’avvio del procedimento e ciò: sia perchè la L. n. 241 del 1990, art. 7 esclude la propria applicabilità nei casi di particolari esigenze di celerità del procedimento, le quali sono legislativamente presupposte dall’art. 153 Legge Notarile, che impone di promuovere il procedimento senza indugio, se risultano sussistenti gli elementi costitutivi di un fatto disciplinarmente rilevante (cfr. Cass. S.U. n. 13617/2012; in senso conforme v. Cass. n. 24962/2016); sia perchè la materia è, in parte qua, integralmente regolata dalla medesima Legge Notarile, il cui art. 155 dispone che al notaio sia data comunicazione del procedimento solo dopo che l’azione disciplinare è stata promossa mediante la relativa richiesta (v. Cass. n. 10595/2012).

In altri termini, poichè la L. n. 89 del 1913 prevede che il notaio debba essere avvisato del procedimento disciplinare una volta pervenuta alla CO. RE. DI. la richiesta di procedere donde la determinazione dell’inizio del procedimento agli effetti dell’avviso al notaio è da intendersi disciplinata espressamente con riferimento a detto momento, deve escludersi che sussista un onere di avviso ai sensi del citato L. n. 241 del 1990, art. 7 (e successive modifiche) quanto alle fasi precedenti e, segnatamente, con riguardo alle attività accertative funzionali alla formulazione della richiesta da parte dell’organo cui è riconosciuta dalla Legge Notarile, art. 153 l’iniziativa disciplinare, atteso che la stessa L. n. 89 del 1913, art. 160 (come modificato) prevede l’applicabilità della menzionata L. n. 241 del 1990, soltanto per quanto non espressamente previsto dal titolo 6^ della medesima legge notarile, e considerato che nella specie nell’art. 155 si rinviene un’espressa disciplina (cfr. Cass. n. 10595/2012 e Cass. S.U. n. 26777/013).

In particolare, è stato precisato che delle attività precedenti e, specialmente, dell’attività accertativa che l’organo abilitato all’iniziativa disciplinare possa avere svolto in funzione della formulazione della richiesta non è previsto debba darsi avviso al notaio, il che implica che l’inizio del procedimento agli effetti dell’avviso si identifica solo nella formulazione della richiesta di procedere disciplinarmente.

Fermi questi principi, è rimasto, in ogni caso, riscontrato che la Corte di appello veneta ha accertato in fatto che il dr. P. era stato messo nelle condizioni di conoscere il procedimento disciplinare aperto nei suoi confronti e di esercitare compiutamente il suo diritto di difesa, sul presupposto che il notaio deve necessariamente essere avvisato del procedimento disciplinare solo una volta che sia pervenuta alla CO.RE.DI. la richiesta di procedere nei suoi confronti.

8. Anche la seconda censura è priva di fondamento per insussistenza della violazione dedotta in virtù dell’accertata univoca indicazione delle norme violate e della sufficiente descrizione delle violazioni ascritte al ricorrente notaio, precisandosi che lo stesso, già prima del promuovimento dell’azione disciplinare, era stato portato a conoscenza delle indagini e di ciascuno dei 222 atti di cui esse avevano costituito oggetto.

In senso più specifico occorre evidenziare che, con riferimento alla norma violata, essa deve essere indicata nell’atto con cui si promuove il procedimento disciplinare e non invece nel verbale ispettivo, nel quale è sufficiente dare atto dei fatti e delle circostanze rilevate. Inoltre, la Corte territoriale ha verificato che, già dal momento dell’ispezione, erano stati indicati gli atti oggetto dell’attività di indagine mediante uno specifico elenco redatto dall’Archivio notarile in cui venivano precisati gli estremi di ciascuno di essi (222), che poi fu inviato dal Consiglio notarile all’incolpato con richiesta di copia autentica. 7 Pertanto, è rimasto comprovato che già prima del promovimento disciplinare, l’incolpato era a conoscenza dell’oggetto delle indagini e di ciascuno dei 222 atti (di cui 215 atti pubblici e 6 scritture private autenticate) su cui esse vertevano.

9. Immeritevole di accoglimento si profila anche il terzo motivo.

Con esso, invero, il ricorrente sollecita una rivalutazione degli accertamenti di merito compiuti dalla Corte territoriale in ordine alla sussistenza degli illeciti disciplinari ascritti al notaio e tende a confutare il procedimento logico-induttivo – che risulta, invece, adeguatamente fondato su una molteplicità di elementi – seguito dallo stesso giudice di merito per pervenire alla conferma della responsabilità del professionista. A tal proposito lo stesso giudice veneziano ha dato conto di aver valorizzato tutti i riscontri emersi dalle indagini esperite dalla Guardia di finanza e dall’esame concreto degli atti oggetto di indagine, chiarendo come fosse emerso che il notaio – per apportare le postille postume – si era avvalso di tre macchine da scrivere collocate nelle diverse sedi e di un’altra macchina da scrivere per gli atti stipulati fuori sede, precisando che la contestata assenza di contestualità tra la formazione dell’atto e l’apposizione delle postille era rimasta accertata sulla scorta delle convergenti deposizioni dei testi identificantisi con le parti interessate di specifici atti (indicati a pag. 14 dell’impugnata ordinanza), dalle quali era scaturito che le postille non erano state in effetti aggiunte al momento della stipula e, comunque, in loro presenza. Oltretutto, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte veneta non ha basato il suo convincimento sulle sole emergenze del decreto penale di condanna emesso a carico dello stesso notaio per i medesimi fatti (e legittimamente utilizzato come prova atipica, univocamente ammessa nel processo civile) ed ha correttamente escluso la vincolatività del giudicato penale sugli accertamenti da compiere autonomamente in sede disciplinare, come avvenuto nel caso di specie.

10. Anche il quarto motivo è privo di fondamento giuridico.

La difesa del ricorrente sostiene che l’art. 53 Legge Notarile prevede un’apposita sanzione per l’apposizione non corretta delle postille mentre il successivo art. 147, lett. a), dovrebbe essere utilizzato dall’organo di controllo solo se e nella misura in cui la fattispecie concreta realizzi un quid pluris rispetto alla mera fattispecie contemplata dal citato art. 53, ragion per cui, nel caso in esame, la violazione riconducibile a quest’ultima norma avrebbe dovuto considerarsi assorbente dell’altra in applicazione del c.d. principio di specialità.

Rileva, invece, il collegio che non sussiste l’invocato rapporto di specialità tra le due predette norme configurandosi un concorso formale tra gli illeciti rispettivamente previsti, dal momento che il citato art. 53 stabilisce le modalità di redazione delle postille all’interno degli atti, sanzionando eventuali scostamenti dal modello standard delineato dalla norma, mentre il richiamato art. 147, lett. a), tutela, in senso più ampio, il prestigio e il decoro della classe notarile, risultando, quindi, dette norme poste a presidio di interessi giuridici diversi.

11. La quinta e ultima doglianza non può qualificarsi come un motivo in senso proprio per come è dedotto – discorrendosi apoditticamente solo di “falso non punibile” – e, perciò, è da ritenersi inammissibile per palese violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), senza trascurare ad abundantiam che, nel caso di specie, non si è proceduto alla valutazione della sussistenza di una fattispecie penale, venendo invece in rilievo solo condotte lesive della fondamentale caratteristica della funzione notarile, che è quella della certezza documentale collegata alla condotta professionale del notaio.

12. In definitiva, per tutte le spiegate ragioni, il ricorso deve essere integralmente rigettato, con la conseguente condanna del soccombente ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore del (solo) costituito Consiglio notarile dei distretti riuniti di Vicenza e Bassano del Grappa, che li liquidano come in dispositivo.

Occorre, infine, dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente del raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore del controricorrente Consiglio notarile, liquidate in complessivi Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva ed accessori nella misura e sulle voci come per legge.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente del raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 21 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2018

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