Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29663 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 29/12/2011, (ud. 25/10/2011, dep. 29/12/2011), n.29663

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COLA DI

RIENZO 265, presso lo studio dell’avvocato PUNZO ALESSANDRA,

rappresentata e difesa dall’avvocato NUNZIANTE MAURIZIO, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati STUMPO VINCENZO,

FABIANI GIUSEPPE, TADRIS PATRIZIA, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8970/2 007 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 24/01/2008, r.g.n. 8185/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/10/2011 dal Consigliere Dott. GABRIELLA COLETTI DE CESARE;

udito l’Avvocato TRIOLO VINCENZO per delega TADRIS PATRIZIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Il Tribunale di Napoli rigettava la domanda con la quale A. G. – esponendo di aver percepito nell’anno 1999 , in virtù di un decreto ingiuntivo passato in giudicato, l’assegno per lavori socialmente utili in un ammontare complessivo pari all’importo di lire 850.000 previsto dalla L. n. 144 del 1999, art. 45, maggiorato dell’adeguamento al costo della vita spettante ai sensi del D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 8, comma 8, aveva chiesto, nei confronti dell’INPS, l’accertamento del proprio diritto al calcolo dell’assegno per l’anno 2000, sulla base dell’importo già accertato per il 1999, maggiorato dell’adeguamento di cui all’art. 8, comma 8, citato.

Impugnata dalla G. la decisione di primo grado è stata confermata dalla Corte d’appello di Napoli con la sentenza indicata in epigrafe, sul rilievo che l’assegno per LSU non è una prestazione unitaria, ma nasce da un rapporto che si instaura di volta in volta per effetto dell’inserimento del lavoratore nell’esecuzione di uno specifico progetto; sarebbe stato, quindi, necessario, perchè il giudicato potesse spiegare efficacia nel giudizio in corso e condizionare il procedimento di calcolo dell’assegno spettante per l’anno 2000, che la lavoratrice avesse dimostrato – il che non era – l’unicità del progetto di LSU nel quale era stata impiegata per l’anno in questione rispetto a quello relativo all’anno 1999.

Di questa sentenza G.A. chiede la cassazione con ricorso fondato su tre motivi.

L’INPS resiste con controricorso, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

MOTIVAZIONE SEMPLIFICATA.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Nel primo motivo è dedotta violazione degli artt.647 e 324 c.p.c., nonchè dell’art. 2909 c.c.. Richiamando il principio per cui l’effetto preclusivo del giudicato trova applicazione anche nel caso di giudicato formatosi a seguito della mancata opposizione a decreto ingiuntivo, si censura la sentenza impugnata per aver proceduto ex novo alla determinazione dell’importo del l’assegno LSU dovuto per l’anno 2000, invece che prendere atto del giudicato relativo alla misura dell’assegno spettante per l’anno 1999 e computare, quindi, su tale base, l’aggiornamento dovuto D.Lgs. n. 468 del 1997, ex art. 8, comma 8, indipendentemente dalla verifica della unicità o meno del progetto in cui la lavoratrice era stata impiegata.

2. Il motivo non è fondato.

3. Come già affermato da questa Corte (Cass. n. 18041 del 2009), l’efficacia del giudicato esterno non può giungere fino al punto di far ritenere vincolante in altri giudizi, che pure abbiano ad oggetto le medesime questioni di fatto o di diritto, il provvedimento giurisdizionale di merito che accolga (o rigetti) la domanda senza indicare le ragioni della decisione e i principi di diritto che ne costituiscono il fondamento, mancando (tale provvedimento) di un supporto argomentativo tale da fungere da motivazione validamente invocabile anche oltre i confini del caso esaminato.

4. Questa affermazione vale, in particolare, per il caso di giudicato che sia frutto della mancata opposizione a un decreto ingiuntivo (cfr. Cass. n. 23918 del 2010), tenuto conto che il provvedimento in questione – emesso senza nessun contraddittorio, all’esito di un procedimento sommario finalizzato ad accertare non già la fondatezza o infondatezza della pretesa creditoria ma esclusivamente la sussistenza di elementi sufficienti a giustificare l’ingiunzione e soggetto alla opposizione dell’ingiunto – manca, di norma, del suddetto supporto argomentativo. Ne risulta che, quando il giudicato si sia formato per effetto di mancata opposizione a un decreto ingiuntivo recante condanna al pagamento di un credito con carattere di periodicità, il debitore non può più contestare il proprio obbligo relativamente al periodo indicato nel ricorso monitorio, ma non gli è inibito di contestarlo per le periodicità successive (vedi, fra tante, in controversie analoghe: Cass. nn. 19275, 17963,17160, 14732 del 2011).

5. Il principio appena enunciato è pienamente applicabile alla controversia in esame, non risultando, nè essendo stato allegato dall’odierna ricorrente che il decreto ingiuntivo emesso a suo favore con riferimento alì importo dell’assegno per LSU dovuto per l’anno 1999 recasse una motivazione suscettibile di dare giuridico fondamento alla decisione di controversie riferite alle prestazioni dovute per le annualità successive, in quanto risolutiva di questioni di diritto ad esse comuni.

6. Ne consegue, in conclusione, che il giudicato di cui intende avvalersi l’odierna ricorrente non può estendersi all’affermazione dell’esistenza di un suo diritto a percepire – non solo per l’anno 1999 – ma, sistematicamente, anche per gli anni successivi la maggiorazione prevista dal D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 8, comma 8, quale aggiunta stabile all’assegno dovuto ai soggetti impiegati in lavori socialmente utili.

7. Nel secondo motivo, con deduzione di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 468 del 1997, artt. 1, 5, 6, 8, la sentenza d’appello è criticata per aver escluso l’efficacia del giudicato erroneamente non considerando che, in base alle disposizioni normative citate, il rapporto previdenziale resta un rapporto unitario, pur nella diversità dei progetti per lavori socialmente utili, onde la corresponsione dell’assegno costituisce, anch’essa, una prestazione unitaria, ancorchè erogata con cadenza periodica.

8. Questo motivo resta, all’evidenza, assorbito, essendo anch’ esso indirizzato a censurare, con argomenti diversi, l’affermazione della non vincolatività del giudicato relativo all’entità dell’assegno per LSU dovuto per l’anno 1999 nel giudizio relativo alla determinazione della prestazione spettante per l’anno 2000.

9. Nel terzo motivo, con deduzione di omessa motivazione, si contesta alla sentenza impugnata di non aver esaminato il motivo (subordinato) di appello relativo alla interpretazione della L. n. 144 del 1999, art. 45, norma che (si assume) va intesa nel senso che l’ivi disposto aumento dell’assegno LSU non è comprensivo dell’adeguamento annuale previsto dal D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 8.

10. Il motivo è inammissibile sotto più profili.

ILE, infatti, contestandosi alla sentenza impugnata l’omessa pronuncia su una questione di diritto oggetto di uno specifico motivo d’appello, la censura da proporre era quella di violazione dell’art. 112 c.p.c., non già di vizio di motivazione (che riguarda il mancato esame di un fatto controverso nell’ambito di una pronuncia resa) (cfr. Cass. n. 22897 del 2005, n. 12475 del 2004 e numerose altre conformi); come tale il motivo di ricorso andava corredato, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis nel caso di specie vista la data di deposito della sentenza impugnata) da apposito quesito di diritto (secondo la giurisprudenza più recente di questa Corte cui si ritiene di aderire in forza dell’inequivoco tenore letterale della norma processuale citata: vedi Cass. n. 4146 del 2011, n. 1310 del 2010, n. 4329 del 2009; contra Cass. n. 19958 del 2009, n. 16941 del 2008), quesito che, invece, non è stato formulato. Manca, da ultimo, del requisito dell’autosufficienza, noto essendo che ove si denunci un’omessa pronuncia su uno dei motivi di appello, nel corpo del ricorso deve trascriversi il motivo medesimo in modo completo, o, almeno, nelle sue parti salienti (cfr., fra tante, Cass. n. 11477 del 2010.) 12. In conclusione il ricorso va rigettato.

13. La ricorrente è condannata al pagamento, in favore dell’INPS, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, non risultando in possesso delle condizioni per esserne esonerata ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 42, convertito dalla L. n. 326 del 2003, applicabile ratione temporis, in relazione alla data di deposito del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’INPS, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 30,00 per esborsi e in Euro 2.000,00 (duemila) per onorari.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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