Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29660 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 29/12/2011, (ud. 25/10/2011, dep. 29/12/2011), n.29660

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.P.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA

STAZIONE DI MONTE MARIO 9, presso lo studio dell’avvocato GULLO

ALESSANDRA, rappresentata e difesa dall’avvocato MAGARAGGIA GIUSEPPE,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati FABIANI

GIUSEPPE, STUMPO VINCENZO, TADRIS PATRIZIA, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1042/2007 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 27/04/2007 R.G.N. 1512/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/10/2011 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;

udito l’Avvocato TRIOLO VINCENZO per delega TADRIS PATRIZIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato i 26/01/1996 D.P.C. chiedeva al Pretore di Brindisi la condanna dell’INPS alla reiscrizione negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli del Comune di Mesagne per gli anni dal 1987 al 1993, da cui era stata illegittimamente cancellata, in forza della pronuncia della Commissione Provinciale, poichè la stessa aveva lavorato alle dipendenze dell’azienda agricola della madre, svolgendo diversi lavori agricoli.

Costituitosi il contraddittorio venivano riuniti altri due giudizi concernenti il mancato percepimento della indennità di maternità obbligatoria per l’anno 1992 a seguito del parto del figlio E. A. del (OMISSIS) e della indennità di disoccupazione agricola per il 1993.

Con sentenza resa il 28.5.2003, l’adito Giudice rigettava le domande di cui ai ricorsi riuniti, riscontrando, tramite l’espletata istruttoria, la carenza di prova a sostegno dell’assunto della ricorrente.

Avverso la detta sentenza la D.P. proponeva appello con ricorso del 28 maggio 2004, deducendo l’erronea applicazione della normativa di riferimento rispetto alla fattispecie e chiedeva l’accoglimento delle domande come proposte in primo grado.

La Corte di Appello di Lecce con sentenza del 16-27 aprile 2007 rigettava il gravame, dichiarando la decadenza della azione di reiscrizione, e quindi rigettando le altre due domande consequenziali.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorre D.P.C. con un unico complesso motivo. Resiste l’INPS con controricorso, depositando anche memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente puntualizzato che, in relazione alla richiesta, da parte della D.P., di reiscrizione negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli, la Corte di merito ha accertato in fatto che la Commissione provinciale si era pronunciata in senso a lei sfavorevole e che la stessa aveva avuto formale conoscenza del relativo provvedimento con comunicazione del 19.7.1995, ove si evidenziava esplicitamente il termine di legge di 30 giorni entro il quale adire l’organo superiore, sicchè la D.P. avrebbe dovuto proporre nei termini ricorso alla Commissione Centrale avverso il provvedimento di cancellazione. La stessa Corte ha, inoltre, accertato che l’appellante, avendo prodotto semplice copia, peraltro priva di sottoscrizione, di ricorso a tale Commissione recante la data dell’8.8.1995, con allegato “un totalmente illeggibile modulo di accettazione raccomandata”, non aveva fornito alcuna dimostrazione circa l’effettiva spedizione dello stesso (nè l’INPS, a ciò invitato dalla Corte pur non essendovi tenuto, aveva prodotto documentazione circa l’effettivo inoltro del ricorso alla Commissione centrale).

La Corte d’appello ne ha correttamente tratto la conclusione che la ricorrente aveva esercitato l’azione giudiziaria, diretta all’accertamento del diritto alla reiscrizione negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli, a decadenza ormai maturata, in quanto, non avendo provato di aver proposto ricorso alla Commissione Centrale nel termine di trenta giorni da detta comunicazione, il provvedimento contenzioso amministrativo di cancellazione dalle liste aveva acquistato carattere di definitività, determinando il dies a qua (nella specie, il 18 agosto 1995) per proporre nei termini (120 giorni, ossia entro il 16 dicembre 1995) il ricorso giudiziario, viceversa proposto in data 26.1.1996, ben oltre la definitività dello stesso.

Tale pronuncia si mostra conforme al dettato legislativo ed al consolidato orientamento giurispudenziale in materia, secondo cui il riferimento fatto dal D.L. n. 7 del 1970, art. 22, ai “provvedimenti definitivi adottati in applicazione del presente decreto” va inteso come comprensivo sia dei provvedimenti degli organi preposti alla gestione degli elenchi, che siano divenuti definitivi perchè non fatti oggetto dei previsti gravami amministrativi, sia dei provvedimenti che abbiano acquisito la suddetta caratteristica di definitività in esito al procedimento amministrativo contenzioso aperto su ricorso dell’interessato (ex plurimis, Cass. n. 15785/2011).

L’esposto iter argomentativo non risulta inficiato dalle proposte censure. Invero, con un unico motivo la D.P., denunciando violazione ed erronea applicazione della L. n. 83 del 1970, art. 22 nonchè dell’art. 443 c.p.c. in relazione alla L. n. 375 del 1973, art. 11, artt. 421 e 437 c.p.c. e art. 2697 c.c. nonchè contemporanea contraddittoria, omessa ed insufficiente motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, sostiene che la Corte di appello avrebbe erroneamente qualificato come “definitiva” la decisione della Commissione Provinciale SCAU, ritenendo non provata la proposizione del ricorso alla Commissione Centrale per l’impossibilità di decifrare la ricevuta postale allegata, omettendo, tuttavia, di integrare le acquisizioni probatorie, disponendo i necessari accertamenti ex artt. 421 e 437 c.p.c..

Va in proposito osservato che è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte il principio, secondo cui l’esercizio dei poteri d’ufficio del giudice ai sensi degli artt. 421 e 437 c.p.c. presuppone che le risultanze di causa offrano significativi dati di indagine ed il giudice reputi insufficienti le prove già acquisite, e che l’esibizione di documenti non può essere chiesta, ai sensi dell’art. 210 c.p.c., a fini meramente esplorativi allorquando neppure la parte istante deduca elementi sulla effettiva esistenza del documento e del suo contenuto per verificarne la rilevanza in giudizi (cfr., Cass. n. 21671/2008).

Pertanto, correttamente, la Corte di Lecce, in virtù di una logica e coerente disamina degli atti di causa, con accertamento in fatto, ha valutato che della documentazione inerente la presentazione del ricorso amministrativo alla Commissione Centrale non vi era in sostanza alcuna significativa traccia.

Per quanto precede, il ricorso va rigettato non riscontrandosi nella contestata motivazione i dedotti vizi e violazioni di legge.

Nulla deve disporsi per le spese del presente giudizio ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore a quello di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, nella specie inapplicabile ratione temporis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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