Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29662 del 16/11/2018

Cassazione civile sez. II, 16/11/2018, (ud. 19/09/2018, dep. 16/11/2018), n.29662

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22458/2016 proposto da:

PARCO LOMBARDO VALLE TICINO, in persona del Presidente, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE TRASTEVERE 173 SC E, presso lo studio

dell’avvocato MARIA PIA IONATA, rappresentato e difeso dall’avvocato

PASQUALE MANTELLO;

– ricorrente –

contro

AVIOMETAL SERVIZI SPA in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POMPEO MAGNO 10/B,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO CAROLEO, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato PIERO CESARE IAMETTI;

– controricorrente –

e contro

R.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2662/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 27/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/09/2018 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1 – Il Parco Lombardo della Valle del Ticino ricorre contro la sentenza 27.6.2016, con cui la Corte d’Appello di Milano ha rigettato l’impugnazione principale da essa proposta ed ha accolto quella proposta in via incidentale da R.A. (trasgressore) e da Aviometal Servizi spa (obbligata in solido) contro la decisione di primo grado (Tribunale di Busto Arsizio – sez. dist. Gallarate) che, ravvisando la competenza del giudice penale L. n. 689 del 1981, ex art. 24, aveva annullato una ordinanza ingiunzione di pagamento della somma di Euro 16.200,00 per abusiva trasformazione di area boschiva. Per giungere a tale conclusione la Corte milanese ha rilevato, per quanto ancora interessa:

– che era fondata la doglianza dell’ente Parco sulla ritenuta competenza del giudice penale (posta a base dell’annullamento da parte del primo giudice), perchè non sussistevano le condizioni per l’applicabilità della L. n. 689 del 1981, art. 24;

– che, in relazione al quarto motivo di appello incidentale, non era agevole comprendere come fosse stata calcolata l’area di mq. 1614 oggetto della trasformazione abusiva e utilizzata come base di calcolo per la sanzione, nè su quali mappali fosse intervenuta la trasformazione, sicchè sussisteva un’assoluta carenza probatoria da parte dell’amministrazione, non potendosi trarre utili elementi nè dalle fotografie prodotte (non a colori e con risoluzione inadeguata allo scopo) nè dal verbale di accertamento e trasgressione (in cui ci si limitava a dare atto dei rilievi effettuati con strumento a tecnologia GPS a precisione metrica), il che rendeva anche impossibile la difesa dei sanzionati.

La Corte d’Appello ha quindi confermato la sentenza di primo grado, ma con diversa motivazione sull’annullamento dell’ordinanza ingiunzione.

La Aviometal resiste con controricorso, mentre il R. non ha svolto difese.

La parte ricorrente ha depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1 Con un primo motivo l’ente ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione del principio di cui all’art. 112 c.p.c., per avere la Corte milanese, in accoglimento del quarto motivo di appello incidentale, annullato l’ordinanza ingiunzione per difetto di prova, benchè gli appellanti incidentali, con tale censura, si fossero limitati a domandare un annullamento parziale dell’ordinanza con rideterminazione dell’importo sulla sola superficie di mq. 1074 e non di mq. 1674.

Il motivo è infondato.

Secondo il costante indirizzo di questa Corte, il vizio di ultrapetizione ricorre quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalla parti ovvero su questioni estranee all’oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato; al di fuori di tali specifiche previsioni, il giudice, nell’esercizio della sua “potestas decidendi”, resta libero non solo di individuare l’esatta natura dell’azione e di porre a base della pronuncia adottata considerazioni di diritto diverse da quelle all’uopo prospettate, ma anche di rilevare, indipendentemente dall’iniziativa della controparte, la mancanza degli elementi che caratterizzano l’efficacia costitutiva od estintiva di una data pretesa, attenendo ciò all’obbligo inerente all’esatta applicazione della legge (Sez. 2, Ordinanza n. 11304 del 10/05/2018 Rv. 648099; Sez. 1, Sentenza n. 9002 del 11/04/2018 Rv. 648147; Sez. 3, Sentenza n. 18868 del 24/09/2015 Rv. 636968; Sez. 3, Sentenza n. 6945 del 22/03/2007 Rv. 595963).

Ebbene, nel caso di specie con l’appello incidentale si era chiesto, nel merito, l’annullamento dell’impugnato provvedimento perchè inammissibile in fatto e diritto (cfr. conclusioni riportate nella sentenza impugnata a pag. 2) e pertanto – sulla scorta dell’esposto principio l’annullamento in toto dell’ordinanza ingiunzione, seppur pronunciato nel contesto dell’esame del quarto motivo di appello incidentale (attinente alla erroneità del calcolo dell’area oggetto dell’ordine di ripristino) non integra il denunziato vizio di ultrapetizione, essendo del tutto in linea col petitum sostanziale (caducazione del provvedimento sanzionatorio).

2 Con un secondo motivo si lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 2699 e 2700 c.c., per avere la Corte d’Appello illegittimamente sindacato nel merito il processo verbale di accertamento di violazione elevato dal Corpo Forestale dello Stato, sebbene si tratti di atto pubblico munito di fede privilegiata e facente piena prova dei fatti in esso appurati sino a querela di falso, mai proposta ex adverso.

Anche questo motivo è destituito di fondamento.

Come costantemente affermato da questa Corte, infatti, nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione irrogativa di sanzione amministrativa, il verbale di accertamento dell’infrazione fa piena prova, fino a querela di falso, con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale rogante come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento o da lui compiuti, nonchè alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni delle parti, mentre la fede privilegiata non si estende agli apprezzamenti ed alle valutazioni del verbalizzante nè ai fatti di cui i pubblici ufficiali hanno avuto notizia da altre persone, ovvero ai fatti della cui verità si siano convinti in virtù di presunzioni o di personali considerazioni logiche (tra le varie, Sez. L, Sentenza n. 23800 del 07/11/2014 Rv. 633239; Sez. 2, Sentenza n. 25844 del 27/10/2008 Rv. 605370; Sez. 1, Sentenza n. 20441 del 21/09/2006 Rv. 593119; Sez. 1, Sentenza n. 3939 del 18/04/1998 Rv. 514588).

Applicando tale regola al caso in esame, ciò che fa fede fino a querela di falso è l’attestazione di avere utilizzato, per i rilievi inerenti all’individuazione dell’area oggetto di ripristino, un dispositivo GPS del tipo indicato, ma non la correttezza dei dati emersi dalle rilevazioni dello strumento, che dipendono ovviamente dal perfetto funzionamento del dispositivo.

Non merita pertanto censura la sentenza per avere sottoposto a valutazione critica la superficie interessata dalla modifica.

In conclusione, non resta che respingere il ricorso con addebito di ulteriori spese al ricorrente.

Trattandosi di ricorso successivo al 30 gennaio 2013 e deciso sfavorevolmente, ricorrono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1 quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in complessivi Euro 2.500,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2018

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